In quanto assessore regionale alla cultura nonché consorte del parlamentare Valdo Spini, l’architetto Mariella Zoppi ha della politica una visione a 360 gradi. La vive in proprio e per procura, totalizzante come professione pubblica e pervasiva nel privato. Oltretutto è figlia d’arte, nel senso che le donne della sua famiglia sono in politica da più generazioni. Sicché nessuna meglio di lei per raccontare l’esperienza appassionante e sconvolgente delle donne in parlamento, ultima conquista della formidabile riscossa femminile che in Occidente sta forse per toccar la vetta con la candidatura di Hillary Clinton alla presidenza degli Stati Uniti.
Ospite ieri del Rotary Club di Fiesole che con Ely Lilly Italia ha organizzato un ciclo di 11 conferenze sui multiformi aspetti della donna d’oggi, l’assessore Zoppi non fa mistero di aderire al progetto di riservare alle italiane una quota garantita nelle assemblee elettive.
Del resto, già lo si fa tranquillamente in Francia. “D’accordo”, dice, “può sembrare un ghetto”. Ma un ghetto con una funzione: far crescere nelle donne un’attitudine. Esattamente come quelle moderne società, dette incubator, che prendono per mano le aziende neonate e le assistono fin quando non sono in grado di far da sole sul mercato.
Serve dunque un ghetto incubatore perché, giura l’assessore, la politica è comunque un mestieraccio che sembra fatto apposta per tenere le donne a casa: “Senza regole, ipercompetitivo e soprattutto di tempi così lunghi da rasentare l’astrattezza.
Mentre alle donne, si sa, piace per istinto costruire, concretizzare, non fosse che per l’abitudine di mettere figli al mondo. E sempre al contrario dei maschi, più distaccati se non più cinici, le donne affrontano la politica con un coinvolgimento emotivo pieno”. In altre parole, ci credono. Un handicap.
Vogliamo ricordarne altri di handicap? I figli, la famiglia, l’aspetto fisico, l’indifferenza delle stesse donne che preferiscono votare i maschi. Un complesso di cose, secondo l’oratrice, che spiega perché le italiane in politica siano in fondo poche, benché presentissime in Tv e giornali.
Sono poche, 4 su 13, anche nel governo regionale di Toscana che pure, rispetto ad altre regioni, è stato di manica assai larga. “Scelta di vetrina? Scelta convinta? Me lo chiedo spesso”, confessa l’assessore, “C’è che in generale le donne in politica contano poco in ogni caso”.
Le ragioni? Eccole qui: “Accettate o subite, le donne sono diverse e contano poco perché cercano di imporre le loro regole. Purtroppo, quando si adeguano a quelle vigenti, cioè alle non regole, contano poco comunque.
La realtà è che in Italia i padroni del potere sono i vertici dei partiti dove le donne sono assenti. E’ la contraddizione che ci nega la possibilità di esprimerci”.
Oggi, per di più, un formidabile handicap esistenziale grava su tutti noi, donne comprese: “Sono anni complessi”, ricorda l’assessore, “anni di guerre che mai avrei creduto di dover vivere. Eventi che turbano le nostre cosciente e che rendono difficile schierarsi. Un tempo era chiaro dove stavano il bene e il male.
Oggi non più. Tutto è più dannatamente complicato ed è un peccato che la cultura del dubbio, l’unica per me possibile, sia perdente con chi ostenta incredibili certezze. Tornano anche polemiche antiche, si discute di nuovo di conquiste, divorzio e aborto, che parevano acquisite. Quanto alla prostituzione, è assurdo che la si pensi come un mestiere da regolamentare”.
Handicap su handicap. A non finire. Dunque rinunciare alla politica? “Neanche per idea”, dichiara l’assessore, “Per le donne equivarrebbe a chiudersi in un privato vuoto e frustrante.
Sarebbe una sconfitta che ci trascinerebbe indietro di millenni”.
“L’obiezione di coscienza alla legge sul divorzio chiesta dal Pontefice è una grave ingerenza negli affari dello stato -ha affermato oggi la senatrice Vittoria Franco (Commissione Istruzione e Cultura)- L'invito rivolto dal Pontefice agli operatori della giustizia perché pratichino l'obiezione di coscienza rispetto alla legge sul divorzio non può essere considerato soltanto come un legittimo richiamo ai valori religiosi.
È invece una grave ingerenza negli affari dello Stato italiano, un germe negativo che crea inutilmente conflitti in una materia che è entrata ormai a far parte delle relazioni civili accettate e condivise, e riporta l'Italia indietro di decenni, a quando vigevano la falsità e l'ipocrisia nei rapporti familiari e fra i coniugi.
La possibilità del divorzio è uno dei diritti civili fondamentali e ha rappresentato un progresso di civiltà, tanto che la legge è stata confermata da un referendum.
È dunque evidente che si tratta di un'istituzione voluta anche dal mondo cattolico più aperto e tollerante”.