Terra Futura: Unicoop lancia i sacchetti biodegradabili

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
30 maggio 2009 22:13
Terra Futura: Unicoop lancia i sacchetti biodegradabili

Firenze- Parte da Firenze e dalla Toscana la messa al bando degli shopper di plastica e l'introduzione dei sacchetti completamente biodegradabili, scavalcando ritardi e indecisioni del governo e mettendosi al passo con gli impegni europei dei paesi più avanzati. Da ieri in tutti i 98 punti vendita toscani di Unicoop Firenze sono infatti in distribuzione solo i nuovi shopper in mater-bi, cioè in materiale biologico e biodegradabile di origine vegetale (amido di mais e olio di girasole) che può essere utilizzato anche per produrre il compost.

L'annuncio di questa rivoluzione è stato dato ieri nel grande palcoscenico delle buone pratiche di Terra Futura alla sua sesta edizione alla Fortezza da Basso. Tra i presenti anche il presidente della Regione Toscana che l'ha definito un passaggio fondamentale che mette in atto concretamente il rispetto dell'ambient e, senza farsi intralciare dai ritardi delle decisioni governative, e non a caso parte proprio dalla Toscana. Se tutto il merito di questa decisione coraggiosa e virtuosa va a Unicoop, che è la prima grande distribuzione in Italia ad attuarla, anche le politiche ambientali della Regione e le campagne insistenti per radicare in tutta la popolazione la sensibilità per la tutela dell'ambiente e per la necessità di sprecare meno risorse e immettere meno gas serra nell'atmosfera, hanno dato un contributo al raggiungimento di questo primato.
Un progetto aziendale con tutti i crismi che offre una indicazione importante per il futuro, secondo il presidente della Regione, verso quella green economy, sdoganata anche dal presidente Usa Obama, che è già qui, in Toscana.

I nuovi shopper, che utilizzano come materia prima il polimero vegetale della Novamont di Terni, vengono prodotti da un'azienda di Scarperia, la Industria Plastica Toscana, che nei pri mi mesi del 2009 ha deciso di riconvertire la produzione di shopper tradizionali nella lavorazione innovativa e ecocompatibile del mater-bi, sfornando ogni giorno 180.000 sacchetti. Si è chiusa con un bilancio tutto in positivo la prima edizione della “Borsa delle imprese responsabili” che si è svolta alla Fortezza da Basso di Firenze nei padiglioni di Terra Futura.

All’iniziativa hanno partecipato un centinaio di aziende e in tre sessioni, programmate nelle giornate di ieri e di oggi, si sono svolti quasi cinquecento incontri. La borsa è stata promossa da Regione Toscana, Fabrica Ethica, Premio Toscana ecoefficiente e Sistema Banca Etica.
Il presidente della Regione, che ha visitato il padiglione della borsa a conclusione della due giorni, ha sottolineato il valore fortemente innovativo dell’iniziativa. Il successo della partecipazione è un risultato importante che fa valutare positivamente la possibilità di una seconda edizione nel 2010.

Terra Futura, ha detto il presidente, è un evento che si caratterizza per la presentazione delle occasioni pratiche, la borsa è un’occasione pratica, ha dato dei buoni risultati e questo è un invito a ripeterla. Scopo di questa prima edizione di “Green business meeting” era quello di favorire confronti, scambi e opportunità di “green business” nel settore della sostenibilità ambientale e dell’economia responsabile. Protagoniste del meeting sono state le imprese innovative che negli ultimi anni, favorite anche dagli incentivi messi a disposizione della Regione Toscana, hanno scommesso sulla sostenibilità delle produzioni e sull’economia responsabile.
Sono le imprese impegnate, sia nel pubblico che nel privato, nel riciclo e riuso dei materiali, tutela dell’ambiente, mobilità sostenibile, energie rinnovabili, risparmio energetico, edilizia sostenibile, finanza responsabile, commercio equo e solidale, agricoltura biologica e biodiversità, turismo responsabile.

