“La Regione Toscana, dopo aver svolto una serie di incontri con le associazioni dei malati di sclerosi multipla e con le Università di Firenze, Pisa e Siena ha deciso di partecipare all’attività di ricerca avviata a livello nazionale e ha deciso di affiancare anche una propria sperimentazione nei tre ospedali universitari”. Lo ha detto l’assessore alla Sanità, Daniela Scaramuccia, rispondendo a un’interrogazione del consigliere Nicola Danti (Pd), che chiedeva notizie circa “la partecipazione della Regione Toscana all’attività di ricerca finalizzata alla validazione delle pratiche chirurgiche per la cura dell’insufficienza venosa cronica cerebro-spinale quali interventi nella cura della sclerosi multipla”. L’intervento chirurgico, che consiste in un intervento di angioplastica alle arterie giugulare e spinale, è stato messo a punto dal professor Paolo Zamboni del centro malattie vascolari dell’Università di Ferrara e dal dottor Fabrizio Salvi, neurologo dell’ospedale Bellaria di Bologna.
“L’intervento chirurgico – ha ricordato l’assessore – non sostiusce al momento la terapia farmacologica che agisce a livello neurologico e i numeri dei pazienti operati è per ora non sufficiente a dirci se questa sia la soluzione per dare risposta a questa grave patologia, anche se sembrano esserci benifici in circa il 50% dei casi”. La Regione Toscana, sul cui territorio si registrano 3.000 casi di sclerosi multipla, ha perciò deciso di aderire alla ricerca avviata a livello nazionale e, contemporaneamente, ha deciso di avviare una sperimentazione a Careggi, dove saranno seguiti 300 casi, a Pisa (100 casi) e a Siena (60 casi). “E’ bene che la Regione si sia inserita nel lavoro che viene svolto a livello nazionale ed è positivo che abbia deciso di avviare una propria sperimentazione”, ha replicato Danti, che ha sottolineato la necessità di “fare rete” con altre realtà territoriali impegnate nella battaglia contro questa malattia devastante, come ad esempio l’Emilia Romagna e le Marche.
“Le cure farmacologiche – ha detto – hanno impatti pesantissimi sui pazienti e richiedono di sostenere costi altissimi. E’ doveroso verificare cure alternative, con protocolli di rigore scientifico indiscutibile, perché è giusto, senza dare false speranze, cercare di dare risposte concrete ai malati e alle loro famiglie”. (lm)