Firenze, 19 ottobre 2006- Pesci ornamentali per impreziosire gli acquari domestici di tutta Italia dall’impianto di acquacoltura di Castelnuovo Val di Cecina (Pisa). E le potenzialità e le ricadute sul territorio e sull’occupazione potrebbero essere molto maggiori. Presentati i risultati di un progetto di ricerca, avviato tramite bando nel 2003, finanziato dall’Arsia, e condotto dall’Università di Firenze, realizzato nell’ambito dell’incubatore rurale dell’alta Val di Cecina. L’iniziativa, che si è svolta a Castelnuovo Val di Cecina, e organizzata da Sviluppo Italia Toscana e Arsia, ha visto la partecipazione oltre a rappresentanti di enti locali, del vicepresidente della Regione Toscana, Federico Gelli, che ha sottolineato “la fondamentale importanza di favorire esempi simili di sviluppo rurale” e il sostegno agli enti competenti per territorio.
In Val di Cecina, preso l’Azienda Guppy Italia, si producono attualmente 120-150mila pezzi all’anno (prezzo medio di 1 euro a pezzo, all’ingrosso), ma quando l’impianto sarà a regime si arriverà a 300mila unità.
Si tratta di poecilidi (“guppy”), e ciprinidi, in particolare il “barbus conchonius” e “barbus tetrazona”. Questa economia potrebbe decollare ulteriormente proprio grazie alle potenzialità dell’incubatore rurale, l’unico in Toscana. Un progetto di sviluppo rurale che nasce nella prospettiva di una concreta collaborazione tra enti, associazioni ed istituzioni provinciali e regionali, e in cui rivestono un interesse particolare alcuni progetti di ricerca promossi e finanziati da Arsia, finalizzati a risolvere le problematiche tecniche e tecnologiche che trovano sul territorio della Val di Cecina valide possibilità di applicazione e ricadute nei settori strategici per l’agricoltura locale.
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E’ necessario recuperare una dimensione rurale, in un territorio a vocazione industriale, evidenziandone le peculiarità, facendo animazione territoriale, sfruttando i finanziamenti possibili attuali e futuri, per favorire ulteriori forme di occupazione e di economia>>. Il “Progetto di ricerca per lo sviluppo dell’acquacoltura di specie ornamentali” (costo complessivo di 220mila euro, di cui oltre 170mila a carico dell’Arsia) ha risposto pienamente agli obiettivi, ovvero favorire la ricerca e lo sviluppo nel campo dell’innovazione tecnica e tecnologica dell’acquacoltura, in particolare per le specie ornamentali da acquario.
Progetto che è stato sviluppato in tre fasi. La prima fase del progetto (2003) ha individuato ed arginato la malattia colonnare che porta alla alta mortalità (70% prima del progetto), delle specie interessate. La seconda fase che si è svolta fra il 2004 e 2005, è stata dedicata alla produzione di integratori di mangimi a base planctonica per la dieta delle specie ornamentali: in questo caso l’utilizzo delle biomasse (alghe) si è rivelato un metodo efficace per migliorare la pigmentazione delle varietà pregiate di pesci ornamentali.
La terza fase del progetto si è quindi interessata alla riproduzione e all’allevamento di due generi utili al settore dell’acquariologia ornamentale (Barbus e Apistogramma, di provenienza sud-est asiatico). Interessanti i risultati che hanno portato al miglioramento della capacità riproduttiva con l’aumento del numero di femmine rispetto ai maschi per “ripartire” meglio l’aggressività dei maschi; inoltre ha portato ad utilizzare gabbie di riproduzione, definite “genetici”. Quindi sono state migliorate le capacità di allevamento per ottenere una taglia commerciale con tempi idonei di accrescimento, definendo la densità ottimale dei pesci e individuando la giusta alimentazione.
Nell’occasione è stato presentato un nuovo progetto, partito nel 2006, finanziato dall’Arsia, in collaborazione con gli enti locali, promosso da Sviluppo Italia, e da un’impresa locale (la Chimica Larderello), con la consulenza scientifica dell’Università di Pisa, che riguarda l’impiego “dell’ottoborato di potassio” (come fertilizzante fogliare), al fine di migliorare la produzione olivicola, le cui ricadute non hanno solo una dimensione locale, ma utilizzabile in tutti i terreni olivati che presentano carenze di boro, e quindi con ripercussioni sulla produzione.