«Perché non pensare al Nobel per la pace per il popolo Rom e Sinti? Tutti noi abbiamo difetti, ma i difetti che possiamo imputare a questo popolo sono così poca cosa rispetto al loro merito straordinario di non aver mai organizzato e promosso una guerra…». È con questa proposta, che lui stesso definisce “provocatoria” che Moni Ovadia conclude i lavori della prima giornata del meeting di San Rossore, nel corso di una riflessione stimolata dal presidente Claudio Martini sugli spettri del razzismo ma anche sugli antidoti necessari a neutralizzare questi veleni.
Alla sua proposta, in ogni caso, l’artista che da anni sta lavorando al recupero della grande cultura yddish ha portato molti buoni argomenti: «Ai Rom si attribuiscono le stesse cose che un tempo si attribuivano a noi ebrei – ha ribadito – ma la cosa più importante è che sia un popolo pacifico. Riconoscere loro il Nobel sarebbe un inizio folgorante per rinnovare la nostra coscienza, e questo è importante, abbiamo bisogno di scavare dentro noi stessi e riconoscere le nostre atrocità.
Un uomo o un popolo è grande quando riconosce i suoi torti». Poche parole per condannare la volontà del governo di procedere al censimento dei minori Rom e di prendere loro le impronte: «Perché il governo non pensa di prendere le impronte ai mafiosi e ai camorristi? Forse perché ha paura dei veri criminali?». Poi la riflessione si è spostata sul mondo intero, dal quale non arrivano segnali tutt’altro che incoraggianti: «In realtà siamo messi male. Pare che il rispetto dell’altro funzioni solo laddove ci sono regole molto ferree, come in America, dove con il ‘politically correct’ siamo quasi arrivati all’evirazione del linguaggio piuttosto di non creare tensioni tra le comunità».
Anche per questo sono importanti gesti simbolici forti che segnino un’inversione e Moni Ovadia ha ricordato con particolare attenzione quanto è avvenuto in Canada qualche giorno fa: «In quel paese il primo ministro nel corso di un’enorme cerimonia pubblica ha chinato la testa e chiesto scusa per le brutalità commesse contro i nativi. Ecco, avremmo bisogno di gesti come questi in tutto il mondo» Ma cosa fare per combattere efficacemente contro il virus del razzismo, «virus che è stato addomesticato, ma non sconfitto, tanto che si può sempre risvegliare, soprattutto in momenti di gravi difficoltà»? Moni Ovadia non ha ricette semplici, anzi quello che indica è un percorso lungo: «C’è bisogno di un lavoro lungo, permanente, nel profondo, che parta dai bambini.
Un uomo è davvero immune dal rischio del razzismo quando ha fatto molta strada per rimettere in discussione se stesso. Purtroppo questo lavoro oggi non viene fatto». Ed è anche per questo che Moni Ovadia si congeda con una proposta che non sa più di “provocazione”: «Perché non trasmettere ogni sera, dopo i Tg, un programma di mezz’ora di cultura antirazzista?».
Domani, venerdì 11 a Firenze alle 18 in piazza dei Ciompi l'iniziativa organizzata dall'Arci "Prendete le nostre impronte", l'azione simbolica di solidarietà che vedrà numerosi cittadini porgere volontariamente le proprie mani per venire 'schedati', allo stesso modo in cui carabinieri e funzionari di polizia stanno già facendo nei campi Rom e Sinti italiani, censendo le comunità con metodo da regime.
Le nostre impronte verranno inviate al ministero dell'Interno, per contestare la decisione del Governo Italiano di prendere, per ora solo nelle aree metropolitane, le impronte dei bambini Rom e Sinti, colpevoli esclusivamente di appartenere a un'etnia e a una cultura 'diversa'.
La Regione Toscana e la Protezione Civile intendono mettere a disposizione della comunità rom sgomberata negli scorsi giorni dall’Osmannoro un campo di emergenza. Lo ha annunciato Marco Betti, assessore regionale alla protezione civile, dopo essere venuto a conoscenza dell’emergenza umanitaria vissuta dalle persone che vivevano nell’area Ex-Osmatex.
L’assessore ha comunicato al Prefetto di Firenze Andrea De Martino questa opportunità e resta in attesa di conoscere la disponibilità dei comuni dell’area fiorentina per definire un luogo dove installare il campo. “Nei giorni scorsi sono stato sollecitato da una rappresentanza degli abitanti del campo nomadi e da varie associazioni a trovare una soluzione alla grave situazione che si è creata con lo sgombero – ha detto Betti. Dopo aver inviato i miei collaboratori a verificare le attuali condizioni delle persone che in quel campo risiedevano, mi sono reso disponibile, congiuntamente alla dirigente regionale della Protezione Civile dr.ssa Cristina Francini, all’allestimento in via straordinaria di un campo che renda dignitose, e da un punto di vista igienico meno precarie, le condizioni di vita di queste persone.» L’assessore Betti ha poi concluso: «Ho comunicato personalmente al Prefetto di Firenze Andrea De Martino questa disponibilità.
Resto in attesa della disponibilità dei comuni interessati per la reperibilità di un’area che renda attuabile un nostro provvedimento, mi auguro in tempi brevi poiché si tratta di una reale emergenza».