Il regista Massimo Castri si confronta con un classico della drammaturgia moderna e così parla del suo progetto: “I testi, che scelgo, ovviamente, corrispondono ad una mia poetica e ad una mia propensione per un ambito di testi teatrali di confine, testi, cioè, che si pongono e nascono dentro la crisi o il cambiamento di un mondo e cercano forme nuove per raccontare questo cambiamento.
Tre sorelle è il testo più bello e più duro di Cechov; un testo che parla di noi a distanza di un secolo in maniera sorprendente, e ci racconta in tutta la nostra incapacità di vivere il presente e di costruire il futuro; un testo che modifica l’immagine del cantore del crepuscolo della borghesia russa tardottocentesca e ci svela la complessità di un autore che espande la proprie radici molto lontano nell’accidentato territorio novecentesco con un atteggiamento disincantato e spietato nella sua lucidità, tanto da evocare il nichilismo di Beckett.”
In questo testo corale che presenta, nel corso dei quattro atti, quattro tranche de vie, quattro istantanee di vissuto quotidiano, segmenti di un’esistenza qualunque, si può leggere in profondità la rappresentazione di un’umanità che oscilla tra passato e futuro come tra due età dell’oro che non esistono.
Cechov, attraverso un realismo che si radicalizza, diventa cioè ipersignificante e simbolico, dipinge il ritratto freddo e ironico di una comunità inconsapevole in marcia verso il niente.