La Regione Toscana ricorrerà alla Corte Costituzionale contro le norme che, nell'ambito della legge 94/2009 (“Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”), consentono l'istituzione delle cosiddette ronde. Questo quanto ha deciso ieri la giunta, impugnando l'articolo 3 della legge nella parte in cui si prevede che i sindaci, di intesa con i prefetti, possano avvalersi della collaborazione di privati cittadini nella gestione della sicurezza urbana e al fine di prevenire situazioni di disagio sociale.
Per la Regione Toscana si tratta infatti di norme costituzionalmente illegittime e che, tra l'altro, violano l'articolo 117 anche sotto l'aspetto del principio della leale collaborazione istituzionale. Ad annunciare il ricorso è stato il vicepresidente Federico Gelli, che tra le sue deleghe ha anche quella alle politiche di prevenzione per la sicurezza urbana: "Le norme relative alle ronde non sono solo sbagliate e addirittura pericolose per la stessa sicurezza dei cittadini, contengono anche profili di illegittimità costituzionale – sottolinea Gelli –.
Purtroppo abbiamo poche competenze per contrastare altre scelte molto gravi fatte proprie dal governo nazionale, come quella relativa all'introduzione del reato di clandestinità, fatto che per la prima volta nell'Italia democratica consente di procedere contro persone per quello che sono e non per quello che hanno fatto. Però sulle ronde c'è anche un fondato problema di competenze e su questo intendiamo dare battaglia, nella consapevolezza che la sicurezza non si raggiunge con la demagogia delle risposte viscerali ma piuttosto col buon senso.
E che dunque non servono le ronde, soprattutto quando non ci stanziano le risorse per la benzina delle vetture delle forze dell'ordine". L'impugnazione della Regione riguarda i commi 40, 41, 42 e 43 dell'articolo 3 e quindi anche la parte in cui si prevede uno specifico “elenco” delle associazioni tenuto a cura del prefetto, nonché la disposizione che prevede che in questo elenco siano iscritte in via prioritaria le associazioni di appartenenti alle forze dell'ordine e alle forze armate in congedo. L'impugnazione della Regione si fonda su un'ampia giurisprudenza consolidata già prima della riforma del titolo quinto della Costituzione.
La competenza statale, insomma, riguarderebbe le “funzioni primariamente dirette a tutelare beni fondamentali” e non può dilatarsi fino a vanificare “ogni ripartizione di compiti tra autorità statali di polizia e autonomie locali”. L'articolo 117 della Costituzione, in realtà, attribuisce alla competenza legislativa statale "l'ordine pubblico e la sicurezza, a esclusione della polizia amministrativa locale".Quest'ultima, insomma, è una competenza esclusiva residuale, su cui la Regione Toscana ha già legiferato in passato, in particolare con la legge 12/2006 (“Norme in materia di polizia comunale e provinciale”) che, tra l'altro, prevede che i comuni e le province possano stipulare convenzioni con associazioni di volontariato iscritte negli appositi registri.
"In pratica, utilizzando espressioni notevolmente ampie come sicurezza urbana e situazioni di disagio sociale, si fa in modo di svuotare le competenze regionali – spiega ancora Gelli – ma al di là delle questione di diritto, quello che la Regione Toscana vuole ribadire è che il diritto a città sicure e vivibili non si persegue in questo modo. Scorciatoie e demagogia non servono. E in questo senso la nostra legge contro il degrado e per la sicurezza sarà un banco di prova che farà della Toscana un vero e proprio laboratorio di un modello alternativo, fatto di lotta al degrado, rispetto delle regole, polizia preparata e inserita nelle varie comunità.
E anche di partecipazione dei cittadini, certo: ma di partecipazione alle scelte, non a ronde che hanno già dimostrato di fare più danno che altro". di Paolo Ciampi