L’impatto delle condizioni meteo climatiche sulla cerealicoltura toscana giustificano sin da ora la dichiarazione dello stato di calamità naturale. Ne è convinto il Consiglio di amministrazione di Toscana Cereali – principale organizzazione di prodotto regionale – che basa il proprio convincimento su un’accurata analisi tecnica ed agronomica.
«I nostri cerealicoltori – sottolinea il Cda di Toscana Cerali – sono stati di fatto costretti a non seminare perché è impossibile entrare nei campi allagati, mentre nei casi in cui la semina è avvenuta, freddo e terreni impregnati d’acqua hanno indotto sia fenomeni di marcescenza che mancata germinazione per asfissia radicale.
A questo si aggiunge l’andamento ribassista del mercato del frumento, che ha riportato i prezzi ai livelli della campagna cerealicola 2006; il frumento duro è passato in un anno da 485 a 210 euro/tonnellata (-56,7%), quello tenero da 270 a 155 (-42%), e l mais da 240 a 122 euro/tonnellata (-49%). Considerato che le semine subiranno ritardi molto consistenti, perché è impossibile entrare nei campi con i mezzi, è necessario chiedere sin da ora il riconoscimento dello stato di calamità e ottenere il finanziamento del Fondo nazionale di solidarietà per l’agricoltura.
Ma anche che il governo venga incontro agli agricoltori, sospendendo il pagamento dei ratei de mutui, abbattendo gl’interessi sugli affidamenti finanziari ordinari e introducendo sgravi fiscali».
Da un monitoraggio effettuato dall’Organizzazione di prodotto, in Maremma non sono state in pratica effettuate semine, se non per poche decine di ettari, in Val d’Orcia è stato seminato circa il 30% dei terreni, mentre nelle colline dell’Amiata, dell’Albegna, del Fiora, in quelle pisane e livornesi, e nelle Crete senesi le semine sono a meno di un terzo del totale.
Nel complesso i terreni già preparati non vanno oltre il 20% del totale.
«Se per la Maremma c’è teoricamente ancora la possibilità di recuperare rispetto alle mancate semine, perché in quella zona si utilizzano tradizionalmente varietà precoci – spiega Giacomo Taviani, agronomo di Toscana Cereali – là dove le semine sono già state effettuate la situazione è drammatica. I terreni saturi d’acqua sono asfittici, e la mancanza di ossigeno impedisce la germinazione delle barbette per asfissia radicale.
Se non si è verificata l’emergenza delle piantine, a decimare le colture ci pensano i fenomeni di marcescenza».
Dopo un ottobre e novembre troppo caldi, dal 1° novembre al 9 dicembre il valore medio delle precipitazioni in Toscana è stato di 298,7 millimetri, con differenze che vanno dai 211 mm di Siena, 255 di Pisa e 226 di Grosseto, ai 478 mm di Lucca e 450 a Pistoia. Questo ha reso di fatto i terreni inaccessibili.
«In collina – aggiunge il presidente Adio Assunto Marretti - le acque hanno percolato a valle, ma si sono verificati fenomeni di smottamento, per cui andranno ricostituite arginature, rifatte fosse e scoline per ripristinare gli assetti idrogeologici.
In pianura, invece, si ha un po’ ovunque l’effetto ”piscina”. Anche se nelle prossime settimane prevalesse il tempo soleggiato, si asciugherebbe solo lo strato superficiale dei terreni, che rimarrebbero però umidi perché l’acqua risalirebbe per capillarità. L’unica speranza è che arrivino presto venti di tramontana, in modo da poter entrare nei campi per effettuare le semine».
«Un problema aggiuntivo – conclude l’agronomi Giacomo Taviani – riguarda le componenti azotate dei terreni.
Dopo che il caldo di settembre e ottobre ha indotto una forte mineralizzazione, la quantità esorbitante d’acqua ha reso i terreni asfittici, trasformando i concimi a base di azoto nitrico in azoto ammoniacale che si disperde per aerosol, impoverendo la terra di sostanze necessarie ad un frumento di qualità. Considerato i diversi aspetti, quindi, ci sembra non rinviabile la dichiarazione dello stato di calamità naturale».