E' un'economia ancora in grande affanno, quella fotografata dal rapporto IRES-CGIL Toscana alla fine del 2011. La cassa integrazione, come stimato 3 mesi fa, chiude l'anno quasi a quota 47 milioni di ore in posizione intermedia tra il picco di 54 milioni del 2010 e i 34 milioni del 2009. Ricordiamo che i livelli pre - crisi attestavano la cassa nella nostra regione sui 9 milioni di ore. In controtendenza rispetto alla riduzione: l'edilizia, il lapideo, i trasporti e il commercio. Per la prima volta la cassa in deroga per le piccole imprese ( 42%) diventa la prima causale di cassa seguita dalla straordinaria e dall'ordinaria. Decresce il numero dei lavoratori che sono reintegrati al lavoro dopo la cassa e la stima media dei disoccupati equivalenti, cioè di coloro che risulterebbero senza lavoro in mancanza dell'ammortizzatore sale da 28 a 30.000. In particolare 11.000 sono i lavoratori in Cigs, quella che il Ministro Fornero vorrebbe abolire, e 12.600 i lavoratori in cassa in deroga, prorogata a tutto il 2012, ma anch'essa in discussione secondo le linee guida presentate dal Governo.
Un totale di 23.600 lavoratori quindi che vedono il loro destino messo in discussione da propositi di riforma confusi, demagogici e velleitari. Le persone messe in mobilità nell'ultimo trimestre preso a riferimento sono state 5.763 o per licenziamento o per scadenza della cassa, a dimostrazione di quanto sia propagandistica la tesi secondo la quale le imprese in crisi non si possono “ alleggerire” dei dipendenti in esubero. Lo stock di lavoratori in mobilità continua a mantenersi in crescita raggiungendo 48.321 (+1% sul 2010 e +12% sul 2009) con punte del 13% a Grosseto e del 7% a Lucca.
Calano vistosamente a Prato ( -8%) e in misura minore Pisa ( -1%). I senza lavoro continuano ad essere intorno ai 113.000 con un dato dell'incidenza della disoccupazione under 29 anni intorno al 18%. E' proprio la fascia tra 15 e 24 anni ( - 9,7%) e 25-34 ( -11,8%) quella più penalizzata dal calo dei nuovi avviamenti nell'ultimo trimestre. Il calo tuttavia è molto forte anche su base media registrando un -9,6% sull'analogo periodo del 2010. In totale i posti di lavoro creati ammontano a 174.515 contro i 193.092 del 2010 con un ulteriore calo di quelli a tempo indeterminato (- 6,6%) e la crescita delle forme più precarie come il lavoro intermittente che cresce a 14.785 “chiamate” ( +8%). Il totale dei contratti a tempo indeterminato nel complesso sono solo 12,57% del totale. La tesi della CGIL secondo cui la prima riforma del mercato del lavoro è quella tesa a “disboscare” il reticolo di modalità atte a creare lavoro precario, trova anche in Toscana una plastica, incontrovertibile conferma sulla base di dati incontestabili. Si conferma il trend di rallentamento della produzione industriale, di crescita delle sofferenze, la stagnazione degli impieghi; la difficoltà finanziaria è la prima causa delle nuove vertenze occupazionali aperte nella nostra regione. Si conferma un calo dei consumi interni con un saldo import-export in miglioramento, dettato in prevalenza dal calo delle importazioni. La fragilità del sistema di imprese e la tendenza agli investimenti di carattere speculativo e nella rendita sono certificate dal livello di investimento per addetto che, fatto 100 l'indice su base nazionale colloca la Toscana a 87,1 al di sotto non solo delle regioni più sviluppate, ma anche di Basilicata, Molise e Sicilia. Sta qui una delle sfide per il nostro territorio; una sfida che parla alle istituzioni, al sistema bancario, ma anche alle imprese e alle loro rappresentanze. Investire in ricerca, in innovazione, in nuovi prodotti, nello sviluppo di nuovi brevetti e nell'attrazione di investimenti è l'unica strada per rimontare un declino che pare molto forte. Infine, un'elaborazione condotta dai ricercatori IRES Toscana su un campione di 500.000 certificazioni ISEE tra il 2007 e il 2011 testimonia di un dato non nuovo, ma impressionante: il lavoro dipendente e da pensione certifica un reddito superiore a quello di imprenditori, lavoratori autonomi e professionisti che però denunciano a loro volta beni patrimoniali notevolmente superiori a dipendenti e pensionati.
E' un'altra macroscopica conferma delle distorsioni del nostro sistema fiscale e della necessità di intervenire con riforme profonde e azioni di contrasto all'evasione e all'elusione per reperire risorse da destinare allo sviluppo.