Nominata come migliore autrice al Prix Jacques 2022, Milani — romana di Londra e Parigi — presenta all’Institut français «(Tout) ce qui (nous) reste», un brillante e romantico atto d’accusa contro la mediocrità sentimentale. Il tono è divertito e talvolta surreale, tra giochi di parole che evocano Georges Perec e interrogativi esistenziali scanditi da Satisfaction dei Rolling Stones o dal Nessun Dorma di Puccini.
Si parla di amore nella sua versione conosciuta da molti: appassionato e romantico e allo stesso tempo sfinito, amareggiato, sfibrato dai piccoli colpi della vita quotidiana che affliggono, come nella tortura della goccia d’acqua, i sogni dei giovani amanti.
Lei (Maria Stella Milani) e Lui (Cyrille Delemotte) si accorgono che l’amore degli inizi è ammaccato, non basta più, bisogna correre ai ripari. Invocano Eros, dio del Sesso, ma questi risponde di essere stato già molto generoso donando loro la fiamma dell’amore: avrebbero dovuto pensarci prima e impegnarsi a tenerla viva.
Lei e Lui provano allora a farsi aiutare da Thanatos, ma neanche il dio della Morte vuole intervenire: «Solo una storia d’amore davvero notevole merita di finire in tragedia». Disperati ma non rassegnati chiamano infine Cupido, il dio dell’Amore, che proverà a lanciare le sue frecce e magari e offrire loro la squarcio verso il futuro rappresentato da un bambino, ma – l’Amore è cieco – non è certo di centrare il bersaglio.
Il terzo attore, Matthieu Da Costa, bravo come i due protagonisti, interpreta i tre ruoli di Eros, Thanatos e Cupido mentre Alois Genestier è autore di una scenografia essenziale ed elegante, tra forno a microonde e luci della galassia.