Dopo Collodi e la sua città natale Firenze, la finestra di Nove da Firenze si spalanca su un autore nato in Abruzzo ma che ha avuto in Firenze parte della sua consacrazione. Mi riferisco a Gabriele D'Annunzio che nel clima decadente della civiltà occidentale tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, si muove su due filoni. Continuare, a suo modo, la tradizione legata al realismo naturalista, soprattutto nelle Novelle di Pescara e in Terra vergine, per poi aprirsi, il primo, al rinnovamento europeo che viene dalla Francia e dalla Germania e di cui presto diventerà lui stesso, l'emblema in Italia.
Nato nel 1863, esteta per eccellenza esaltando la condizione borghese, D'Annunzio ha indubbiamente radici toscane.
Studia infatti le scuole medie al Cicognini di Prato, il celebre collegio gesuita, che forgerà altri scrittori, tra gli altri Malaparte e Landolfi. A Prato Gabriele vi arriva undicenne, e comincerà a studiare i classici, intoscanendosi volutamente nella lingua, ciò che gli consentirà in seguito di sentirsi più sicuro nello scrivere certe inflessioni dialettali.
E dopo il primo libro di poesie pubblicato con i denari del padre (Primo vere), giovanissimo diciottenne, si trasferisce a Roma iscrivendosi a Lettere.
Andrà poco in facoltà, interessato ad imporsi subito come giornalista nell'ambiente romano. La sua geniale vocazione di scrittore gli permetterà di farsi conoscere in quell'ambiente culturale e mondano. Sarà un periodo di intense letture (i simbolisti, i russi, soprattutto, John Keats, insomma, molta letteratura straniera) che gli permettono di divenire ben presto il letterato alla moda, ma anche l'interprete italiano del rinnovamento europeo.
Nel frattempo si sposa con la nobile Maria Hardouin di Gallese che lo introduce nei salotti della Roma che conta.
Nel 1889 pubblica Il piacere, romanzo che meglio saprà esprimere il suo estetismo. Stufo di Roma, decide di trasferirsi a Napoli dove inizia relazioni con altre donne, Barbara Leoni e Maria Gravina, in testa. Durante un viaggio a Venezia conoscerà l'attrice, stella del tempo, Eleonora Duse di quattro anni più anizana, e opta su due piedi di seguirla a Firenze dove la Duse vive in collina, appena prima di Settignano nella villetta denominata Porziuncola, che ancora oggi esiste. Ricca, bella, immersa tra gli olivi della quieta Settignano, D'Annunzio ravvisa subito nella Duse la donna che potrà consentirgli di fare il salto finale verso la notorietà internazionale, che la Duse già aveva.
Inizia così, nel 1900, l'avventura dannunziana sulle colline fiorentine.
Andrà ad abitare in villa, la famosa Capponcina, (che apparteneva al marchese Capponi) a qualche metro dalla residenza di Eleonora Duse. Tra arredi lussuosissimi, servitù, e animali di varie specie, cavalli compresi, trasforma ben presto la villa nella meson de l'artiste, a sua immagine e somiglianza, come dirà lui vivendo “circondato da cose superflue ma necessarie quando lavoro”. Saranno infatti anni di intenso e proficuo lavoro quelli fiorentin. La terra toscana respirata come un signore del Rinascimento porterà l'ispirazione per compiere il capolavoro poetico che consegnerà D'Annunzio ai posteri: Le Laudi.
Accanto alla Duse, D'Annunzio produrrà molto anche a livello teatrale. Tuttavia, nel 1904, rompe con l'attrice iniziando altre relazioni fiorentine: la marchesa Rudinì e poi la contessa Mancini. Intanto alla Capponcina si esagera: da cinque i servitori passano numericamente a ventuno; i cavalli diventano nove, e ai quattro cani se ne aggiungono trentacinque. D'Annunzio vive al di sopra, molto al di sopra, delle sue possibilità e comincia a chiedere anticipi agli editori. Dalla villa si muove poco, e legge molto, soprattutto i francesi.
Dalla Marucelliana partono pacchetti di libri ordinati dal Vate con piccoli bigliettini diretti alla Biblioteca, che subito esegue gli ordini. In villa cominciano a presentersi diversi creditori dell'artista, il quale si appresta a preparare la fuga francese. Là, in Francia, già autore noto, riesce a trasformare una vera e propria fuga dai debiti in un'accoglienza trionfale. Soggiornerà a Parigi e ad Arcachon, nella baia. Intanto, in Italia gli vengono sequestrati i diritti d'autore e messi all'asta gli arredi della Capponcina.
Finisce così l'avventura fiorentina di uno dei maggiori poeti della nostra letteratura. Inutile raccontare il resto degli anni dannunziani, i rapporti col fascismo che ne farà un emblema. Va solo precisato che D'Annunzio non aveva un gran rapporto con Mussolini, checché se ne dica... Il dittatore ha cercato, e in parte ci è riuscito, a manipolare e adoperare D'Annunzio, relegandolo poi, ormai vecchio al Vittoriale, dove morirà nel 1938, senza assistere alla seconda guerra. Morirà solo e inquieto circondato da marziali cimeli.
A noi interessano gli anni fiorentini.
Le Laudi, meravigliose liriche sulla campagna Toscana, sulla Versilia. Il corso dell'Affrico, ora sepolto... Una poesia che diviene musica della memoria e musica dei sensi, continuando a offrire a ogni lettura attenta, sensazioni corporee nelle visioni del meraviglioso paesaggio toscano.
Francesco Luti