Si chiama “Look alike”, ed è il nuovo trend in fatto di concorrenza sleale applicata al mondo delle produzioni vinicole: un modo per eludere i vincoli che tutelano l’originalità delle etichette, da sempre punto di riferimento per gli acquirenti e “garanzia” della qualità del prodotto e dell’immagine delle aziende produttrici.
È infatti proprio dall’etichetta che un consumatore sceglie una bottiglia di vino piuttosto che un’altra, fidandosi e affidandosi ad un elemento che sempre più è diventato un importante strumento della politica di comunicazione aziendale.
Il fenomeno del “Look alike” si muove ai limiti della legalità.
Le etichette realizzate, infatti, sono molto simili a quelle delle bottiglie “famose” e creano per questo confusione e curiosità nel consumatore. Pur trovandosi di fronte ad un prodotto diverso, chi acquista cade “vittima” di un meccanismo di curiosità che lo induce comunque a provare.
Si viene quindi a creare un meccanismo che svilisce e danneggia l’immagine delle maggiori aziende produttrici e le risorse investite nel marketing e nella progettazione delle etichette.
“Ma in questo panorama di incertezza legislativa e scappatoie al limite della legalità si profila invece la possibilità per le aziende, che ogni anno registrano gravi danni alla loro immagine e a quella dei loro prodotti, di correre ai ripari – afferma l’avvocato Alessandro Tarducci, dello studio legale CNTTV di Firenze.
– Sono state infatti individuate delle sentenze, in ambito italiano e internazionale, che riconducono una tale pericolosa forma di illecito sotto le ipotesi disciplinate in Italia dall’art.2598 del Codice Civile”.
Una norma, questa, che individua come autore di “atti di concorrenza sleale chiunque si appropri di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente”.
“È quindi indispensabile oltre che possibile per le aziende combattere l'effetto distorsivo del “Look alike”- aggiunge l’avvocato Alessandro Tarducci.
- Un fenomeno pericoloso in grado di rendere fumosa la comunicazione aziendale, di pregiudicare reputazione e fiducia, ostacolando stabilità e fedeltà della clientela e, oserei dire, l’immagine stessa dell’Azienda vitivinicola”.