Firenze– All’inizio del 2008 erano più di 275mila gli immigrati extracomunitari venuti in Toscana per lavoro. Secondo uno studio dell’Irpet (Toscana 2020), fra 15 anni toccheranno quota 400mila. E’ una realtà in tumultuoso sviluppo che contribuisce a cambiare sostanzialmente l’ambiente del lavoro, la suddivisione dei ruoli sociali, consolidando l’avvento di una società multiculturale. Di questa realtà si è parlato ieri sera alla libreria Edison di Firenze nel corso dell’incontro “Emersi, emergenti e sommersi”, organizzato dalla Fondazione Consiglio regionale della Toscana nel quadro delle manifestazioni della Festa della Toscana.
“Siamo importatori riluttanti, divisi fra bisogno e rifiuto, di manodopera immigrata - ha detto Maurizio Ambrosini, docente all’Università di Milano - perché l’economia chiede braccia e la politica cerca di chiudere le frontiere. Tuttavia la proposta di sospendere i decreti sui flussi significa di fatto impedire di mettere in regola chi è già qui”. In realtà, ha continuato, ciò di cui c’è bisogno è “regolazione e accompagnamento normativo”, così come è necessario riconoscere la componente politica della cittadinanza.
Al lavoro come “fattore di identità sociale”, si è riferita invece Franca Alacevich, preside della Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Firenze. La studiosa ha presentato i dati di una ricerca Eurostat secondo la quale per i cittadini europei il lavoro è il terzo fattore d’importanza (dopo la salute e l’amore), ma questo fattore è messo sempre più in discussione dalla mancanza di stabilità, dalle tipologie di lavoro precario, che “erode l’identità personale”. Anche il rapporto fra le culture sollecita la ridefinizione dell’identità personale: “Occorre - ha concluso - creare un luogo di reciproca conoscenza e comprensione, una rete sociale più stretta”.
La discussione, coordinata da Carlo Sorrentino dell’Università di Firenze, si è conclusa con l’intervento di Gelmino Ottaviani, l’operaio protagonista del libro “Cipolle e libertà” dal quale l’attore - scrittore Marco Paolini ha tratto uno dei suoi monologhi di “Teatro civile”, che ha riportato la sua esperienza diretta dei cambiamenti nel mondo del lavoro, nella fabbrica come luogo di crescita sociale e civile, dagli anni 50 ad oggi.
La manifestazione si è conclusa con un intervento di Fabiana Angiolini, presidente della Fondazione Consiglio regionale della Toscana, per la quale l’incontro di ieri è stata la prima di una serie di iniziative volte ad verificare in concreto con un approccio culturale qualificato valori e principi dello Statuto regionale. (red)