Una lettera aperta per chiedere l'intervento della politica e delle istituzioni così da facilitare l'inserimento nella società di quanti vivono nell'ex ospedale Meyer di Firenze.
Autore della missiva l'associazione "Medici per i Diritti Umani".
Questo il testo integrale dello scritto.
Mercoledì 12 agosto, durante l’uscita settimanale dell’unità mobile di Medu presso i locali dell’ex ospedale Meyer di Firenze, i nostri operatori sono stati testimoni di un violento litigio avvenuto tra il padre di una giovane ragazza rumena e ed un altro connazionale residente nello stesso stabile accusato di aver tentato, insieme al nipote, una violenza carnale sulla figlia minore (14 anni).
È seguito l’intervento delle forze dell’ordine con l’arresto dei due aggressori. La ragazza è ricoverata in ospedale e le indagini sono in corso. Come associazione umanitaria riteniamo doveroso intervenire in modo puntuale a difesa dei più deboli e ribadiamo la necessità di arginare e prevenire fenomeni di violenza interna che potrebbero annullare lo sforzo di inserimento di tutti coloro che cercano spazi di convivenza civile. Siamo coscienti che solo il lavoro meticoloso di attenzione sociale e di presenza sul campo possano impedire il ripetersi di fenomeni come questi.
Medu cerca di essere presente nelle situazioni di marginalità nel territorio fiorentino per raccogliere i bisogni socio sanitari esistenti ed indirizzare opportunamente gli utenti al servizio pubblico. Tutto ciò è possibile grazie all’instaurarsi di un rapporto di fiducia con le persone che incontriamo, che passa attraverso un dialogo a tutto campo sulla loro situazione umana, amministrativa e lavorativa, oltre che sanitaria. Legalità e salute per tutti si possono solo ottenere con azioni che diminuiscano il degrado di questi contesti.
Dopo lo spiacevole episodio di violenza avvenuto, riprenderemo il contatto con la famiglia coinvolta, continueremo il nostro lavoro nell’area e cercheremo il coinvolgimento propositivo dei diversi gruppi presenti nell’ex ospedale Meyer per evitare che fatti di questo tipo si ripetano, con conseguenze negative sulla stessa comunità e con il diffondersi di generalizzazioni sui comportamenti devianti degli stranieri (da parte dei media, della gente residente nel quartiere, delle istituzioni). La famiglia a cui appartiene la giovane oggetto della violenza era da noi seguita oramai da qualche tempo.
Il padre lavora con continuità, la madre parzialmente, i figli frequentano la scuola, la loro abitazione vuole avere per quanto possibile le caratteristiche di una casa “normale”, dove vivere e crescere i propri figli. Come gran parte dei nuclei presenti, anche questa famiglia è giunta in Italia con l’aspettativa di un inserimento sociale e lavorativo, persone che hanno appreso il funzionamento dei nostri servizi sanitari frequentandoli con regolarità. Crediamo che la presenza nostra e di altri soggetti che svolgono un lavoro simile al nostro in diversi insediamenti “abusivi” della zona rappresentino un argine, seppur modesto, ad una spirale di esclusione che inevitabilmente porta con sé degrado, rischio di illegalità ed ulteriore emarginazione.
Se l’operazione di polizia della scorsa settimana ha rappresentato un intervento che ha impedito la degenerazione di una situazione critica, ci auguriamo ora di vedere intervenire le altre istituzioni coinvolte, cioè quelle politiche e amministrative, perché il primo intervento assuma un reale valore positivo anche agli occhi della comunità. L’approccio delle istituzioni non può essere esclusivamente volto ad una repressione, priva di progetti di recupero e quindi destinata a fallire a breve termine, ma deve necessariamente portare con sé una valenza umanitaria e produttiva di inserimento e di costruzione di relazioni.
In questo senso, auspichiamo che le forze politiche locali sappiano uscire dall’attuale clima nazionale di ostilità e criminalizzazione del “diverso” mettendo in piedi interventi di vera accoglienza e di costruzione di una convivenza civile. Medici per i Diritti Umani