Oasi del WWF: per misurare i cambiamenti climatici una rete di monitoraggio nelle aree protette

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
11 settembre 2007 18:52
Oasi del WWF: per misurare i cambiamenti climatici una rete di monitoraggio nelle aree protette

I cambiamenti climatici stanno provocando forti impatti sul territorio e il conseguente aumento della temperatura favorisce l’arrivo di specie animali e vegetali legate a climi più meridionali. “Le Oasi del WWF sono termometri perfetti per misurare e osservare le profonde trasformazioni che i nostri ecosistemi subiscono a causa del riscaldamento del mare e dell’atmosfera – sostiene Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia – Attraverso la rete di monitoraggio in queste porzioni di natura protetta stiamo osservando in maniera diretta e continua i cambiamenti del clima nel nostro Paese.

Sempre più le Oasi iventeranno un osservatorio sistematico degli impatti dei cambiamenti climatici e un luogo di sperimentazione di progetti di adattamento. Questo anche per offrire un patrimonio di conoscenze che consenta di adottare al più presto un Piano di adattamento al cambiamento climatico per l’Italia, in un quadro nazionale. Impegno che il Governo potrebbe concretamente prendere già in occasione della Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici che si terrà domani e dopodomani a Roma”.

ZONE UMIDE
Legata alle scarse precipitazioni è la situazione di molte zone umide.

Come nel caso dell’Oasi WWF di Persano (Salerno). Durante la stagione estiva il lago scompare e l’alveo del Sele si riduce ad un rigagnolo d’acqua. Sia i concessionari della diga a monte che a valle non riescono a captare l’acqua per cui hanno ottenuto le concessioni. Il problema si acuisce in seguito a periodi invernali di scarso innevamento. Per quanto riguarda il lago di Burano (Grosseto), l’aspetto più evidente è l’enorme riduzione del canneto negli ultimi 4/5 anni. L’ipotesi più accreditata è quella dell’ingresso del cuneo salino, con conseguente sofferenza per la vegetazione.

L’ingresso è sicuramente imputabile alla riduzione dell’acqua dolce della prima falda, dovuta essenzialmente alla riduzione delle piogge e alla sottrazione delle acque per scopo irriguo. A seguito di questa situazione anche altre piante, come le sughere, evidenziano uno stato di stress continuo, che aumenta il rischio di patologie.
Si è notato anche quest’anno, per la seconda volta, che le piante estremamente adattate a lunghi periodi siccitosi, come la smilace (lo stracciabraghe), stanno seccando completamente e altre, come la fillirea hanno una fruttificazione anticipata di almeno 1 mese.
Un altro problema è legato agli anfibi, che sempre più difficilmente trovano le zone d’acqua dolce per la riproduzione: non ci si riferisce ai rari stagni perenni, ma a quelle piccole o medie pozze stagionali, che una volta consentivano la riproduzione di rospo smeraldino, rospo comune, raganella e tritoni.

Queste piccole pozze tendono ad asciugarsi con uno o due mesi di anticipo, con la conseguente morte di tutti gli organismi, anfibi (non adulti) compresi. Per quanto riguarda gli uccelli, il dato significativo è la perdita dei nidi da parte dei cavalieri d’Italia: sempre a causa del prosciugamento precoce delle pozze d’acqua, molti cavalieri sono costretti a cercare soluzioni alternative e iniziare una covata di rimpiazzo, che spesso non va in porto.

ALPI
Non solo campanelli d'allarme, come si sa, anche sulle Alpi.

Nell'Oasi WWF di Valtrigona (Trento), il rio si è quasi completamente asciugato, fatto questo che probabilmente non era mai avvenuto in passato (dai ricordi di residenti locali). La portata del torrente che attraversa l'oasi si è sensibilmente ridotta ed anche il livello del laghetto di Agnelezza, dove si riproduce il tritone alpino, è visibilmente calato. Questo è dovuto alla scarsità di precipitazioni nevose registrate durante l'ultimo inverno che ha messo in crisi le falde acquifere. Anche alcune sporadiche piogge non hanno purtroppo compensato l’effetto negativo.

Sempre nell’oasi, la preoccupazione più grande è che il piccolo nucleo di pernice bianca presente, possa scomparire, così come rischia di avvenire in gran parte delle nostre Alpi.

