di Nicola Novelli Da stasera Toni Servillo sarà sul palcoscenico della Pergola con lo spettacolo di più grande successo delle ultime due stagioni teatrali, da lui diretto e interpretato con la compagnia di Teatri Uniti: La trilogia della villeggiatura di Carlo Goldoni. Ma ieri sera, ai fortunati spettatori del lunedì fuori cartellone ha regalato un'ora di Letture napoletane, con quell'atteggiamento misurato e al contempo profondo che ne fa uno dei maggiori interpreti della tradizione attoriale napoletana. Toni Servillo ha saputo ormai andare oltre il ruolo prescritto: è il fondatore della propria compagnia e ne è direttore artistico e regista.
Contemporaneamente è riuscito portare a casa premi in ambito teatrale e cinematografico e far conoscere le proprie capacità in giro per l'Europa. Eppure, nonostante tutti questi impegni, riesce a trovare l'energia di riproporre una lettura, preparata lo scorso anno per un convegno culturale a Milano, e che ora accompagna la sua tournée con Goldoni. La selezione dei brani, la flessibilità intepretativa che gli consente di alternare lo stile di grandi riferimenti come Eduardo De Filippo, Carmelo Bene, Leo De Berardinis, ne fanno un maestro della emissione vocale e del ritmo scenico. Dicevamo della tradizione partenopea: Napoli è una grande fucina di interpreti, pur non essendo nel novero delle grandi piazze teatrali, grazie ad una consuetudine plurigenerazionale di professionalità attoriali.
Servillo ne è la migliore espressione, con la sobrietà, la misura eppure il coinvolgimento mai autocompiaciuto. Ieri sera ha proposto una propria selezione di Letture napoletane. E' partito da Lassammo fa’ Dio…, poema in rima, in cui Salvatore Di Giacomo immagina la discesa a Napoli di Dio in persona, che accertata la gravità della miseria popolare porta con se in cielo una manciata di miserabili. Poi Vincenzo De Pretore di Eduardo De Filippo, in cui il poliedrico artista tratteggia la morte di uno scippatore devoto a San Giuseppe che in perfetto stile meridionale chiede conto della sua imprevista sorte al Santo protettore.
A seguire Fravecature di Raffaele Viviani, che narra ancora una morte popolana, quella di un muratore caduto dall'alto di un cantiere edile e della reazione della povera famiglia. Sino a Litoranea di Enzo Moscato, in cui l'autore prematuramente scomparso addensa in una pioggia di parole il senso confuso della densità di emozioni, immagini, miserie, odori e orrori che Napoli e la sua gente esprimono da migliaia di anni. A chiudere il classico 'A Livella di Totò, mentre il saluto al pubblico Servillo lo ha dato “canticchiando” 'A Casciaforte, la canzonetta anni '20 di Alfonso Mangione su musica di Nicola Valente.