Firenze, 11 novembre 2005- Risulta così possibile il percorso pensato in Toscana che prevede d’importare il farmaco dall’estero senza passare attraverso le procedure previste per la sperimentazione.
Sulla vicenda intervengono i radicali Antonio Bacchi e Matteo Mecacci della Direzione nazionale di Radicali Italiani, e Marco Cecchi, presidente dell’associazione radicale LiberaPisa: "Quella che viene da Pontedera è una notizia che aspettavamo da tempo. Si chiude finalmente il cerchio di una iniziativa politica per l’introduzione dell’aborto farmacologico in Toscana che le associazioni radicali della nostra regione hanno portato avanti per 5 anni.
Va dato atto al dottor Srebot del coraggio che lo ha portato a superare la prudenza (che appare oggi piuttosto una forma di ritrosia) di molti colleghi degli altri ospedali. Allo stesso tempo, rivendichiamo quanto sia stata decisiva l’azione congiunta di Radicali e socialisti dello Sdi di questi ultimi mesi, grazie alla quale si sono superate le incertezze della Giunta fino ad arrivare al pieno sostegno dell’assessore alla sanità Enrico Rossi e al successo che oggi possiamo registrare. Ci auguriamo anche che finalmente il dibattito abbandoni il basso profilo assunto in queste settimane e finiscano i tentativi di mistificazione della realtà.
Ogni volta che si parla di Ru486 il fronte antiabortista tenta di riaprire il dibattito su “aborto sì, aborto no”, quando è del tutto evidente che non è di questo che si tratta, perché l’aborto in Italia è già legale. Siamo invece di fronte ad una alternativa farmacologica per consentire al medico di ricorrere al farmaco invece che all’intervento chirurgico se e quando lo ritiene più opportuno per la salute e l’interesse di quella paziente che ha di fronte, la quale, avendo già completato l’iter stabilito dalla legge, a quel punto abortirebbe comunque, pillola o non pillola.
Ci auguriamo in questo senso che sia d’esempio l’atteggiamento del dr. Berti, primario dell’ospedale fiorentino di Torregalli, che pur essendo obiettore di coscienza si è dichiarato pubblicamente a favore dell’introduzione della Ru486, perché comunque rappresenta una importante innovazione e un modo per limitare le sofferenze delle pazienti. Adesso non ci sono più pretesti. Occorre che subito anche gli altri ospedali della Toscana si adoperino per introdurre l’aborto farmacologico come tecnica alternativa all’intervento chirurgico, e che si rilanci l’iniziativa – anche da parte delle istituzioni regionali- per ottenere la registrazione del farmaco in Italia.
Così facendo, la Toscana assumerà un ruolo importante affiancando il Piemonte - già impegnato nella sperimentazione del farmaco abortivo – e divenendo un esempio per tutte le altre regioni d’Italia".