Redditi non dichiarati al Fisco italiano per oltre 686 milioni di euro e conseguente omesso versamento di imposte per 233 milioni di euro. E' questo, in sintesi, l'esito finale di una articolata indagine di polizia tributaria e giudiziaria realizzata dalle fiamme gialle fiorentine nei confronti di una società, domiciliata nel capoluogo toscano ed operante nel settore della commercializzazione di borse, valigie ed abbigliamento. L'analisi di migliaia di files digitali, relativi all'imponente archivio digitale aziendale (pari a oltre 3 terabyte), unitamente all'esame della varia documentazione extracontabile rinvenuta durante le indagini, ha permesso ai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Firenze di accertare l'esistenza di una struttura riservata - costituita da ben 11 società localizzate in Hong Kong e nelle Isole Vergini Britanniche -, utilizzata per trasferire in territori a cd fiscalità privilegiata, i profitti conseguiti dall'attività commerciale. Attraverso queste società gli amministratori (e proprietari) della società verificata, in sostanza, hanno creato uno "schermo" che avrebbe dovuto impedire la riconducibilità delle società estere (apparentemente intestate a soggetti terzi) ai residenti italiani.
La completa ricostruzione dell'effettivo quadro societario ha permesso, in realtà, di accertare una situazione ben diversa da quella rappresentata in quanto le varie società estere sono risultate tutte di proprietà degli amministratori oggetto approfonditi accertamenti. Lo storno degli utili, realizzato tra il 2002 e il 2008, è stato possibile grazie alla creazione, nel paradiso fiscale dell'estremo oriente, di un profit center, (costituito da 5 società) a favore del quale sono stati stornati i profitti derivanti dai rapporti commerciali intercorsi con la società italiana.
Il menzionato profit center, attraverso il pagamento di provvigioni, royalties e compensi per consulenze, di fatto ha poi distribuito i suoi utili ad ulteriori 6 società (cc.dd. casseforti personali), domiciliate nelle Isole Vergini Britanniche e riconducibili sempre agli imprenditori italiani oggetto di indagini. I redditi così sottratti ad imposizione sono stati depositati, infine, su conti correnti bancari accesi presso istituti di credito di Hong Kong e delle Isole Vergini Britanniche nonchè investiti in proprietà immobiliari o in attività alberghiere/ristorazione esercitate da società USA (Miami Beach - Florida).
La tecnica utilizzata per il trasferimento degli utili è stata quella del c.d. transfer pricing, ossia quel meccanismo attraverso cui i prezzi di vendita a società di uno stesso gruppo non corrispondono all'esatto valore delle merci trasferite ma sono determinati in modo tale da spostare artificiosamente utili da un paese ad un'altro paese a minore livello impositivo (cc.dd. paradisi fiscali). La normativa italiana, in questi casi, prevede l'indeducibilità delle spese concernenti le operazioni intercorse tra le società italiane e i soggetti residenti in paesi a fiscalità privilegiata.
Gli elementi probatori acquisiti durante le indagini hanno permesso, altresì, di applicare la normativa antielusiva denominata Controlled Foreign Companies (articolo 167 del TUIR). Questa normativa (cd antiabuso) prevede la tassazione per trasparenza, per cui vengono resi imponibili in Italia i redditi prodotti dalle società controllate domiciliate nel paradiso fiscale, salvo che non sia stato avanzata apposita richiesta (cd interpello) dalla società italiana all'Agenzia delle Entrate. Con tale richiesta si deve dare prova che la dislocazione di una società controllata, in un paese a fiscalità privilegiata, non nasconda l'obiettivo elusivo di sfuggire alla più gravosa tassazione in Italia. Si è accertato, però, che tra le informazioni contenute nell'interpello, presentato a suo tempo dalla società oggetto di indagini, è stata artatamente omessa la comunicazione del rapporto di controllo con le società estere fornitrici dei prodotti.
La rilevantissima evasione fiscale è stata imputata:
in parte alla stessa società italiana, per un'imposta evasa pari a circa 114 milioni di euro (per aver indicato in dichiarazione sia elementi attivi inferiori a quelli effettivi sia elementi passivi fittizi); in parte ai soci, per un'imposta evasa pari a 119 milioni di euro (per i dividenti di attività finanziarie estere nonché per l'omessa indicazione di attività finanziarie estere).I soggetti italiani sono stati anche ritenuti responsabili di detenzione all'estero di attività di natura finanziaria, senza averle dichiarate al fisco italiano (ai sensi delle vigenti disposizioni di legge sul c.d.
monitoraggio fiscale) pari a oltre 51 milioni di euro. Gli elementi raccolti sono stati oggetto di comunicazione di notizia di reato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Firenze, configurandosi il reato di dichiarazione infedele previsto dall'articolo 4 del D.Lgs. 74/2000. In ordine ad altre violazioni fiscali concernenti le rimanenze di magazzino, la cessione di ramo d'azienda e l'omesso pagamento dell'imposta di bollo su assegni post-datati rinvenuti in sede di accesso, le società in questione hanno già aderito integralmente al verbale redatto dai finanzieri versando circa 1,3 milioni di euro (tra maggiori imposte, sanzioni ed interessi). Durante gli accertamenti sono emersi anche ulteriori aspetti concernenti evasioni fiscali realizzate da altre 3 persone fisiche (collaboratori/dipendenti) che complessivamente hanno percepito (dalla società verificata) compensi in nero pari complessivamente a 3,3 milioni di euro, omettendo di presentare le prescritte dichiarazioni, di versare le relative imposte e di dichiarare disponibilità finanziarie estere (ai sensi della normativa vigente sul monitoraggio fiscale). In particolare una cittadina francese, residente in Italia per vari anni, è stata denunciata alla locale Procura della Repubblica (ex art.5 D.lgs.74/2000) per aver omesso di dichiarare redditi per oltre 2,4 milioni di euro.
La stessa, peraltro, ha acquistato in Italia 3 autovetture di lusso (Porsche), sequestrate cautelativamente dall'Agenzia delle Entrate a garanzia del suo debito tributario verso il fisco italiano.