Firenze, 5 giugno 2008– “L’economia fiorentina si consolida e reagisce positivamente alla sfida globale.” – Così sintetizza Luca Mantellassi, presidente della Camera di Commercio, l’analisi 2002-2006 dei bilanci delle società di capitale di Firenze e provincia, prodotta in collaborazione tra la cattedra di Analisi dei Bilanci dell’Università di Firenze e il Servizio Studi della Camera. “Che la micro-impresa sia più brillante della grande dimostra soltanto che c’è una generazione nuova di imprenditori, con gli anticorpi della globalizzazione nel sangue.” – aggiunge Mantellassi – “Occorre quindi uno sforzo congiunto del sistema produttivo, della finanza e della politica perché queste nuove micro-imprese si consolidino e raggiungano la loro dimensione ottimale.
Il prodotto e l’immagine ci sono, e si vede.”
Sono cresciute sensibilmente, nel corso del periodo osservato, le società di capitali fiorentine, a dimostrazione che, anche in provincia di Firenze, come nel resto del paese, gli imprenditori tendono a dotare le loro aziende di vesti giuridiche più strutturate necessarie ad affrontare le sfide organizzative e finanziarie che derivano dall’accresciuta competizione. Anche il 2006 conferma questa tendenza alla crescita con un incremento, rispetto all’anno precedente, del 3,5%, che su base quinquennale fa segnare un aumento di oltre il 24%.
I dati di bilancio segnalano, fra il 2005 e il 2006, una ripresa del fatturato, del valore aggiunto e della redditività.
Calano invece, in termini reali, gli investimenti, anche se la produttività aumenta, specie quella del lavoro. La struttura finanziaria si irrobustisce, nonostante cresca il peso degli oneri finanziari e delle imposte: il peso di quest’ultime è ormai vicino a due punti percentuali di fatturato. Conforta, comunque, che sempre più imprese chiudano il bilancio in utile: +2,8% rispetto al 2005 e +4,1% rispetto al 2002.
Da sottolineare che oltre il 28% delle società esaminate presenta risultati sopra la media regionale per quanto riguarda capacità di crescita ed efficienza economica.
Guardando alle dimensioni dei migliori, emerge che, tra le diverse classi dimensionali, le più brillanti sono le micro-aziende in grado di sostenere redditività e fatturato grazie alla capacità di intercettare i processi di esternalizzazione delle aziende maggiori, da un lato, e, dall’altro, alla flessibilità produttiva e alle strategie di nicchia perseguite; peggio, invece, si comportano le più grandi.
Ragionando in termini di macro-settori, servizi e industria sono ovviamente quelli che annoverano il maggior numero di imprese, con l’industria che fa registrare l’incremento più marcato nel passaggio dal 2005 al 2006.
Stazionaria, invece l’agricoltura, caratterizzata dall’assenza di imprese di medie dimensioni e da un costante incremento del numero di quelle micro. I dati di bilancio parlano di imprese agricole il cui andamento è analogo a quello rilevato a livello regionale: netto miglioramento di fatturato e valore aggiunto fino al 2004, stabilizzazione nel 2005, crescita in proporzione molto ridotta di entrambi, specie il valore aggiunto nel 2006. Peggiora, invece, la produttività mentre la redditività resta esigua.
Spicca solo una sostenuta capitalizzazione, necessaria per coprire un fabbisogno finanziario di lungo termine senza affossare con gli interessi passivi il conto economico. Interessi che, comunque, restano molto pesanti, vicini a quel fatidico 5% sul fatturato da molta pratica finanziaria ritenuto una soglia di rischio. Resta, comunque, il fatto che l’agricoltura contribuisce solo in piccola parte all’economia toscana, generando meno del 2% del valore aggiunto regionale. Proprio guardando al valore aggiunto complessivo si conferma la centralità dell’industria per la nostra provincia.
Una centralità accompagnata da buoni risultati. Buoni sul piano del fatturato e soprattutto del valore aggiunto. Bene anche la redditività degli investimenti e delle vendite e la produttività. Decisamente più debole, invece, la struttura finanziaria, come del resto accade a livello regionale. Comunque, guardando alla media provinciale, sia sul piano della crescita che della redditività, oltre il 30% delle imprese industriali fiorentine fa meglio della media. E se guardiamo dentro a questo gruppo di migliori scopriamo che il ruolo trainante è svolto dalla piccola e piccolissima dimensione.
All’interno dell’aggregato industriale, si muovono settori e comparti che ottengono risultati molto diversi fra loro.
Un solo settore patisce chiare difficoltà lontano dagli altri sia sul piano della crescita che dei rendimenti: il settore dei servizi di pubblica utilità. A faticare, comunque, sono in molti: legno e mobili, lavorazione minerali, chimica e alimentare mediamente crescono meno della media e con margini più bassi. Si difendono carta ed editoria. Bene, invece, il meccanico, da sempre un punto forte del territorio, ma anche trattamento metalli, estrazione dei minerali, costruzioni e manifatturiero.
Buone notizie vengono anche dal sistema moda, da anni alla ricerca di un modello di business che gli consenta di contrastare una competizione sempre più accesa: la crescita e i margini sono superiori alla mediana regionale.
Anche se il divario con l’industria in termini di valore aggiunto è di quasi 10% percentuali, in termini di prestazioni i servizi non sono poi così lontani. Il quadro, nel complesso, è positivo, in linea con la mediana regionale per quanto riguarda crescita del fatturato e del valore aggiunto e meglio della media regionale in termini di produttività del lavoro e grado di capitalizzazione.
Rispetto alla media provinciale, circa il 30% delle imprese di servizi fiorentine ottiene prestazioni brillanti. Questa pattuglia di imprese di successo è capeggiata da aziende di piccola e piccolissima dimensione, mentre perdono terreno quelle più grandi.
Guardando ai singoli settori, si conferma la vocazione turistico-ricettiva della provincia con alberghi e ristoranti collocati nel quadrante migliore insieme ai trasporti. Come a livello regionale, ambigua è, invece, la posizione del commercio: in crescita quello all’ingrosso anche se riduce i margini rispetto al 2005, in arretramento quello al dettaglio.
Peggio fanno solo l’immobiliare e il commercio di autoveicoli, due settori molto ciclici e quindi sensibili ai raffreddamenti dell’economia in generale. Troppo arroccati nel quadrante conservativo appaiono, infine, i servizi a maggiore contenuto tecnologico e più alto valore aggiunto: informatica e ricerca. Il dato non è incoraggiante, tenuto conto che lo sviluppo di queste attività costituisce il necessario presupposto e supporto per lo sviluppo di un sistema produttivo evoluto, capace di sostenere le nuove forme di competizione.