“Sono assolutamente positivi i risultati del progetto che ha previsto il finanziamento a 55 associazioni per la produzione e la messa in onda di spot televisivi e radiofonici sulle emittenti locali. Le radio coinvolte sono state 33, 37 le televisioni; un’operazione che ha avuto anche un importante risvolto culturale e che si è posta come primo obiettivo quello di ‘fare rete’ e di comprendere come valorizzare la comunicazione sociale”. Con queste parole il consigliere del Corecom (Comitato regionale per le comunicazioni) Michele Magnani curatore del progetto, ha aperto il convegno su “Programmi della partecipazione: come si progetta la comunicazione sociale”.
L’appuntamento ha rappresentato l’occasione per fare il punto sulla sperimentazione - che va avanti da due anni - e illustrare le possibili prospettive di una maggiore strutturazione del progetto, di un ampliamento dei partecipanti e dello stanziamento di maggiori fondi. “Il progetto – ha aggiunto Magnani - è nato dal bisogno di dare spazio alla società civile della nostra regione per moltiplicare le possibilità di autopromozione delle associazioni e del volontariato toscano”. Plauso all’iniziativa da parte dell’assessore regionale alle politiche sociali, Gianni Salvadori, che nel suo intervento di saluto, ha sottolineato l’importanza di questo tipo di iniziative.
“Nella nostra società – ha detto – c’è bisogno di comunicare quello che viene fatto di positivo. Dare un messaggio di quanto la Toscana sia vitale anche attraverso l’associazionismo ed il volontariato. Spesso viene infatti proposta dai media un’immagine completamente distorta della realtà, soprattutto per quanto riguarda il mondo dei giovani. Auspico quindi che la Giunta regionale possa essere foriera di un contributo di idee e di confronto”. La giornata, divisa in due diverse sessioni, è proseguita con l’intervento di Luca Mori docente all’Università di Pisa, che ha parlato sul rapporto tra comunicazione pubblica, sociale e politica, ricostruendo storicamente le evoluzioni in tali modelli di comunicazione.
Ha poi proseguito parlando della comunicazione sociale in Toscana. “Se la comunicazione pubblica – ha concluso - riesce ad integrarsi alla comunicazione sociale adempie i suoi ruoli e legittima la comunicazione politica, il cui obiettivo è sì il consenso, ma un consenso che deve trovare riscontro nella trasparenza delle opere compiute dalle istituzioni e dagli organi di governo”. Carlo Sorrentino, docente presso l’Università di Firenze, si è invece soffermato sulla necessità di una svolta nella comunicazione sociale, che deve essere impressa sia da chi la fa, sia da chi la riceve: “Vi è un confinamento dell’idea di comunicazione sociale nell’area etico-morale, e questa è l’idea maggiormente radicata nell’opinione pubblica.
E lo è giustamente, poiché le associazioni che svolgono comunicazione sociale compiono l’errore di impostarla in senso trasmissivo. Una comunicazione di tipo trasmissivo è figlia della concezione pedagogica del rapporto fra istituzione e cittadinanza, in cui la prima si erge a maestro portatore di valori da imporre unidirezionalmente alla seconda”. Ha poi specificato che una comunicazione fondata sulla responsabilità riflessiva “deve muoversi verso il ricevente, capire chi è e che cosa vuole.
Il lavoro del Corecom sta andando in questa direzione, cioè verso una comunicazione fondata sull’identità di chi parla e di chi ascolta, e non su principi etico-morali da trasmettere pedagogicamente”. Hanno poi portato le loro esperienze dirette esponenti di alcuni enti coinvolti tra cui il Meyer, Eventi ADEE (AD European Events), Cesvot Toscana, Forum toscano del Terzo settore e varie emittenti radiotelevisive. Alle associazioni della Toscana è stato invece riservato uno spazio aperto a nuove proposte e commenti. Ha chiuso i lavori il presidente dell’Authority regionale Marino Livolsi che ha ricordato, tra l’altro, l’importanza di una comunicazione sociale “nella quale la gente non solo recepisca ma anche partecipi attivamente”.
(lu.men/al)