FARFALLE
E’ il caso di alcune farfalle notturne (falene) africane che proprio in conseguenza del riscaldamento hanno ampliato naturalmente il loro areale: così negli ultimi anni, soprattutto lungo le coste tirreniche – dove si trovano molte Oasi WWF – la nostra fauna si è arricchita spontaneamente di circa una decina di specie nordafricane che continuano ad espandersi verso nord.

Esempi sono Morphopoliana languida, Spodoptera cilium e Pandesma robusta. A queste si devono aggiungere quelle che hanno un ampio areale e che quindi si spostano proprio in occasione di cambiamenti favorevoli, come nel caso del maggior caldo.

PESCI
E’ ben noto quello che sta avvenendo nei nostri mari, con la cosiddetta tropicalizzazione, cioè con l’arrivo di specie estranee alla fauna mediterranea. Un fenomeno che è stato verificato anche nelle acque che bagnano la spiaggia della Riserva di Burano con la maggiore frequenza di meduse, pesci serra, lucci di mare.

E anche nella Riserva marina di Miramare (Trieste), dove da qualche tempo si osserva la donzella (Coris julius), a distribuzione più meridionale. Di contro, la cosiddetta quercia marina, un’alga bruna (Fucus virsoides), più legata a temperature fredde, è in fortissima regressione. Di pochi giorni fa la notizia che una specie comune nelle acque di Sharm El Sheik in Mar Rosso e’ stata pescata nei pressi dell’Oasi WWF di Capo Rama. Si tratta di una Fistularia commersonii, detta anche pesce flauto o pesce trombetta.

Solitamente, si trova nelle acque poco profonde delle lagune tropicali, nuotando vicino alle barriere coralline, spesso in banchi, alla ricerca piccoli pesci e crostacei. E’ una specie migrante “lessepsiana”, ovvero una di quelle che dal Mar Rosso passano al Mediterraneo sfruttando il Canale di Suez. Non e’ la prima volta, quest’anno, che viene catturata nelle acque siciliane, cosi’ dicono i pescatori di Terrasini. E nel 2004 un esemplare e’ stato segnalato anche nel Mar Tirreno settentrionale.

UCCELLI
In generale anche molti uccelli tipici di climi e ambienti caldi e in particolare costieri, si stanno spostando verso l’alto: è il caso del gruccione, dell’upupa e anche della ghiandaia marina, in aumento o nuovi per l’ambiente montano appenninico.

QUERCE
L’aumento della temperatura sta creando seri problemi ad una delle più belle querce del nostro paese, la farnia: al nord il problema è diffuso, così come rilevato nella nostra Riserva Bosco WWF di Vanzago dove molti esemplari sono morti e altri rischiano la stessa fine.
Nella Riserva Statale degli Astroni (Napoli), negli ultimi anni si è riscontrato un incremento del numero e della consistenza delle frane.

Proseguono inoltre gli schianti di alberi d’alto fusto, in alcuni casi apparentemente integri e localizzati in aree pianeggianti.

“Il problema dei cambiamenti climatici deve stare al primo posto nell’agenda politica internazionale, nazionale e regionale. Dalla conferenza nazionale sul clima un messaggio anche alla Toscana: risparmio ed efficienza energetica e grandi investimenti sulle rinnovabili. L’allarme di Enel sul prossimo inverno “freddo e buio” e sul rischio black out anche nella nostra regione deve spingere tutto il sistema Toscana a velocizzare le scelte sul tema dell’ energia.

Occorre approvare con urgenza il nuovo Piano Energetico Regionale, eliminando le fragilità del nostro sistema energetico, dando più peso alle rinnovabili e alle diversificazioni delle fonti di energia, responsabilizzando i cittadini ma anche il sistema economico regionale”. Così Erasmo D’Angelis, Presidente della Commissione Territorio e Ambiente del Consiglio Regionale, interviene sul problema del clima impazzito alla vigilia della Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici che si terrà il 12 e il 13 settembre a Roma.
“Dalla conferenza nazionale sul clima – conclude D’Angelis - ci auguriamo che parta una nuova stagione che veda finalmente il nostro Paese allineato con l’Europa.

I cambiamenti climatici rappresentano la principale prova con cui la politica, soprattutto in Toscana, deve misurarsi, ed è un dibattito che interessa concretamente i cittadini che sono giustamente preoccupati di un clima impazzito che produce danni e devastazioni e che, come dimostrano tutte le proiezioni scientifiche, tra 50-70 anni metterà a rischio intere aree ed economie della Regione a partire dalle fasce costiere della Maremma e del pisano”.

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