Viareggio– Sviluppo eco-compatibile e creazione di nuovi posti di lavoro, queste le forti potenzialità che offre l’acquacoltura, giunta ad una fase in cui è attesa da un decisivo salto di qualità. Passare dall’era pionieristica ad uno sviluppo compiuto, per questa attività che costituisce una valida alternativa alla pesca, significa dare spazio all’innovazione, diversificare la produzione, incentivare l’attività con risposte certe e rapide dalle istituzioni in termini di ampliamento di aree dedicate e semplificazione delle procedure di autorizzazione.
Se ne è parlato oggi al centro congressi di Viareggio, nel seminario organizzato dalla commissione Agricoltura del Consiglio regionale, “Coltivare l’acqua per coltivare nell’acqua. Così proviamo a coltivare il futuro”, terzo appuntamento di un ciclo di incontri sull’acqua.
“Dobbiamo fare in fretta – dice Aldo Manetti, presidente della commissione Agricoltura −, il rischio è che non ci sia più il tempo per ristabilire gli equilibri perduti. Si tratta di incentivare anche le attività collegate, l’ittiturismo e la pesca cultura.
Pensiamo a scenari di sviluppo capaci di contribuire concretamente al recupero del mare, delle realtà di acqua dolce e di creare nuovi posti di lavoro”.
Le aziende che svolgono attività di acquacoltura in Toscana sono 35, delle quali 20 effettuano allevamento di specie di acqua dolce, 9 di specie di mare a terra, 4 maricoltura, una allevamento di molluschi e una di specie ornamentali. Produrre più reddito e determinare un futuro diverso. La Toscana si trova di fronte ad una sfida: il rilancio della pesca marittima e il miglioramento qualitativo dell’acquacoltura coniugato al rispeto di principi di sostenibilità e responsabilità nei confronti dell’ambiente e dei consumatori: “Nella nostra regione abbiamo una flottiglia vetusta – spiega ancora Manetti −, fatta di 650 imbarcazioni con età media di 20 anni, prevalentemente di piccola dimensione e a carattere artigianale.
Servono risorse e interventi mirati, la Regione ha già mobilitato risorse proprie e comunitarie”.
Le risorse messe in campo dalla Regione sono consistenti, come hanno spiegato Claudio Del Re, dirigente del settore produzioni agricole e zootecniche della Giunta regionale, e Maurizio Bonanzinga, dirigente del Settore zootecnia, pesca e agricoltura biologica dell’Arsia, l’Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione nel settore agricolo forestale. Sono stati finanziati progetti di innovazione, ricerca e diversificazione produttiva, salvaguardia ambientale, qualità delle produzioni per oltre 4 milioni e 452 mila euro dal ’99 ad oggi.
Si è parlato dei rapporti tra acqua e pesca: “Non è vero che lo sforzo di pesca sia in diminuzione − ha spiegato Alessandro Giannì, di Greenpeace Italia − Le aree protette in Toscana sono troppo piccole e poco protette, dovrebbero essere collegate in rete e affiancate da un piano di gestione della fascia costiera”. Di salvaguardia dell’ambiente marino (Fabrizio Serena, responsabile Area Mare dell’Arpat) dello sfruttamento irrazionale del mare, “a cominciare dal trasferimento di aree industriali, come nel caso del nuovo rigassificatore” (Giannì), del continuo afflusso di rifiuti in mare, con il conseguente crollo della produzione ittica e dei posti di lavoro (oltre 16 mila in meno dal 2000 al 2006, secondo Greenpeace).
Della coltura di spigole e orate, che costituisce al momento la gran parte della produzione, ma anche delle ostriche (Massimo Guerrieri, Acquacoltura ostriche – Orbetello); del progetto in atto per la coltura del polpo (Francesco Lenzi, Maricoltura Rosignano Solvay), che comincia a dare i primi incoraggianti risultati ed è ormai vicino al pieno ciclo di produzione. Ma anche delle necessarie autorizzazioni e infrastrutture (Marco Gilmozzi, rappresentante Api regionale) che si richiedono alle istituzioni.
Fino alla proposta di un “accordo di programma per la pesca e l’acquacoltura in Toscana” (Guerrieri).
La consigliera regionale Monica Sgherri ha preso atto “di una carenza di attenzione della commissione Ambiente e territorio che qui rappresento. Abbiamo concentrato l’attenzione e sviluppato un importante lavoro, ma principalmente ‘a terra’, su parchi e riserve. E invece è necessario un impegno altrettanto ampio e approfondito sull’uso del mare, che non può essere assimilato ad un’area industriale; sul rigassificatore, per il quale non è stata fatta una riflessione adeguata; sull’ampliamento delle aree marine protette; su cosa e come si produce in mare, privilegiando i molluschi e le attività a filiera corta, con garanzie e informazione per l’alimentazione i consumatori; sulla omogeneizzazione delle licenze”.
L’attenzione richiesta “sta già in gran parte negli atti di programmazione della Regione. Si tratta di spendere le risorse disponibili e spenderle bene, assicurare la conservazione dell’ambiente marino e l’armonizzazione delle attività”, ha spiegato l’assessore regionale alle politiche per il mare, Giuseppe Bertolucci, che ha rinviato al 22 dicembre, “quando la Giunta regionale approverà definitivamente l’Agenda del mare” e ha ricordato “la sburocratizzazione avviata con il processo di delegificazione”.
La tavola rotonda è stata condotta da Piero Meucci, direttore dell’Agenzia per l’informazione del Consiglio regionale. Per il comune di Viareggio, ha portato i saluti il vicesindaco Alberto Benincasa.