“Che il patto di stabilità sia da rivedere lo ripetiamo da tempo, ma rateizzare le tasse non è possibile. Lo si può fare al massimo sul contenzioso: altro la legge al momento non permette. Si può però lavorare (e già lo abbiamo fatto) sul fronte del credito agevolato”. L’assessore al bilancio della Toscana, Riccardo Nencini, parla del patto di stabilità imposto agli enti locali e dei suoi tanti paradossi e corto circuiti, dopo il caso sollevato sulla stampa oggi di Palazzo Vecchio a Firenze, in difficoltà nel pagare 39 milioni a più di mille aziende creditrici. “La situazione ci sta a cuore – dice Nencini – Un piano che ritarda opere ed investimenti e che mette a rischio i pagamenti alle aziende che quei lavori hanno fatto, anche quando i Comuni in cassa i soldi ce li avrebbero, è sicuramente da rivedere”.
“Ci sta tanto a cuore che da tre anni la Regione Toscana ha provato a metterci un pezza – prosegue sempre l’assessore -, cedendo agli enti locali una parte del proprio tetto di spesa. Il patto di stabilità ‘regionalizzato è stata un’autentica boccata di ossigeno per tanti Comuni. Ma abbiamo anche trovato un accordo con il sistema bancario per permettere alle aziende di cedere i loro crediti a tassi di interesse assolutamente concorrenziali. Solo comunque per i crediti che riguardano spese di investimento”. Le aziende in questo modo, pur pagando qualcosa di interessi, riscuotono fino ad un anno prima.
Gli enti locali invece pagano alla banca quanto dovuto per l’opera, nei tempi consentiti dal patto di stabilità. Senza dunque violarlo. Come funziona Il protocollo è stato firmato lo scorso ottobre con dodici istituti di credito: praticamente con tutti i maggiori gruppi bancari italiani. Le imprese già prima potevano cedere ad istituti bancari i crediti che vantavano verso la pubblica amministrazione, ma rischiavano di spuntare tassi di interesse abbastanza alti. Qualche Comune si era mosso singolarmente per raggiungere un accordo con qualche banca: facile per i grandi Comuni, di meno per i più piccoli La Regione aveva così deciso di firmare un’intesa con l’intero sistema bancario e codificare le reciproche relazioni.
Il vantaggio è duplice: procedure più snelle ma anche tassi di interesse più bassi. L’anticipo costa infatti alle imprese, per tre mesi, tra lo 0,65 e l’1 per cento di interessi, ovvero per un anno, a seconda degli istituti, uno spread tra l’1,5 e il 3 per cento che si somma al tasso Euribor in quel momento in vigore. Ad oggi, se l’ente si impegnasse a pagare non prima di un anno, gli interessi a carico dell’azienda sarebbero tra il 3 e il 4,5 per cento.