Scarpe, stracci, bottiglie, barattoli ricoperti di terra. Quelli che sembrerebbero normali rifiuti diventano uno straordinario testimone dell’alluvione che nel 1966 ha travolto Firenze e il bacino dell’Arno e di cui domani, 4 novembre, si celebra il 45° anniversario. Grazie a una teca, realizzata da Publiacqua in collaborazione con lo studio fiorentino di architettura RRS-STUDIO, e presentata stamattina dal presidente di Publiacqua Erasmo D’Angelis e dal presidente del Consiglio Comunale di Firenze Eugenio Giani, è stata recuperata la memoria di quegli oggetti sommersi dal fango e rimasti interrati sulle rive dell’Arno.
L’idea della teca è nata durante i lavori del Progetto “Emissario Riva Sinistra d’Arno” (ERSA) con cui Publiacqua sta realizzando una conduttura fognaria che renderà Firenze la prima Area Metropolitana depurata al 100% (www.arnopulito.it). Nel corso degli scavi per posare la tubatura sono cominciate ad affiorare dal sottosuolo piccole “discariche” disperse lungo gli argini del fiume. Analizzando gli oggetti interrati si è capito che non si trattava di semplici rifiuti urbani, ma di residui accumulatisi nei giorni dell’alluvione e rimasti intatti per 45 anni.
Gli oggetti sono stati così selezionati e inseriti all’interno di una teca per testimoniare quanto avvenuto in quei giorni e far riaffiorare la memoria dell’alluvione e l’impegno dei fiorentini, degli angeli del fango e del mondo intero per far rinascere la città. Nell’osservare quei rifiuti, esposti da oggi e fino al prossimo 11 novembre presso il Cortile della Dogana a Palazzo Vecchio, la prima cosa che salta agli occhi è la tipologia dei materiali. Anziché le bottiglie di plastica e i barattoli in alluminio così comuni nei rifiuti di oggi vi si trovano barattoli in vetro e bottiglie ancora pensate per il vuoto a rendere.
Le scarpe di cuoio hanno uno stile semplice ma sono fatte resistere all’uso e al tempo. “Quella di Firenze è stata la prima alluvione globalizzata che commosse e mobilitò il mondo e lo stupì con l’arrivo degli angeli del fango – spiega Erasmo D’Angelis, presidente di Publiacqua che è riuscito a rintracciare gli angeli del fango ed ha promosso il raduno internazionale nel Salone dei Cinquecento il 4 novembre del 2006 – i primi ricordi di tutti sono quelli della marea d’acqua e fango che sommerse la città trascinando con sé tutto ciò che c’era tra abitazioni, botteghe, officine, librerie, negozi.
La storia di quei giorni è fatta anche di migliaia di piccoli episodi, di salvataggi e di solidarietà e con questa teca vogliamo innanzitutto ricordare e riscoprire una memoria dell’alluvione fatta di piccole cose”. La teca rappresenta anche un messaggio positivo per il futuro. L’emissario in fase di realizzazione, infatti, è una delle opere idrauliche più importanti del nostro Paese perché consentirà di raccogliere tutte le acque reflue della riva sinistra dell’Arno scaricate da 140.000 persone ripulendo finalmente il fiume. A questo si aggiungono opere accessorie in grado di aumentare la sicurezza dalle alluvioni e l’efficienza del sistema fognario cittadino anche in caso di piene eccezionali.
“Il messaggio contenuto nella teca e che vogliamo rilanciare – aggiunge D’Angelis - è un allarme per la sicurezza dalle alluvioni. 45anni dopo, Firenze e il suo hinterland non sono ancora al sicuro. E’ scandaloso ciò che ha denunciato Gaia Checcucci, segretario generale dell’Autorità del bacino dell’Arno, impegnata in un ottimo lavoro di pianificazione e vigilanza. Non si riescono a spendere da anni per le casse di espansione ben 105 milioni di euro. Eppure sono le opere in grado di salvare Firenze da una piena tipo 1966.
Cantieri e lavori sono bloccati perché mancano progetti, spesso le firme di 19 Enti, intese con Autostrade e Anas. Ma stiamo parlando di aree esondabili indispensabili per fermare la furia dell’Arno a monte della città. Non è accettabile che accada questo proprio mentre i cambiamenti climatici hanno aumentato le frequenze devastanti di eventi estremi come i flash flood, le alluvioni lampo, le bombe d’acqua concentrate nel tempo e negli spazi. Le ultime tragedie delle Cinque Terre e della Lunigiana sono un monito.
Bisogna – conclude D’Angelis – saper guardare al futuro con lo stesso spirito che ci ha spinto a realizzare il progetto per restituire a Firenze un Arno pulito e balneabile”.