Firenze- Mancanza di omogeneità nelle procedure “dal momento della presa in carico di donna e feto fino al dopo parto”; risposte e diritti delle donne in gravidanza assicurati “a macchia di leopardo” sul territorio toscano; mancato rispetto di quanto previsto dalle linee guida regionali su assistenza h 24 di sala operatoria, disponibilità di sacche di sangue, presenza dell’anestesista per fronteggiare emergenze o scongiurare parti cesarei (parto con epidurale). L’indagine conoscitiva sui punti nascita di cui è stata incaricata la commissione Sanità entra nel vivo con la prima, lunga audizione che questa mattina (martedì 17 febbraio) si è tenuta in Palazzo Panciatichi.
Nella seduta, presieduta dalla vicepresidente Anna Maria Celesti (Fi-Pdl), sono stati sentiti i rappresentanti dell’Agenzia sanitaria regionale (Ars; Veronica Casotto e Francesco Cipriani), della Direzione generale del Diritto alla salute della Regione (Valerio Del Ministro e Pina Antico), del Consiglio sanitario regionale (Carlo Buffi). Sul tavolo le questioni introdotte da Celesti: “Rivisitare in concreto il percorso nascita comprese le procedure, che devono muoversi in una logica di standardizzazione nei ventotto punti nascita della regione, come stabilisce l’Oms e secondo quanto previsto dai Piani sanitari degli ultimi anni e nelle linee guida dettate dalla Regione”.
Affrontate nel corso della seduta anche alcune criticità riferite all’attività dei consultori, specialmente su alcuni fronti: nell’approccio con le donne immigrate; nell’eccesso di medicalizzazione legato anche ai problemi nella frequentazione di corsi di preparazione al parto (le diverse Aziende non seguono protocolli omogenei); nelle difficoltà sul ricorso al parto in epidurale e nella donazione di cordone ombelicale. I dati presentati da Ars hanno evidenziato che riguardo alla mortalità infantile la Toscana presenta tra i migliori parametri in Italia e in Europa, confermando che si rivolgono ai consultori prevalentemente donne straniere e che le italiane, anche se seguite da professionisti privati durante la gravidanza, confermano la fiducia nelle strutture pubbliche al momento del parto.
Difformi, invece, i dati sui parti cesarei tra le diverse Aziende – sono maggiori in quelle ospedaliere -, attestati per la regione al 30 per cento dei casi a fronte di un’indicazione dell’Oms tra il 10 e il 15 per cento, e comunque inferiori rispetto alla media nazionale. La direzione del Diritto alla Salute ha presentato gli esiti di un’indagine ad hoc svolta nel 2007 per la valutazione delle Aziende, dalla quale risultano “una buona risposta del sistema e un buon gradimento delle donne”.
Sui consultori, in particolare, la riattivazione è legata al sistema informativo che mette realmente a disposizione i dati, mentre si investe sul fronte delle visite domiciliari, sulla mediazione culturale e con fondi per seguire le famiglie in difficoltà. Quanto all’analgesia (la possibilità del parto in epidurale), questa è praticata dal 66 per cento delle aziende, ma “in maniera diversa per quantità e modo”; un fatto evidenziato da Luca Ciabatti (Prc), secondo il quale “è indispensabile che il parto in epidurale sia assicurato gratuitamente in tutti i punti nascita della regione”.
Fabio Roggiolani (Verdi), presidente della Commissione, ha chiarito che “l’obiettivo della commissione d’inchiesta sarà quello di permettere l’attuazione di quanto disposto a livello regionale”, con particolare attenzione “all’avviamento all’allattamento al seno, la permanenza dei bambini con la madre in stanza fin dal primo momento di vita e la garanzia che il percorso ginecologico e ostetrico sia seguito dalla stessa figura medica che prende in cura la donna all’inizio della gravidanza”.
Passaggi che il presidente considera importanti per “evitare l’eccessiva privatizzazione e limitare il costo sociale della gravidanza”. Alessia Petraglia (Sd) ha indicato la necessità di seguire “percorsi di qualità e uniformità su tutto il territorio toscano”. (Cam)