(Firenze,7 dicembre) E’ un cinema di misurati sentimenti scevro da intellettualismi quello di Patrice Leconte che ritorna su un tema ,quale quello dell’amicizia, che aveva caratterizzato almeno due film importanti del maestro francese come “L’uomo che guardava i treni “ e “Tandem”. Nel suo ultimo film “Il mio migliore amico” il regista ci narra la vicenda di François ,un antiquario di successo, che scopre di avere molti conoscenti ma non un amico vero. Durante una cena per il suo compleanno, la sua socia gli fa notare che non ha un amico! La sua agenda piena d’incontri, appuntamenti e relazioni non basta a dimostrare di avere degli amici.
La sfida è lanciata: François avrà dieci giorni per presentare il suo migliore amico! Nel taxi di Bruno inizia a vagare per Parigi alla ricerca d’ex compagni di scuola, conoscenti, possibili amici, senza rendersi conto che, forse, proprio quel conducente di taxi potrebbe essere l’amico cercato. L’amicizia tra Bruno e François fa fatica ad imporsi in un percorso che viaggia in equilibrio tra la commedia e il dramma, non senza riflessioni agro-dolci sulla realtà contemporanea Benché il film scorra leggero e divertente, c’è sempre un sottile senso di disagio nel racconto delle storie dei personaggi.
Sembra che sotto tutta quella “leggerezza” ci sia , come un po’ in tutta la filmografia di Laconte , forse il dolore di vite incompiute. Il bello del cinema del regista francese sta proprio nel riuscire a dare significato a quelle esistenze riuscendo a renderle alla fine, in qualche modo “compiute”. Da segnalare la prova del protagonista Daniel Auteuil, vera e propria “icona” del cinema francese.
Alessandro Lazzeri