Non è con l'aumentare della ricchezza che cresce il benessere in senso lato. Con i soldi aumentano invece il tempo dedicato al lavoro, l'isolamento sociale, la solitudine, e la frenesia di acquistare beni, per compensare questa vera e propria infelicità. E' parere di Stefano Bartolini, docente di economia all'Università di Siena, che ha spiegato, dati alla mano, quello che ha definito il paradosso della felicità, cioè come il nostro benessere non sia aumentato nonostante lo sviluppo economico.
Un concetto che ha esemplificato affermando che chi propone come modello l'american way of life, lo stile di vita americano, è destinato a non raggiungere il benessere, visto che i dati dimostrano come neppure un aumento del Pil del 10 per cento annuo per 30 anni avrebbe fatto più felici gli americani. E interloquendo con il presidente della Regione, Claudio Martini, che ha sottolineato come in fatto di Pil la Toscana non sia particolarmente “performante”, ma come si mostri eccellente quando entrano in ballo altri parametri come il benessere dei cittadini, Bartolini ha detto che alla radice dell'attuale crisi mondiale c'è la bulimia del consumo, il “compro dunque sono” che caratterizza la solitudine individuale e la povertà delle relazioni sociali che sono segni caratteristici di questo periodo storico.
Allora è opportuno non perseguire la ripresa e una nuova crescita economica? Per Bartolini ciò che serve è una crescita non malata, non provocata dall'aumento degli acquisti causato dalla solitudine e dal degradare delle relazioni umane e sociali. E' necessario invece investire sul sistema scolastico, sulla crescita della cultura, sul lavoro e su un migliore sistema sanitario. E' in questi settori che il cambiamento è non soltanto atteso, ma auspicabile. Ed è da qui che, anche secondo il presidente Martini, occorre ricominciare.
di Tiziano Carradori