Nei giorni scorsi presso la sede di Italia Nostra si è svolto un incontro dibattito, organizzato dalla sezione di Firenze di Italia Nostra e dai Comitati dei cittadini dell’area fiorentina, dedicato alla vicenda della distruzione dell’ex complesso dei Macelli di Rifredi, primo effetto della prevista costruzione della nuova Stazione Foster dell’Alta Velocità. Nella sua introduzione, l’architetto Paolo Celebre ha sottolineato come la perdita di quel complesso architettonico di rilievo, creato nell’epoca del Poggi meriterebbe davvero una maggiore attenzione: con la sua distruzione si incrementa ulteriormente quella cancellazione della memoria materiale già così diffusa.
Senza alcuna valutazione del rapporto tra costi e benefici, ci si sbarazza di elementi fondanti del sistema urbano di Firenze, in cambio di una falsa modernizzazione o anche in cambio di niente, se non disagi, ruderi e risultati discutibili. Manlio Marchetta, docente di Pianificazione urbana nell’Università di Firenze, ha elencato proprio queste perdite, dal dopoguerra a oggi, motivandone il valore: la ex GIL di Piazza Beccaria, con la piscina, il cinema e le opere artistiche contenute, il padiglione del Meccanotessile nell’area della ex Galileo, lo stabilimento FIAT di Novoli, sostituito dal discutibile comparto direzionale-residenziale con l’università.
Nella lista c’è anche la ex filiale FIAT di viale Belfiore, al cui posto dovrebbe sorgere l’albergo progettato da Jean Nouvel, poi finito nelle mani della ditta costruttrice BTP, senza che ad oggi si intraveda una conclusione. Si deve ricordare anche la distruzione e l’alterazione di Careggi, nel suo aspetto originario di ospedale a padiglioni degli anni Venti e Trenta del Novecento.
Questa tendenza e questi fatti indicano una preoccupante incomprensione, e quasi antagonismo, tra il governo della città e il patrimonio culturale storico-architettonico. L’attuale distruzione degli ex Macelli ha particolare rilievo se si tiene anche conto che negli anni 80 il Laboratorio di rilievo della Facoltà di Architettura, riconoscendo il valore del manufatto architettonico, aveva elaborato un progetto di destinazione a museo della scienza, recuperando gli ambienti in una nuova funzione, tra l’altro decentrante. Giuseppina Carla Romby, storica dell’architettura all’Università di Firenze, ha ricostruito la vicenda della progettazione e costruzione del complesso dei Macelli voluto da Giuseppe Poggi nella seconda metà dell’Ottocento e opera dell’ingegner Felice Francolini.
Ne ha illustrato la funzione nel più generale contesto delle attrezzature urbane dopo l’Unità d’Italia e ha messo in evidenza come i criteri di progettazione si basassero sull’idea di una cittadella autosufficiente, con interessanti implicazioni stilistiche. L’accanimento contro certi caratteri formali dell’impianto urbano voluto da Poggi per Firenze non riguarda solo i Macelli, ma si manifesta anche nel sistematico snaturamento dei Viali di circonvallazione, con il grave danneggiamento delle Cascine e della zona di Piazza Vittorio Veneto a causa del passaggio della linea tranviaria. Passando dai delitti urbanistici a quelli ambientali prodotti dalle grandi opere, l’avvocato Massimo Ramalli, parte civile nel processo per i danni Cavet in Mugello, ha ricostruito brevemente quella vicenda, sottolineando l’estrema indulgenza della prima sentenza nei confronti dei responsabili di quel gravissimo danneggiamento ambientale, reato che, significativamente, non è neanche previsto nella legislazione italiana. Il geologo Marco Mancini ha messo in luce la rischiosità delle opere di scavo, come ha dimostrato la vicenda della costruzione della terza corsia dell’ Autostrada del Sole nel territorio fiorentino, i cui problemi, dopo gli episodi di crolli e smottamenti più clamorosi, non sono certo finiti.
Con riferimento ai temi più generali della trasparenza e della democrazia, Mancini ha insistito sulla necessità di un monitoraggio costante delle opere anche durante la fase esecutiva e ha indicato l’esigenza di garantire e tutelare anche con altri strumenti i diritti dei cittadini che non dovrebbero essere costretti a difendersi solo con estenuanti cause legali. C’è un’emergenza ambientale e territoriale a Firenze, ma c’è anche un’emergenza democratica. Gli interventi, coordinati da Margherita Signorini della Giunta nazionale di Italia Nostra, hanno messo in luce l’intreccio tra urbanistica, tutela e democrazia.
Risulta impossibile attuare opere della complessità del sottoattraversamento ferroviario di Firenze senza il consenso informato della cittadinanza. Nonostante sia ormai disponibile la legislazione e l’esperienza di numerosi paesi europei e malgrado la Regione Toscana si pregi di avere la legge più avanzata sulla partecipazione, si nota come nella vicenda della Stazione AV ai Macelli una serie di atti, accordi e decisioni politiche siano stati completamente sottratti all’evidenza pubblica e a qualsiasi dibattito partecipato.
In questo senso vale la pena di soffermarci anche sul caso della Terza Corsia autostradale. Nel 1999, la Conferenza dei Servizi, per la prima volta, aveva istituito un coordinamento delle associazioni ambientaliste della Toscana, con un referente nel CTG regionale, per controllare l'impatto dell’infrastruttura; in realtà le continue difficoltà di informazione sui cantieri aperti e la mancanza di trasparenza nell'esecuzione e conduzione delle opere, hanno di fatto vanificato l'originario processo di partecipazione. Alla luce di questi importanti contributi e dei numerosi interventi di cittadini è stata riaffermata, a conclusione dell’iniziativa, la volontà di mantenere vivo il dibattito sul nodo fiorentino dell’Alta Velocità e soprattutto l’indicazione prioritaria di richiedere l’apertura di un percorso partecipato previsto dalla legge regionale sulla partecipazione e la conseguente moratoria dei cantieri avviati o che si intendono avviare.