Firenze, 10 ottobre 2011– La diagnosi, spaventosa e inaspettata. La solitudine della degenza. La malattia nella sua disarmante semplicità quotidiana. Il tutto raccontato senza tristezza né gusto per la lacrima facile, con l’arma dell’ironia e lo sguardo disincantato di chi ha superato un’esperienza terribile. Questo è Si stava meglio quando si stava meglio (Mauro Pagliai Editore, pp. 152, euro 10), il libro del fiorentino Giulio Bogani tratto dal blog dove ha raccontato giorno per giorno uno dei periodi più difficili della sua vita. È novembre del 2007 quando Guido, alter ego dell’autore, viene ricoverato nel reparto di ematologia in condizioni critiche.
L’esito degli esami non lascia scampo: si tratta di leucemia. Per Guido, che dovrà sottoporsi a pesanti terapie in attesa di un trapianto di midollo osseo, inizia il periodo di isolamento ospedaliero. A causa delle deboli difese immunitarie, è recluso tra le quattro pareti di un ambiente asettico, i contatti con l’esterno ridotti al minimo. “Chi veniva a trovarmi”, racconta, “aveva l’obbligo di indossare il camice, la cuffia, una mascherina e le soprascarpe. Inoltre nessun contatto fisico era ammesso”.
Ci sono soltanto due visite al giorno, e i pochi oggetti che entrano nel reparto vengono disinfettati. Guido, che non può nemmeno leggere il giornale, ha almeno due compagni inseparabili: la malattia, con cui combatte giorno per giorno senza mai scoraggiarsi, e il PC, collegato al mondo esterno con una delle prime chiavette Internet. Decide così di aprire un blog per registrare i suoi pensieri nelle lunghe ore di inattività. Lo usa per parlare di sé, della sua vita in ospedale, della sua malattia, senza mai cedere a toni drammatici, anzi scherzandoci su.
Anche nei momenti più difficili, il diario online diventa un mezzo per passare il tempo e registrare le proprie sensazioni. Col sorriso sulle labbra, lontano da ogni “pornografia del dolore”. Fino al giugno 2008, con il lieto fine, la guarigione, il ritorno a casa. Ora che quel blog è diventato un libro Guido, cioè Giulio, ha quasi trent’anni, può guardarsi indietro con distacco, e riflettere su come la sua esperienza lo abbia cambiato. Su come abbia modificato la sua percezione del tempo, il suo attaccamento alle cose.
“Adesso è diversa anche la mia idea del futuro, sono cambiate le mie aspirazioni. Ma il modo in cui vivere giorno dopo giorno è lo stesso: col sorriso sulle labbra”. Gherardo Del Lungo