A Firenze la nuova moda dettata dall'Amministrazione cittadina sulla disciplina urbanistica che regola gli spazi esterni ai locali ha creato un vero e proprio attacco isterico da parte della critica. Per voler regolamentare la materia si è finito con l'omologare la città ad uno standard di dubbio gusto, ma di elevata redditività. A strapparci dal mero dibattito artistico e riportarci ad un senso economico e pratico di gestione del vivere quotidiano è una famiglia vicentina che ci ha scritto per complimentarsi con la "Cara Firenze".
Dopo aver chiesto quattro cappuccini e delle paste al banco di un noto locale del centro storico, vista la disponibilità di posti, la famiglia ha chiesto di poter consumare la propria colazione sui tavolini liberi messi a disposizione sul suolo pubblico. Una volta consumato il fiorentino pasto, 15 euro di scontrino, si sono visti recapitare un extra di altri 38 euro applicato a ciascuna consumazione. A qualcosa devono pur servire i famosi dehors. Se non ad abbellire le piazze almeno a migliorare il rendimento delle singole attività che ne hanno fatto richiesta. Ecco alcuni esempi di quanto può costare un estetico dehor:
Caffé espresso - 1 euro al banco, 4 euro al tavolo Caffé con panna - 2 euro al banco, 6 euro al tavolo Caffé corretto - 3,30 euro al banco, 7 euro al tavolo Latte - 1,10 euro al banco, 5 euro al tavolo Latte macchiato - 1,30 euro al banco, 6 euro al tavolo Cappuccino freddo - 2,50 euro al banco, 7 euro al tavolo Té - 2,60 al banco, 7 euro al tavolo Spremuta di arancia - 3,50 al banco, 8 euro al tavolo Paste dolci - 1,80 al banco, 4,50 euro al tavoloSono extra giustificabili? Hanno un qualche nesso logico? Prendiamo ad esempio il cappuccino freddo.
Si tratta di un listino che si mantiene nella media del centro storico e più che offrire un quadro di rinomata scelta, aiuta a distinguere un uso e consuetudine che non scopriamo certo oggi, ma che accostato alla tanto chiacchierata moda dei dehors, ci lascia riflettere sul binomio, estetico/commerciale, di cui si nutre Firenze.
La città di Matteo Renzi, sindaco illuminato ed autonominatosi Assessore alla Cultura con il pallino dell'estetica e del bello, si presenta occupata, incastonata, soffocata da centinaia di novelle zattere urbane con sedie e tavolini. Per la teoria della relatività che da sempre contraddistingue la dinamica dell'osservatore esterno si è persino detto che il nuovo regolamento avrebbe creato disagio ai soli operatori costretti a riprogettare gli spazi esterni e le forme. Il consumatore finale di spazi esterni e di forme di espressione pare averne sempre meno invece. Alcune di queste nuove strutture sono talmente fuori misura da sembrare uno scherzo.
In piazza della Repubblica le tollerabili postazioni esterne dei locali storici si presentano ora come tensostrutture della più improbabile delle mostre d'arte contemporanea con un arredo urbano che solleva il piano stradale di un metro con stufe ad altezza d'uomo e crea una muraglia davanti alle vetrine storiche. Per non parlare dei dehors sistemati in piazza Duomo a due metri dalla colonna di San Zanobi ed a 4 metri dal Battistero, un cazzotto scenico che ha fatto gridare allo scandalo. Chi li ha disegnati? Chi li ha voluti? Fondamentalmente la domanda cui qualcuno dovrebbe rispondere alla città ed alle future generazioni è semplicemente "Perché?" Una querelle artistica che ha messo in ombra il vero significato commerciale e pratico delle tanto chiacchierate installazioni.
Servono in fin dei conti a pretendere un guadagno extra, come logica del mercato vuole ed impone. Sedere e rimirare le bellezze artistiche, non è altro che quel valore aggiunto che rappresenta Firenze nel mondo e che permette alla città del giglio di vivere ancora una volta di rendita. Antonio Lenoci