Firenze, 14 Marzo 2007- Arriva da Pistoia la notizia di un aborto terapeutico non riuscito. Una donna aveva deciso di sottoporsi all’intervento l’8 febbraio. «Giungono segnali sempre più pericolosi dalla sanità toscana. Ora la Regione garantisca una adeguata tutela sanitaria ed economica alla donna pistoiese vittima dell’inefficienza della Asl 3». E’ quanto chiede tramite interrogazione urgente il Vicecapogruppo di Alleanza Nazionale in Consiglio regionale Roberto Benedetti insieme al Capogruppo Maurizio Bianconi e al Consigliere regionale Marco Cellai, membro della Commissione consiliare Sanità.
La stampa locale e nazionale, si legge nel documento presentato dal gruppo di An, ha denunciato la sconcertante storia di una donna pistoiese che, una volta affidatasi al Servizio Sanitario Pubblico per una interruzione volontaria di gravidanza, si è scoperta dopo un mese dall’intervento incinta e con la “spirale” inserita nel proprio utero.
La scelta di inserire la spirale, su consiglio dei medici, era stata fatta proprio per evitare ulteriori gravidanze, poiché economicamente insostenibili dalla donna e dal marito.
«La donna – spiega Benedetti – si è accorta della presenza del bambino per puro caso presso un pronto soccorso, dopo una semplice ecografia effettuata in seguito ad alcuni disturbi, che attribuiva alla presenza della spirale. Adesso l’unica preoccupazione della signora è la salute del suo bambino, che rischia di patire per la presenza della spirale nell’utero».
Da qui, le richieste dei Consiglieri di An alla giunta regionale toscana e all’assessorato competente: «Cosa s’intende fare per tutelare la signora e il suo bambino, anche da un punto di vista economico, e quali provvedimenti si intende prendere per rivedere un sistema sanitario che, negli ultimi tempi, ha dato troppi segnali tragici d’inefficienza e fallacia».
L’aborto terapeutico, in seguito a diagnosi di presunta malformazione, è stato oggetto di una comunicazione dell’assessore alla Salute Enrico Rossi, che ha rivolto il primo pensiero alle donne che hanno vissuto in prima persona questo evento, manifestando tutto il rispetto e la sensibilità.
Quindi, con documenti alla mano, l’assessore ha ripercorso tutte le tappe della vicenda, dall’11 dicembre fino all’8 marzo, tra ecografie, consulti e procedure della 194. “Posso affermare che la donna è stata seguita con scrupolo ed attenzione, nel rispetto della 194 – ha sottolineato – nonché supportata con umanità e sensibilità”. Un caso però, secondo l’Assessore, che è arrivato agli onori della cronaca, con commenti di ben altro livello: “Careggi ha fatto flop, la legge sull’interruzione della gravidanza è stata violata, la sanità toscana è finita alle ortiche”.
“Potrei continuare a sfogliare le cronache dei giornali – ha commentato Rossi – ma preferisco parlare della sanità toscana, con dati alla mano”.
“Dichiaro che si può sempre fare meglio, ma farà piacere sapere al Consiglio che la Toscana ha il più basso tasso di mortalità infantile in Italia: il 2,6, che a Firenze diventa 2,2”. Ma secondo l’Assessore “occorre fare di più”: migliorare la professionalità degli operatori; consolidare l’iniziativa del Centro regionale per la malformazione fetale; continuare l’impegno per ridurre le morti in culla.
Rossi ha quindi concluso il proprio intervento con una riflessione: “La questione va ricondotta su tre registri: discussione a livello nazionale sui tempi di interruzione della gravidanza, rispetto per la sfera privata, vicinanza agli operatori – ha affermato – perché solo così possiamo ritrovare la dovuta serenità per affrontare e migliorare il sistema della sanità toscana”. "Non è in discussione un singolo episodio di malasanità, ma la gestione di un sistema, che non è perfettibile, ma sbagliato.
Un sistema che declama la centralità della persona, ma che non ha saputo farsi carico della fragilità psicologica di una donna in una vicenda così drammatica". Lo ha dichiarato Anna Maria Celesti (FI), intervenendo in aula subito dopo l’assessore Enrico Rossi sul bambino nato vivo all’ospedale di Careggi dopo un aborto terapeutico per una presunta malformazione, di fatto inesistente. Celesti ha avanzato molti dubbi sul rispetto della legge 194/78, a fronte della "diagnosi di una malattia non incompatibile con la vita del nascituro e che non metteva a rischio la vita della madre".
A suo parere anche l’introduzione di un "tutor", proposta da Rossi, non è in grado di risolvere questi problemi, perché impedisce alla donna di scegliere liberamente il medico da cui farsi seguire.
Il capogruppo Marco Carraresi (Udc), ricordando l’affermazione di Rossi secondo la quale "nessun errore è stato commesso", ha chiesto se il ritardo di venti minuti nell’assistenza al neonato da parte dei medici di terapia intensiva neonatale sia stato la causa della morte e se questo sia una "prassi ordinaria".
Carraresi ha anche ricordato che la legge 194/78, prescrive che, quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto dopo i novanta giorni, l’interruzione della gravidanza puo essere praticata solo quando gravidanza o parto "comportino un grave pericolo per la vita della donna" ed il medico deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto. In questo contesto il capogruppo dell’Udc ha avanzato critiche alla "cultura" che anima il sistema sanitario toscano in questo settore, con un apparato di procedure troppo formali, difficili da seguire nella pratica.
