Pubblicata nel Quaderno 38 la ricerca curata da Marina D'Amato, indaga l'offerta di fantasia proposta da televisione, cinema, letteratura, radio, internet e videogiochi e la rappresentazione dell'infanzia nei media. Emergono nuove mitologie e si delinea l'identità dei giovanissimi di oggi.
E' ormai evidente che i mezzi di comunicazione di massa, con tecnologie tradizionali e più innovative, occupano un posto importante nella vita quotidiana dei giovani a partire fin dai primi anni di vita.
Basti pensare ai telefonini, proposti anche come giocattoli, all'onnipresenza della tv, al cinema, ai giochi elettronici o alla riproduzione musicale attraverso vari supporti.
Qualsiasi sia il marchingegno che i bambini si trovano di fronte, imparano alla svelta a trovare e usare il tasto "play", certo prima di aver imparato a leggere e scrivere e comunque precedendo gli adulti che hanno intorno.
I media sono dunque l'ambiente familiare dei ragazzi e dei bambini che vivono le nuove tecnologie sempre più per immersione, a differenza degli adulti che si pongono nei confronti dell'universo multimediale per astrazione.
Ma se i media diventano un'agenzia formativa al pari della famiglia e, forse, più importante della scuola, quanto incide sulla formazione dei ragazzi l'immaginario ormai globalizzato che viene loro proposto? Quali miti, quali valori, quali modelli di comportamento sono raccontati dagli eroi degli universi mediatici? Quali bambini, quali ragazzi sono rappresentati in questi mondi?
Il volume, che contiene vari contributi ed è curato da Marina D'Amato, presidente del Centro, presenta un'ampia panoramica del rapporto tra l'infanzia e media prendendo in considerazione i vari ambiti: radio, cinema, tv, stampa, telefonia, videogiochi, animazione, pubblicità, musica, internet.
Se i nuovi media non hanno fatto abbandonare i vecchi, ma si aggiungono ad essi, la televisione rimane il mezzo dominante, il più fruito dall'insieme dei bambini e degli adolescenti occidentali e, probabilmente, del mondo.
È per questo che nell'indagine il mezzo televisivo ha assunto una peculiarità. La ricerca si è posta un duplice obiettivo: analizzare la programmazione televisiva rivolta ai bambini e ai ragazzi, con l'intento di coglierne i miti, i valori e i modelli di comportamento, e mettere in evidenza come l'infanzia appare in tv.
Il volume fa riferimento allo scenario nazionale del rapporto infanzia e media supportato da dati statistici, nonché alla normativa italiana ed europea in merito attuale.
Se i ragazzi di oggi vivono e crescono conoscendo gli stessi miti, valori, modelli di comportamento e eroi frequentati da tutti i ragazzi del mondo, la globalizzazione dell'immaginario è il nuovo fenomeno capace di spiegare i trend dei mutamenti sociali in corso.
Una questione aperta e importante è allora quella della complementarietà dei ruoli di queste tecnologie con la famiglia e con la scuola, sia per l'apprendimento delle conoscenze, che per la trasmissione dei valori. Ciò presuppone la necessità di analizzare non solo gli effetti dei media sui giovani, ma soprattutto l'uso che fanno i giovani dei media. Bambini multimediali si pone in un'ottica positiva mediante la proposta operativa della media education, sia a livello nazionale che internazionale, evidenziando esempi di possibili buone prassi.
L'indagine sulla tv si muove dalle le ultime rilevazioni ISTAT che indicano nell'ultimo quinquennio una crescita del consumo televisivo passato dal 95.3% dei ragazzi tra i 3 ed i 17 anni che guardava la tv assiduamente, nel 2000, al 96.3%., nel 2005 .
Dall'osservazione dei palinsesti di sette reti televisive nazionali principali: Rai 1, Rai 2, Rai 3, Canale 5, Rete 4, Italia 1, La 7, emerge un immaginario così composto: cartoni animati (43%) e inserzioni pubblicitarie (33%) che superano di gran lunga il ruolo svolto da telefilm (9%), edutainment (3%), spettacoli di intrattenimento (3%), giochi (2%), di diversa origine: la programmazione è italiana per il 39%, statunitense per il 34%, giapponese per il 12% e quella europea è del 9%.
Le coproduzioni con l'estero sono in numero assai limitato (2%). La quotidianità delle avventure è l'elemento che più caratterizza le storie che così possono durare anni ma finire ogni volta con uno spot che ne costituisce la vera conclusione che si materializza con la proposta di vendita dell'eroe protagonista delle storie. Sono pochissimi i programmi che rimandano a epoche remote (6%) e sono ancora meno quelli ambientati nel futuro (3%). Nelle storie televisive il ceto dei protagonisti è soprattutto medio (53%) in analogia con quello della pubblicità e dei prodotti che essa veicola.
I valori "del cuore" superano quelli della ragione, e gli ambienti in cui si manifestano sono prevalentemente domestici 24%.
I bambini in tv abitano soprattutto la pubblicità. Tre le ragioni di questa sovrappopolata preferenza nei confronti dei più piccoli da parte della pubblicità : i bambini sono "immediati consumatori", sono "mediatori di consumi" in quanto inducono gli adulti all'acquisto, sono oggetto di grande attenzione da parte del marketing in quanto saranno futuri consumatori.
Presenti per pochi istanti in tv i bambini rappresentano l' "attimo fuggente", e seguendo le regole della pubblicità sono più evocati che visti, stanno a rappresentare gioia e autenticità, allegria e vitalità. La loro è più un'apparizione che un'esistenza. Nel 73% dei casi vivono in tv, infatti, per meno di un minuto e, soltanto nell'1% dei casi, appaiono per più di un'ora.
Il ruolo dei bambini più spesso proposto è quello di vittime.
L'infanzia televisiva più rappresentata è utile ad evocare sentimenti ed emozioni negli adulti piuttosto che acquisire attenzione per la sua soggettività e per la sua "normalità".