Firenze, 13.03.08 - Quando nel 1960 le piazze d’Italia bollivano per le incipienti rivolte delle masse di sinistra, i dirigenti socialisti fiorentini si distinsero per aver intimato al prefetto della loro città di ritirare le forze dell’ordine come condizione unica affinché loro stessi contribuissero in maniera decisiva a tenere gli animi quieti. Fu l’onorevole Lelio Lagorio, allora vicesegretario della federazione provinciale fiorentina del PSI, a imporre al prefetto Arnaldo Adami il diktat, permettendo lo svolgimento delle manifestazioni dei vari partiti – coordinati dal PSI – contro il governo Ferdinando Tambroni, costituito con il sostegno del MSI.
Al primo ministro, costretto alle dimissioni, sarebbe presto succeduto Amintore Fanfani. È uno dei molti episodi determinanti per la storia politica italiana testimoniati con dovizia dallo stesso Lelio Lagorio nel nuovo libro Il socialismo fiorentino dalla Liberazione alla crisi dei partiti 1944-1994 (pp. 204, euro 16) curato per Polistampa da Luigi Lotti, con prefazione di Riccardo Nencini e scritti di Donatella Cherubini e Massimo Nardini. «C’era già stato qualche tafferuglio nelle vie del centro – ricorda Lagorio – la forza pubblica aveva caricato la folla, usato i gas, sparato qualche colpo.
Anche noi eravamo in piazza. Allora la “convenzione democratica” chiese di incontrare il prefetto. Il nostro segretario Mariotti era a Roma al Senato convocato in seduta permanente, fu quindi dato a me l’incarico di esporre al prefetto le nostre ragioni. Mi pesava ma gli detti l’ultimatum: “Lei non dia ascolto al governo, lasci la forza pubblica in caserma, noi garantiamo l’ordine in città”. Adami, che conoscevo e stimavo come eccellente commis d’état (uomo di Stato, n.d.r.), mi guardò sbalordito.
“Devo sentire Roma” mi disse. “No, replicai, lei deve decidere qui. Le do dieci minuti”. Adami aderì, la manifestazione si svolse con calma. [...] Protestammo per quella specie di stato d’assedio che s’era visto in altre città e chiedemmo il ritiro del governo. Tambroni qualche ora dopo dette le dimissioni. Alla testa del governo lo sostituì Amintore Fanfani con un ministero di tregua. Si sapeva che Fanfani aveva già maturato l’idea che l’incontro DC-PSI era la soluzione da perseguire per il bene del Paese».
Prima e unica ricostruzione della storia del socialismo fiorentino dalla Liberazione alla fine del Novecento, il volume non è una storia locale. La vita politica a Firenze infatti fu costantemente intrecciata al quadro delle vicende nazionali e regionali. Ne scaturisce un affresco ampio e significativo della lotta in Italia e a Firenze e del ruolo spesso decisivo del Partito socialista. In un microcosmo nevralgico come quello fiorentino, dove nel primo cinquantennio repubblicano si affrontarono le più agguerrite forze politiche, culturali e ideali della nazione, il Partito socialista con i suoi meriti, difficoltà ed errori – presentati nel libro senza remore e preconcetti – anticipò spesso o accentuò le principali scelte della drammatica storia socialista in Italia.
Nell’incontro di Villa Arrivabene, piazza Alberti 1a, ore 21,15, al centro dell’analisi ci sarà “Giorgio La Pira e le sue epistole ai potenti”.
L’uomo politico e amministratore cattolico - il sindaco “santo” - che guidò la città in due diversi periodi, dal 1951 al 1958 e dal 1961 al 1965, viene raccontato in un video curato dal compianto Giovanni Errera per la regia di Piero Mechini. Partecipa Lapo Pistelli, europarlamentare, presiede Leonardo Ventura, vicepresidente del Quartiere 2. Giorgio La Pira nasce a Pozzallo, in provincia di Ragusa, il 9 gennaio 1904. Docente di diritto romano all’Università di Firenze, sino dagli anni ’30 si impegna a fondo nell’Azione Cattolica.
Dopo la guerra viene eletto alla Costituente dove fa parte della Commissione dei 75, incaricata di redigere i principi fondamentali della nuova Carta costituzionale. Nel 1951 diviene sindaco di Firenze, carica che manterrà quasi ininterrottamente fino al 1965. Di lui si ricordano alcune memorabili iniziative di carattere politico e sociale, in particolare la strenua difesa dell’occupazione per gli allora duemila operai della Pignone. E’ il sindaco che conferisce un nuovo respiro internazionale a Firenze, sia attraverso convegni per la pace e l’amicizia sia stabilendo contatti con moltissimi esponenti politici di tutti paesi.
Celebri l’incontro dei sindaci delle capitali del mondo del 1955, il suo discorso in favore della distensione e del disarmo a Mosca del 1959, il colloquio ad Hanoi con Ho Chi Minh del 1965. Dopo il suo ritiro dalla vita pubblica, continua la corrispondenza epistolare con capi di stato e personalità di ogni continente. Muore a Firenze il 5 novembre 1977. E’ in corso la sua causa di beatificazione. Ingresso libero. Info, 0552767820/7828. (fp)