Workshop e incontri nelle due giornate della borsa hanno consentito alle imprese di cercare con successo partner e interlocutori per sviluppare le loro attività, discutendo di progetti da portare avanti tra più aziende, di nuovi mercati, e di collaborazioni per nuovi brevetti e nuove ricerche. “Buona pianificazione degli interventi edilizi, vincolo di efficienza energetica, no al cambio di destinazione d’uso e divieto per gli edifici condonati: questo testo di legge è l’unico modo per impedire la follia del Piano Casa del Governo”.

Queste le considerazioni sul recepimento della Regione Toscana del “Piano Casa”, espresse questa mattina da Legambiente a Terra Futura alla Fortezza da Basso di Firenze nel corso del convegno “Il Piano straordinario sull’Edilizia. La risposta del Governo Regionale Toscano: un’esperienza pilota?”.
“Anche se la legge regionale, com’era prevedibile, ha giocato sulla difensiva – ha commentato Fausto Ferruzza, Direttore di Legambiente Toscana – auspichiamo che grazie alla LR 24/09, in un quadro di certezze giuridiche, vi sia un’edilizia in futuro più attenta alla qualità, ai più avanzati requisiti energetici e antisismici, alla contestualità urbana e paesaggistica.

Per Legambiente, inoltre, è fondamentale incoraggiare il principio di sostituzione che anche la legge toscana pare suggerire, perché è nel recupero e nella riqualificazione del costruito e non nell’occupazione di nuovi suoli che si giocherà la scommessa dell’edilizia del futuro”. “Questo testo di legge costituisce un buon esempio per tutte le altre regioni in Italia, perché l’obbligatorietà della certificazione energetica e lo stimolo all’edilizia sostenibile sono un criterio irrinunciabile almeno quanto il rispetto dei vincoli paesaggistici e storici – ha aggiunto Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente.

Il rilancio dell’economia non passa, infatti, attraverso la deregulation, quanto invece attraverso la riqualificazione tecnologica del settore che richiede nuove professionalità e più efficienza energetica senza mai perdere mai di vista la qualità”.
Al centro del convegno di stamane l’esperienza della Regione Toscana che, per prima in Italia, il 6 maggio scorso ha approvato la sua legge in attuazione dell'accordo Stato-Regioni sul cosiddetto Piano Casa. All’incontro erano presenti Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, Fausto Ferruzza, direttore Legambiente Toscana, Massimo Ghiloni, direttore Ance nazionale area mercato privato, Riccardo Conti, Assessore al Governo del Territorio della Regione Toscana, Rossano Rossi, Segretario CGIL Toscana, Silvia Mantovani, Architetto del Paesaggio, Vezio De Lucia, Urbanista di chiara fama.

Il convegno è stata l’occasione per analizzare le caratteristiche del provvedimento regionale toscano che, in modo singolare, è riuscito a portare avanti un’esperienza legislativa positiva tale da divenire un modello pilota per tutte le altre leggi regionali del Paese.
Una nuova figura di profugo si è affacciata negli ultimi anni a livello globale: non più soltanto fame e conflitti, persecuzioni politiche e tortura, il “nemico” da cui fuggire adesso è anche l’ambiente danneggiato.

Sono stati tra i 70 e gli 80 milioni gli “ecoprofughi” che nel 2007-2008 hanno abbandonato le proprie terre a causa di desertificazione, inondazioni e degli effetti del riscaldamento globale. Il loro numero ha raggiunto quello delle persone in fuga dalle guerre. E il dato certamente continuerà a crescere: le previsioni parlano di 135 milioni di profughi possibili entro il 2010. Di questa nuova emergenza umanitaria si è parlato oggi a Terra Futura, la mostra convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità ambientale, economica e sociale, in corso alla Fortezza da Basso di Firenze fino a domenica 31 maggio, dove Legambiente ha presentato il dossier “Profughi ambientali”.

Secondo il dossier, complessivamente oltre 800 milioni di persone vivono in aree a rischio, di cui 344 milioni per cicloni tropicali e 521 milioni per inondazioni. Le zone aride e semiaride – quelle che subiscono di più il peso del clima impazzito - rappresentano il 40% della Terra, ossia 5,2 miliardi di ettari, in cui vivono 2 miliardi di persone. In questo momento ci sono altri 6 milioni di imminenti “ecoprofughi”, che dovranno scappare a causa dell’innalzamento delle temperature: la metà di questo flusso migratorio sarà causata da catastrofi naturali, inondazioni e tempeste, mentre i restanti 3 milioni di persone dovranno sfollare per via dell’innalzamento del livello del mare e della desertificazione.

