Firenze, 3 luglio 2008- L’indagine congiunturale sul comparto pelletteria, elaborata da CNA Firenze sul primo semestre 2008, conferma i segnali negativi registrati a partire dalla prima metà del 2007.
La diminuzione di redditività non trova sollievo nemmeno nel lieve aumento di ordini e produzione. Il rapporto fra costi e ricavi è infatti significativamente peggiorato sia in termini di andamento semestrale (con un saldo sceso dal +6,35% del dicembre 2007 a – 12,90% del giugno 2008), sia sotto il profilo delle aspettative (da +38,10% a +22,58%).
Anche l’occupazione mostra segnali di cedimento nell’andamento semestrale (saldo sceso da +19,05% a -1,61%) e, ancor più importante, nelle variazioni percentuali effettive (occupazione diminuita dello 0,71%). E’ evidente dunque che la filiera stia versando in una situazione a dir poco drammatica. Le cause dell’inasprimento di una crisi che, nel distretto fiorentino, investe 2600 aziende (di cui 1600 italiane e 1000 gestite da cittadini cinesi) e 10mila addetti (6500 impiegati in aziende italiane, 3500 in imprese cinesi), sono probabilmente da ricercare nella politica “al ribasso” adottata dalla grandi griffe che, oltre ad imporre i prezzi per la realizzazione di un manufatto (circa 21,21 euro l’ora che si riducono a 12,72 euro per le aziende conto terzi di secondo e terzo livello) “delocalizzano parti dell’attività produttiva nei Paesi che praticano il dumping economico e sociale” spiega Luigi Nenci, direttore di CNA Firenze.
“Da tempo è in atto un cambiamento nelle strategie delle griffe, sempre più orientate verso la leadership di costo. Tutto ciò si riflette inesorabilmente a svantaggio dei contoterzisti che operano nella filera ai quali vengono assottigliati i margini di guadagno. Ad aggravare ulteriormente la situazione c’è poi il cosiddetto “stretching della marca”, il fenomeno che si verifica quando la griffe decide di allargare la gamma della propria produzione spaziando dai profumi agli occhiali, alla cosmesi etc, per il quale occorrono ingenti investimenti, sottratti all’attività principale del loro core business, ovvero la pelletteria.
La situazione è tale che, ormai, sia le aziende partner che i contoterzisti, non sono più in grado di fare investimenti in innovazione tecnologica, con il grosso rischio di vedere compromessa la loro permanenza sul mercato”.
In questo scenario di competizione basata solo sui prezzi, il pericolo maggiore è quello di vedere compromessa la qualità dei prodotti, con effetti irreparabili per la reputazione del brand fiorentino e toscano fortemente compromesso dal dilagare del fenomeno della contraffazione.
Per arrestare questo processo di destrutturazione del Made in Italy, occorre intervenire con attività mirate capaci di ridare slancio al settore. “Prima fra tutti – continua Nenci - è necessaria una politica di maggiori investimenti diretti sia da parte delle griffe sulle filiere, razionalizzando gli investimenti in pubblicità che oggi assorbono notoriamente la stragrande maggioranza delle risorse, sia creando le condizioni per incentivare altre importanti aziende leader nel settore ad impiegare risorse economiche sul nostro territorio”.
Inoltre occorre migliorare e riorganizzare il sistema formativo, essenziale per competere in qualità e ricostruire le motivazioni verso questo tipo di attività tra le nuove generazioni, rilanciando la cultura del lavoro attraverso una crescita delle retribuzioni. Tutto ciò è possibile agendo non sul costo aziendale ma sulla decontribuzione e sull’eliminazione graduale dell’IRAP nel Made il Italy. Da una stima approssimativa risulta infatti che le 1.600 imprese fiorentine del distretto pelletteria sopportano un onere per l’IRAP attorno ai 7 milioni di euro.
Questo la dice lunga sulle risorse che potrebbero essere liberate per investire in formazione ed innovazione.
La lista degli interventi avanzata da CNA Firenze a favore della tutela del prodotto locale è articolata e contempla: aggregazione fra imprese, realizzazione di maggiori sinergie tra le imprese partner (di primo livello) ed intensificazione della lotta alla contraffazione, sia attraverso la tracciabilità dei prodotti, sia rendendo più efficaci i controlli e l’azione repressiva nei confronti di questi fenomeni.
“In tal senso – conclude Nenci - i recenti provvedimenti del Ministro Maroni, che prevedono la distruzione sul posto della merce contraffatta, debbono trovare rapida e rigorosa applicazione nei nostri territori. Come pure bisogna intensificare l’azione per il rispetto delle norme di sicurezza. Bisogna istituire una vera e propria task force istituzionale che, dando priorità a questo obiettivo, aiuti il nostro Made in Italy a guarire da questa piaga che ne sta ormai compromettendo la sopravvivenza”.