Firenze, 18 luglio 2007- Ampio coinvolgimento degli enti locali, delle forze sociali, dei cittadini, progressiva integrazione fra gli aspetti sanitari e gli aspetti sociali nella programmazione, maturazione di buone pratiche utili per lo sviluppo di un modello definitivo: sono questi i più importanti punti di forza emersi nella sperimentazione delle Società della Salute. Fra le criticità invece, la disomogeneità delle diverse SdS, sia dal punto di vista temporale che per la tipologia operativa adottata, e processi programmatori di natura ancora troppo burocratica.
E' il giudizio complessivo nelle valutazioni della Consulta regionale per il processo di sperimentazione delle SdS. Dei risultati del monitoraggio ha parlato l'assessore regionale Enrico Rossi in commissione Sanità, in una seduta eccezionalmente aperta alla stampa. Positivo il giudizio del presidente della commissione, Fabio Roggiolani (Verdi), sia sugli esiti della sperimentazione che sul monitoraggio svolto. "Un lavoro straordinario - commenta - La chiarezza e l'analiticità del monitoraggio ci consentono per la prima volta di valutare compiutamente la situazione: la commissione e il Consiglio regionale sono stati stati messi in grado di svolgere al meglio le loro funzioni".
"Dal quadro delineato - continua - emerge che le SdS sono fondamentali per ridurre la distanza fra il sistema socio-sanitario e il territorio: sono molteplici i processi di partecipazione attiva che vengono messi in atto. Questo tema dovrà essere mantenuto al centro dell'attenzione nella messa a regime del sistema". "Lo studio dimostra in modo inequivocabile - chiude Roggiolani - che chi ha operato nelle SdS lo ha fatto senza percepire alcun emolumento aggiuntivo e che così sarà anche in futuro.
Moltiplicazione degli accessi: non moltiplicazione delle poltrone". Sul tema della partecipazione ha insistito anche l'assessore Rossi: "Il coinvolgimento delle realtà vitali del territorio è centrale nella definizione di un nuovo modello - ha affermato - Un sistema che sappia anche integrare di più la programmazione degli aspetti sanitari con la programmazione degli aspetti sociali, dei quali i Comuni sono i tradizionali depositari: un aspetto che le Società della Salute tendono positivamente ad implementare".
Rossi si è detto favorevole a istituzionalizzare "una sorta di assemblea dei presidenti delle SdS", per coinvolgere maggiormente il territorio nella programmazione, e alla presentazione in tempi brevi di una proposta di legge che tenga conto di queste prospettive. Rossella Angiolini (FI) ha auspicato una progressiva integrazione fra Piano Sanitario e Piano Integrato Sociale. Alessia Petraglia (Ds), infine, ha sottolineato l'importanza di lavorare per aumentare la condivisione e la partecipazione anche da parte del terzo settore.
“Inclassificabili e pertanto bocciate”.
Annamaria Celesti, vicepresidente della Commissione sanità in Consiglio regionale, dà il voto alle Società della salute al termine dei tre anni di sperimentazione. “I risultati emersi – precisa – sono talmente disomogenei dal punto di vista territoriale e temporale che non si prestano ad un bilancio di funzionalità. In parole più povere non si può dire se i servizi che sono stati forniti alle popolazioni delle 18 società sperimentate siano stati all’altezza dei bisogni e delle attese.
In compenso sono stati spesi oltre 2,5 milioni di euro”. “Il peggio è – sottolinea Annamaria Celesti – che non si riesce a sapere nemmeno quanta parte di questi finanziamenti siano andati alla fornitura di servizi e assistenza, né quanto, al contrario, all’alimentazione di una sovrastruttura nuova della quale non si sentiva certo il bisogno. Di certo c’è che la stessa Giunta ammette che i costi di funzionamento e dei compensi, quindi sostanzialmente dell’apparato burocratico, hanno costituito “l’impiego prioritario”.
“In questa situazione – conclude – non possiamo, come Forza Italia, che rilanciare la nostra proposta che si fonda sul mantenimento della zona distretto, investendo gli enti locali della responsabilità della tutela del diritto alla salute dei cittadini da svolgere attraverso la conferenza dei sindaci nel ruolo di programmazione, indirizzo e controllo dei servizi socio-sanitari, e affidando la gestione della Asl, al privato sociale, al privato convenzionato, a coloro che meglio sanno rispondere in termini di servizi di qualità, efficienza ed efficacia ai bisogni di salute”.
«Francamente dell’istituzionalizzazione preannunciata delle Società della Salute non se ne sentiva proprio il bisogno.
L’odierno annuncio dell’assessore Rossi in Commissione Sanità sul fatto che la giunta regionale è pronta per una proposta di legge istitutiva – a titolo definitivo e non più sperimentale – delle Sds intese come “elemento di articolazione sul territorio” e “come risposta sul ruolo che devono svolgere i comuni e la società civile” in ordine al socio-sanitario, appare del tutto forzato e improvvido». «Anche a voler accantonare le ammonizioni dell’assessore regionale al Sociale, Gianni Salvadori, ovvero che “le società della salute non devono diventare un carrozzone, ma rispondere alle esigenze dei cittadini” (6 marzo u.s.), o le pesanti accuse del segretario regionale dei Comunisti Italiani, Nino Frosini, di “pura demagogia” in ordine all’annunciare “il taglio di enti regionali e contemporaneamente consentire la nascita di nuove 34 Società della Salute il cui costo di gestione è quantificabile in oltre 30 milioni di euro” (4 maggio u.s.), siamo di fronte, ad oggi, a costi per milioni di euro per la sola costruzione dell’impalcatura dei diciotto consorti costituiti».
«In compenso le Sds continuano ad essere un oggetto misterioso, non solo per i cittadini delle aree in cui non vi è stata sperimentazione, ma anche per quelli delle zone direttamente interessate da quasi quattro anni della medesima. Né si vede quale vantaggio vi sia stato o possa esservi in futuro – con le Sds – per i cittadini in termini di risposte ai loro bisogni di salute, così come, quanto ai percorsi sulla definizione del Piano Integrato di Salute (Pis) e sulla definizione del profilo di salute, sarebbe fin troppo facile scoprire che sono stati sostanzialmente gli stessi sia per gli enti che non hanno fatto il percorso della sperimentazione che per quelli che lo hanno fatto».
«All’indomani della bella pensata in ordine alla “tassa sul nonno” – da far pagare ai contribuenti toscani anziché prevederne la doverosa copertura sociale attraverso una seria operazione di risparmio sulle spese – ci mancava anche questa ulteriore bella pensata».