La previsione per il futuro, secondo l’Unhcr (Agenzia dell’Onu per i rifugiati), è di 200-250 milioni di persone in fuga per “cause ambientali” entro il 2050. L’Africa tra il 1997 e il 2020 avrà subito un flusso di uscita diretto al Nord del Continente e all’Europa di ben 60 milioni di persone. A minacciare seriamente il Bangladesh e molte piccole isole dell’oceano Pacifico è la crescita del livello dell’acqua: 2.000 abitanti delle Isole Carteret (Papua Nuova Guinea) e 100.000 della Repubblica di Kiribati.

Ma la questione ambientale non interessa soltanto i cosiddetti paesi in via di sviluppo, dal momento che neanche l’Europa e il Mediterraneo sono al sicuro: 30 milioni di ettari di terra che si affaccia sul Mediterraneo manifestano già i sintomi della desertificazione, mettendo a rischio ben 6,5 milioni di persone. Un quinto della Spagna è soggetta al medesimo fenomeno, così come parte del Portogallo. E ancora, Marocco, Libia e Tunisia perdono annualmente mille chilometri quadrati di terre produttive.

In Egitto le terre irrigate sono state dimezzate. Per quanto riguarda invece l’Italia, lo studio stima che a causa del riscaldamento globale saranno sommersi all’incirca 4.500 chilometri quadrati del territorio nazionale, soprattutto al Sud. L’intero scenario costringerà le Agenzie umanitarie a pensare provvedimenti mai adottati prima, a partire da un potenziamento delle riserve di emergenza fino a 10 o 20 volte. Al di là delle prospettive future, gli effetti del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici sono già una drammatica realtà in molti paesi, che hanno pagato un prezzo alto per vittime e sfollati.

In 350.000 sono stati colpiti in Namibia dalla recente inondazione dovuta alle piogge torrenziali iniziate dal mese di gennaio scorso. Il 50% delle strade e il 63% dei raccolti è a rischio, con anche gravi danni all’economia e per la sussistenza: secondo l’Onu 544.000 persone potrebbero confrontarsi con un’insufficienza di cibo tra il 2009 e il 2010. In Angola non va meglio: 160.000 persone hanno subito inondazioni, ma è un numero che potrebbe ancora crescere. E ancora, in Myanmar (ex Birmania) il ciclone Nargis a maggio 2008 ha fatto 140.000 vittime, colpendo anche altri 2-3 milioni di persone e costringendo 800.000 persone a sfollare.
Nonostante lo scenario di devastazione, la situazione dei profughi ambientali non ha trovato finora molta attenzione a livello internazionale.

Non è riconosciuto, ad esempio, lo status di “profugo ambientale”, come invece per i profughi politici. Maurizio Gubbiotti coordinatore della segreteria nazionale e direttore del Dipartimento internazionale di Legambiente, tiene a sottolineare che «per decenni la questione dei profughi è stata affrontata solo in relazione ai conflitti, anche se il sorpasso numerico registrato nel 2007-2008 ha di fatto attirato l"attenzione internazionale sul problema, che non è di minore rilevanza rispetto a quello delle guerre.

Ora dobbiamo invertire questa tendenza». E per farlo serve, secondo Gubbiotti, «una politica energetica che metta in discussione la dipendenza da petrolio e carbone da parte dell’Occidente promuovendo le energie alternative. Si può inoltre intervenire a livello mondiale perché nel futuro del Protocollo di Kyoto ci siano investimenti non solo nelle buone prassi, ma anche per progetti che consentano di dare spazio a un’agricoltura all’insegna della sovranità alimentare». A questo punto i paesi occidentali non possono più far finta di non vedere dove si è arrivati: «Il problema parte certamente da noi, dalle nostre politiche energetiche attuate che si ripercuotono anche sui paesi in via di sviluppo che scontano le nostre pratiche non sostenibili».

All’evento insieme a Maurizio Gubbiotti, ha partecipato anche Sergio Marelli, direttore generale di FOCSIV-Volontari nel mondo.

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