Firenze– Più del doppio delle foreste, ma un paesaggio più semplificato con meno biodiversità, e un rischio idrogeologico in aumento, specie per l’abbandono delle colture e dei terrazzamenti: questo ciò che emerge dal confronto fra il paesaggio toscano nell’800 e la situazione attuale, secondo uno studio dell’università di Firenze presentato oggi alla commissione Territorio e ambiente del Consiglio regionale della Toscana, presieduta da Erasmo D’Angelis. Alcuni dati. La forestazione cresce (si parla dell’83% in più dall’800 a oggi) e corrispondentemente diminuiscono sia i pascoli che, a partire dagli anni ’50 del ‘900, le colture.
Nell’ambito dell’agricoltura calano le colture promiscue (-66%), cresce la dimensione degli appezzamenti e cresce la monocoltura (ad esempio, i nuovi vigneti si estendono per il 45% su aree prima occupate da colture promiscue). Se è vero che aumentano i boschi, diminuiscono però i boschi storici. La tendenza generale è quella di una riduzione della diversità negli usi del suolo. “La storia del paesaggio non riguarda solo il verde, riguarda cambiamenti sociali, migrazioni, trasformazioni profonde – commenta il presidente D’Angelis (Pd) – Per questo il paesaggio dev’essere parte integrante del nostro modello di sviluppo ed è in questo senso che dobbiamo andare, in primo luogo con l’esame e l’approvazione del Codice del Paesaggio che impegnerà la commissione nei prossimi mesi”.
“Uno studio importante, che contiene aspetti e suggerimenti da valutare con attenzione in vista dei prossimi appuntamenti, non solo il Codice del Paesaggio ma anche il piano del Parco della Maremma e quello delle Alpi Apuane”: questo il giudizio del vicepresidente della commissione, Andrea Agresti (An). Per Mario Lupi (Verdi), “la valorizzazione del paesaggio riguarda non solo la tutela ambientale ma anche i ritorni economici”; fra le iniziative da sostenere Lupi ha citato in particolare la Via Francigena.
I contenuti del progetto sono stati illustrati da Mauro Agnoletti (Facoltà di Agraria dell’Università di Firenze), coordinatore scientifico. Lo studio prende in considerazione 14 aree significative in tutti i territori della regione, confrontando la situazione in tre momenti storici: 1832, 1954, 2000. “Un progetto che vorremmo estendere e rendere permanente: diventerebbe così anche uno strumento per la verifica dell’efficacia delle politiche. Un sistema del genere non c’è in nessun Paese europeo”, ha affermato.
Per Agnoletti, “il paesaggio va inserito negli strumenti di programmazione e nella legislazione regionale, dal Codice del Paesaggio al Piano di sviluppo rurale”. (ab)