Gorgona– “Quella dell’isola di Gorgona è una delle esperienze di alto livello da valorizzare e questo è uno dei motivi per cui oggi siamo venuti qui, nella consapevolezza che ci sono delle problematiche da affrontare e superare. Alla politica, però, spetta la risoluzione di alcuni problemi, come ad esempio l’incremento dell’agricoltura, dell’allevamento o dell’acquacoltura, lo sviluppo della produzione di energia da biomasse o del fotovoltaico attraverso l’utilizzo della superficie dei tetti delle strutture carcerarie.
Per il resto, purtroppo, noi come Consiglio regionale possiamo solo sollecitare livelli più alti”. Il presidente della commissione Agricoltura, Aldo Manetti del Prc, ha concluso così l’incontro che si è svolto al termine della visita che la sua commissione ha fatto oggi all’isola di Gorgona, la più piccola e settentrionale delle isole dell’arcipelago toscano, dove esiste una colonia penale ad indirizzo agro-zootecnico fin dal 1869 e che dal 1998 fa parte del Parco nazionale dell’arcipelago toscano.
“Nostra intenzione è anche quella di avviare un confronto con gli Enti locali del territorio perché siamo fra l’altro convinti che quello che viene fatto qui può esser fatto pure in altre isole dell’arcipelago”, ha precisato Manetti. Che ha aggiunto: “Vogliamo inoltre capire cosa è possibile fare nei confronti dei detenuti in modo da dare piena attuazione all’articolo 27 della Costituzione che prevede il vero recupero dei carcerati e non la loro repressione. Di certo, dopo aver cominciato a lavorare fattivamente, torneremo a Gorgona per non abbassare il livello dell’attenzione e per agire da stimolo per quello che può essere un progetto pilota sotto molteplici punti di vista”.
Assieme al presidente Manetti, hanno partecipato alla visita all’isola di Gorgona il vicepresidente della commissione, Virgilio Simonti del Pd, ed i consiglieri Nicola Danti e Mauro Ricci sempre del Pd ed Angela Notaro di An-Pdl. “Avendo tanti anni fa partecipato, allora da amministratore locale, all’avvio del progetto Gorgona, oggi devo complimentarmi per i grandi passi in avanti che sono stati fatti”, ha affermato il vicepresidente Simonti. Il quale ha sottolineato: “Credo che sia necessario, oggi, ridare impulso e gambe al laboratorio Gorgona, che è un’isola carcere del tutto eccezionale e particolare, dove le attività lavorative legate alla terra e alla cura degli animali servono al recupero delle persone”.
L’isola di Gorgona si estende per poco più di 2 chilometri quadrati e il carcere che vi ha sede viene chiamato “la prigione buona” essendo una casa di reclusione agricola in cui i detenuti, in un regime di semilibertà controllata, lavorano i campi ed a progetti di acquacoltura o ricerca biologica. Attualmente nell’isola, oltre ha pochi residenti, vi sono una sessantina di detenuti e una cinquantina di guardie carcerarie, più educatori, personale sanitario e perfino un dipendente di Poste italiane che tiene aperto il piccolo ufficio postale dell’isola.
Da un punto di vista amministrativo, l’isola fa parte del territorio comunale di Livorno. Alla delegazione della commissione Agricoltura, dopo le strutture di riproduzione e di allevamento dei bovini, sono stati mostrati il frantoio, la cantina di produzione del vino e il caseificio. Ai consiglieri regionali è stato inoltre indicato il tratto di mare in cui esiste quella che può essere definita la prima struttura di acquacoltura al mondo nell’ambito di un carcere. In Gorgona, infatti, vengono allevate orate in apposite vasche, situate in mare aperto, che consentono a questi pesci di mantenere le medesime caratteristiche delle orate d’altura.
“Importante è far conoscere il nostro lavoro”, ha detto il direttore del carcere, Carlo Mazzerbo, accompagnato dal veterinario omeopata Marco Verdone e dal biologo specialista in acquacoltura Nicola Borgoni. “Scopo dell’amministrazione carceraria è quello di rilanciare l’isola e per far questo occorre che vi sia la sinergia di tutti, dalla Regione alla Provincia al Comune, perché tutti questi Enti assieme, con le loro diverse competenze, possono contribuire a sviluppare attività che sono sì produttive, e magari servono all’autosufficienza dell’isola, ma anche e soprattutto di recupero di esseri umani che hanno sbagliato ma che hanno anche il diritto a trovare la giusta modalità di reinserimento nella vita civile del nostro Paese”.
(mc)