Nel 2012, anno in cui ricorre il quinto centenario della morte di Amerigo Vespucci, Firenze celebra con questa mostra i forti legami fra vecchio e nuovo continente, illustrando la cerchia cosmopolita che legò per sempre la città al nuovo mondo e trasmise in America cultura e raffinatezze europee. La mostraa Palazzo Strozzi dal 3 marzo al 15 luglio 2012 vuole studiare il rapporto dei pittori impressionisti americani con l’Italia e in particolare con Firenze a partire dagli ultimi decenni del XIX secolo sino ai primi del XX.
Il flusso di artisti americani verso l’Europa ebbe un notevole incremento dopo la fine della guerra di Secessione nel 1865, e fu costante fino all’inizio del Novecento. Centinaia di pittori approdarono a Parigi e in Francia, altri studiavano in Germania; anche l’Inghilterra, l’Olanda, la Spagna erano mete ambite. L’Italia rappresentava un polo di attrazione irrinunciabile per la gran parte di essi. Firenze, Venezia, Roma per tradizione secolare erano al centro del Grand tour ed erano luoghi mitizzati da coloro che volevano conoscere e studiare l’arte del passato, oltre a esercitare un forte fascino per il clima, il paesaggio l’atmosfera, la gente.
Per la prima volta, dopo le recenti mostre tenute in Francia e Inghilterra, in cui si è esplorato il rapporto degli artisti americani con quei paesi, saranno esposte le opere dei pittori americani che accolsero il linguaggio impressionista e che soggiornarono in Italia. Nella mostra saranno rappresentati pittori che, pur non aderendo in maniera esplicita al nuovo linguaggio, furono maestri fondamentali per le generazioni più giovani: Winslow Homer, William Morris Hunt, John La Farge, Tomas Eakins.
Seguiranno i grandi precursori come John Singer Sargent, Mary Cassatt, James Abbott McNeill Whistler, che vantavano una forte componente cosmopolita. Il centro dell’esposizione sarà costituito dalle opere di artisti qualitativamente notevoli e degni di essere conosciuti che soggiornarono a Firenze. Fra questi alcuni esponenti del gruppo propriamente impressionista americano i Ten American Painters: William Merrit Chase, John Henry Twachman, Frederick Childe Hassam. Anche Franck Duveneck, ebbe un ruolo importante per le relazioni fra artisti americani e locali, riunendo intorno a sé una scuola, i così detti “Duveneck boys“, fra cui la moglie Elisabeth Boott e il pittore Joseph Rodefer De Camp.
La vita e l’attività degli americani a Firenze si intreccia con quella di intellettuali, collezionisti, scrittori, critici d’arte loro connazionali, con i quali talvolta avevano già avuto rapporti in patria: Gertrude Stein, Mabel Dodge, Bernard Berenson, i fratelli Henry e William James, Egisto Fabbri e la sua famiglia (le sorelle Ernestine pittrice e Cora poetessa) Mabel Hooper La Farge, Bancel La Farge, Charles Loeser, Edith Wharton. Queste colonie americane in Italia, pur vivendo piuttosto isolate dalla popolazione locale, recepirono la lezione della più moderna pittura italiana contemporanea – a Firenze da evidenziare l’importanza dei macchiaioli – ed ebbero un certo impatto su artisti e intellettuali italiani, anche perché introdussero stili di vita raffinati e cosmopoliti e, relativamente alle donne, atteggiamenti più liberi e spregiudicati. Nella mostra saranno presenti ritratti femminili di grande qualità, in cui la donna diventa simbolo della moderna nazione americana: giovani, adolescenti o addirittura bambine, spesso vestite di bianco, incarnano la purezza e le speranze di un’intera nazione.
Il tema del ritratto femminile si ricollega all’attività delle pittrici d’oltreoceano, molto più emancipate delle coetanee francesi ed europee in genere. Le più intraprendenti giunsero in Europa e contribuirono agli scambi fra il loro paese e il vecchio continente. Un esempio fra tutte Mary Cassatt. In Europa la pittura per le donne era considerata un passatempo. Negli Stati Uniti furono ammesse già dal 1860 a frequentare le accademie al pari dei colleghi maschi, mentre a Parigi furono costrette ancora per molto tempo a iscriversi a scuole private.