"Di fronte a casi così drammatici, che coinvolgono la vita di un neonato ed il destino di una famiglia, ci saremmo aspettati un atteggiamento diverso" ha affermato Virgilio Luvisotti (Gruppo Misto), secondo il quale l’assessore avrebbe dovuto coinvolgere l’intero Consiglio in una riflessione animata da senso di responsabilità.
“Prendo atto con estremo rammarico di un comportamento inaccettabile, incomprensibile, volutamente provocatorio e offensivo quando, in casi di simile gravità, l’assessore parla di malcelate soddisfazione di qualcuno. Sono affermazioni di cui davvero non c’era bisogno e che sicuramente non si riferiscono a nessun componente l’assemblea consiliare”. E’ quanto ha dichiarato Marco Cellai (Alleanza nazionale), che ha chiesto “un’assunzione seria di responsabilità”. “Questa difesa a oltranza dell’assessore Rossi, avviene dinanzi a fatti che dimostrano carenze flagranti nel sistema e nei protocolli.
Il caso del piccolo Tommaso, aggrappato per sei giorni alla vita dopo un aborto, il nuovo caso di Pistoia emerso stamani sulle cronache, sono buchi neri della sanità toscana. Noi dinanzi a tutto ciò ci aspettavamo un minimo di umiltà, non l’ennesimo arroccamento autoreferenziale".
"Nella coscienza dei cittadini toscani, la politica ha dato di sé un’immagine pessima. Si è avventata su un caso delicatissimo, sparando giudizi senza sapere. Non si può atteggiarsi a vittime in aula, quando siamo stati avvoltoi sui giornali".
Sono le parole di Filippo Fossati (Ds), che ha ricordato come la donna coinvolta nella vicenda avesse chiesto, "accoratissima e disperata" solo il silenzio. Il consigliere ha rilevato che la capacità del sistema di farsi carico dei problemi della donna non può essere valutata positivamente solo se non si conclude con la decisione di non ricorrere all’aborto terapeutico. "Sulla gestione della legge 194/78 assistiamo ad alti ed imbarazzanti livelli di strumentalizzazione - ha detto - La decisione coraggiosa dei medici di intervenire, mettendosi in gioco quando potevano non farlo, è l’esatto contrario di un atteggiamento burocratico.
Un sistema sanitario si regge sulla motivazione degli operatori. Pensiamo al danno che stiamo facendo".
“Il sistema sanitario toscano funziona o no? Dobbiamo sostenerlo o no? Gli operatori sanitari che agiscono seguendo la legge 194 devono guardarsi le spalle?” Così il presidente della commissione Sanità, Fabio Roggiolani (Verdi) è intervenuto nel dibattito sulla comunicazione dell’assessore Rossi sul bambino nato vivo all’ospedale di Careggi dopo un aborto terapeutico per una presunta malformazione, di fatto inesistente.
Roggiolani ha espresso il ringraziamento a quei cinquantamila operatori sanitari che ogni giorno sono al lavoro. “Dobbiamo calmarci o a pagare saranno gli operatori e i pazienti” –ha concluso Roggiolani.
Dopo aver espresso piena solidarietà ai famigliari e profonda indignazione per la violazione del diritto alla riservatezza, la consigliere Monica Sgherri (Rifondazione) auspica il ritorno ad una moralità di comportamento che valorizzi la persona. ”Bisogna –ha detto- avere certezza del sistema sanitario sul tema dell’accanimento terapeutico (il feto a 22 settimane ha una minima possibilità di sopravvivenza) e stare attenti che non ci sia competitività nel creare false speranze di vita.
Dobbiamo rafforzare la legge 194/78 nei principi di autodeterminazione della donna quando sceglie di interrompere la gravidanza e abbattere le liste d’attesa”. “Viviamo in una regione dove la sanità dà buone risposte con operatori validi che meritano rispetto e solidarietà –ha detto Rosanna Pugnalini (DS). E’ anche vero, però, che il sistema sanitario non è infallibile, sicuramente può essere migliorato con un’attenzione particolare verso le donne”. La Pugnalini si è soffermata sulla necessità di rafforzare la legge 194/78.
Il consigliere Luciano Ghelli (Comunisti Italiani) ha evidenziato il buon funzionamento, anche se lontano dalla perfezione, del sistema sanitario, segno evidente e distintivo nella Toscana governata dal centrosinistra. “Anche se nel quadro di una difesa del sistema e dell’operato dell’assessore Rossi –ha detto Ghelli- è evidente che ci sono dei problemi e che bisogna fare un esame di verità”. “E’ arrivato il momento di rivedere la 194/78 –ha detto Alberto Monaci (Margherita) non per affossarla ma per migliorarla”.
Da Monaci il richiamo a tutti alla verifica dei propri interventi se mirati ad apportare un contributo propositivo. “Abbiamo il dovere –ha concluso- di non distruggere la nostra organizzazione sanitaria ma di migliorarla. Anche l’agenzia regionale di sanità deve essere utilizzata per monitorare e suggerire miglioramenti, forse ci sono incrostazioni o nell’apparato burocratico o assistenziale che vanno rimosse”.