Firenze– È un “sistema detentivo che genera disperazione e morte. Non si può più aspettare. 52 morti tra i detenuti, cinque tra gli agenti. Come si fa a non vedere o a far prevalere considerazioni politiche, tradotte in proposte di scarso respiro e di nessuna utilità, su un dramma umano di così grandi dimensioni?”. È un garante dei detenuti a metà tra il basito e lo sconcertato quello che interviene all’indomani dell’ennesimo suicidio in cella nel carcere fiorentino di Sollicciano.
Giuseppe Fanfani, che sulla struttura si è speso più e più volt dicendo che, “deve essere abbattuto e dismesso. Non risponde ad alcuno dei requisiti e delle finalità previste dalla Costituzione”, anche nell’ultima delle sue dichiarazioni non usa mezzi termini e afferma chiaramente: “a Sollicciano non c’è nulla che alimenti la speranza e quindi la vita dei detenuti. Manca l’acqua, c’è un caldo terribile, un sovraffollamento inaccettabile, insetti di ogni tipo, ma soprattutto mancano fabbriche interne, laboratori o servizi che insegnino un lavoro collegato con le aziende esterne e che diano la speranza per il futuro. Ma questo è un vizio diffuso in tutti i penitenziari perché manca una mentalità educata a dar attuazione all’articolo 27 della Costituzione. Come ho ribadito più volte andrebbe immediatamente chiuso”.
“L’ultima vittima, un ragazzo di 20 anni, si è impiccato nel peggior carcere della Toscana” prosegue il Garante della Toscana che sul sovraffollamento chiarisce ancora: “lo spazio ordinario e cosiddetto ‘normale’ è di tre metri quadri a persona, il che significa stare in cinque in una cella di 15 metri quadri. In queste condizioni il sistema detentivo porta alla disperazione e poi alla morte come scelta inevitabile per i più fragili”.
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“Sollicciano va chiuso perché è emblematico di questa summa di difetti ed inevitabilmente generatore di morte. Il ministro – prosegue Fanfani - lo deve chiudere perché altrimenti avrà sulla coscienza gli altri morti che verranno, per quanto noi si possa sperare il contrario”.
Un altro problema, di ordine generale, su cui interviene il Garante è la dimensione del carcere: “l’esperienza insegna che le strutture dove è possibile attuare il sistema di reinserimento, come sancito dalla Costituzione, sono quelle di piccole dimensioni, dove c’è un rapporto diretto con il personale, dove c’è un controllo sociale diffuso, dove c’è propensione alla solidarietà umana anche tra figure diverse. Questo mi porta a pregare il ministro e la politica di smettere di parlare a sproposito, di stracciarsi le vesti ad ogni occasione, di tacere e di metter mano a riforme strutturali che allontanino il pianto dalle nostre carceri. Dubito che saranno all’altezza di un compito così gravoso, ma non voglio abbandonare la speranza” conclude Fanfani.
L’Ordine delle professioni infermieristiche di Firenze e Pistoia esprime la propria vicinanza ai colleghi e alle colleghe che lavorano all’interno del carcere fiorentino di Sollicciano.
«Auspichiamo la massima attenzione delle autorità competenti perché gestiscano con sensibilità la situazione che da tempo é estremamente complessa - spiega il presidente di Opi Firenze Pistoia, David Nucci -. Sollecitiamo la massima tutela dei professionisti che operano nel carcere e delle persone che scontano una pena al suo interno e che devono sempre essere trattate con equità, rispetto dell’umana dignità e attenzione alle esigenze sanitarie e psicologiche».
Una richiesta di attenzione e di cambiamento delle condizioni carcerarie condivisa e sollecita da tempo anche dagli operatori presenti all’interno della struttura.
“La forte rivolta dei detenuti del carcere di Firenze dopo il suicidio di un giovanissimo - che ha fatto salire a 3 i morti per suicidio nelle carceri italiane in 24 ore per un totale di 54 dall’ inizio dell’anno – è un nuovo segnale che il decreto del Governo è già fallito prima della sua attuazione”. Così Aldo Di Giacomo, segretario generale del S.PP., che per due giorni ha protestato in catene davanti gli uffici del Ministro Nordio.
“Purtroppo, la situazione è destinata a peggiorare, vista l’incapacità del Governo e della Amministrazione Penitenziaria nella gestione della gravissima emergenza che vivono le carceri. Senza un cambio di rotta immediato assisteremo ad altre morti ed evasioni. Il pericolo maggiore in questa caldissima estate per il nostro sistema penitenziario è quello di rivolte ed evasioni di massa che al momento attuale sono molto probabili. Proprio come sta accadendo nel carcere di Quarto dove – aggiunge Di Giacomo- i detenuti «spadroneggiano» e vorrebbero imporre l’autogestione.
Si continua a parlare di misure alternative alla detenzione. Ma il problema è che i braccialetti elettronici non ci sono: se in Italia ne risultano attivi circa 5600 è difficile che se ne usino di più, per esempio per i tanti indagati che sono ancora in attesa di giudizio (solo il 26% hanno il beneficio del braccialetto, e non sono quindi agli arresti preventivi). Siamo arrivati al punto che persino Baby Gang uscendo dal carcere in Lamborghini sbeffeggia lo Stato. Si prenda atto che il tentativo del Governo con il decreto “carcere tutto come prima” ha fallito e si trovino gli strumenti più adatti.
Le misure adottate sono troppo poco per dare risposte alle nostre sollecitazioni. Per questo non smobilitiamo e continueremo a vigilare e a tutelare il personale penitenziario che non ce la fa più a reggere il peso di responsabilità per conto dello Stato che, evidentemente, con il piccolo decreto pensa di aver dato soluzioni alle grandi e diffuse emergenze del sistema penitenziario”.
"Abbiamo risposto alla convocazione da parte della Camera penale di Firenze di una conferenza stampa davanti a Sollicciano per riflettere sulla situazione nell'istituto penitenziario -dichiarano Dmitrij Palagi, Sinistra Progetto Comune e Giulia Marmo, Sinistra Progetto Comune Quartiere 4- Abbiamo apprezzato meno la decisione delle figure politiche presenti con consolidate esperienze di governo: limitarsi a guardare all'esecutivo nazionale e rilasciare parole rituali non risolverà nulla.
Temiamo che a poco servano anche i comitati scientifici. Nella società c'è un forte sentimento di populismo penale. La povertà viene spesso criminalizzata e marginalizzata. Il carcere diventa così discarica sociale. Sindaca e onorevoli sono stati fischiati e contestati da un gruppo di cittadine e cittadini. Chiaramente non è la nostra modalità di azione politica, ma riteniamo sbagliato scandalizzarsi per i toni della rabbia. Si tratta di sentimenti veri, che però crescono distanti da un sistema istituzionale incapace di tenere aperto il legame tra Città e casa circondariale.
Il nostro impegno, in Palazzo Vecchio e a livello di Quartiere, sarà quello di agire complessivamente per superare la sistematica lesione della dignità umana che si trascina dietro popolazione detenuta e personale penitenziario".