Il Consiglio comunale, presieduto da Luca Milani, è convocato in videoconferenza sul canale YouTube. Dopo le comunicazioni e le domande d’attualità si aprirà il dibattito sulle ripercussioni della pandemia Covid sull’economia della città. Parteciperanno il sindaco Dario Nardella, il vice presidente dell’Irpet Nicola Sciclone ed il presidente della Camera di Commercio Leonardo Bassilichi. Seguirà dibattito con gli interventi dei consiglieri comunali.
Intanto CNA ha reso noto l’elaborazione del suo Ufficio Studi sui dati Movimprese 2020 della Città Metropolitana di Firenze e, come presumibile, le prospettive per il sistema economico fiorentino sono preoccupanti. Se complessivamente le imprese hanno tenuto (quelle attive sono “solo” lo 0,3% in meno di quelle del 2019), diverso è il caso dell’artigianato che ha lasciato sul campo l’1% delle sue attività. A preoccupare maggiormente l’associazione è però la débâcle della voglia di fare impresa: le nuove imprese del 2020 sono infatti quasi il 22% in meno di quelle nate nel 2019, percentuale che arriva al 25% per l’artigianato.
“Un risultato che deriva dalla paura innescata dalla pandemia, ma soprattutto dall’incertezza, quando non improvvisazione, con cui il Sistema Italia la sta affrontando, tanto a livello nazionale che locale – commenta Giacomo Cioni, presidente di CNA Firenze Metropolitana – Un navigare a vista che, seppur in parte comprensibile all’inizio della pandemia, adesso non è più tollerabile. E invece di certezze quanto meno semestrali siamo di fronte ad una crisi di Governo che fatica a trovare sbocchi”.
A Firenze è l’artigianato a pagare il conto più salato con settori strategici per il territorio che centrano tutti performance negative: -4% di imprese attive per la moda rispetto al 2019, -2,8 per il manifatturiero, -2,4 per la meccanica per esempio. Valori che però, considerando le nuove nate dell'artigianato nel 2020, arrivano a -51% rispetto al 2019 per traporti e magazzinaggio, -47% per la moda, -38% per manifatturiero, -33% per legno e mobili, -30% per la meccanica, -26% per i servizi alla persona, -23% per i servizi alle imprese.
“La politica fa sempre un gran parlare dell’unicità del nostro artigianato, della sua importanza socio-culturale oltre che economica, ma nei fatti lo lascia pressoché al suo destino. È anche da questo che deriva il blocco delle nascite 2020” prosegue Cioni.
Il riferimento va alla cassa integrazione (cronicamente in ritardo quella artigiana, più o meno puntuale quella di altri settori), al sistema dei ristori che ha ignorato sistematicamente ampi settori dell’hand made perché attività formalmente aperte ma di fatto chiuse (produrre senza poter vendere non dà, come logico, fatturato), alle risorse che la Regione Toscana ha mancato di destinare praticamente al solo artigianato dopo averne bandite (giustamente) per ristoratori, imprese del divertimento, ambulanti, giostrai ed in ultimo scuole di danza ed organizzatori di eventi.
“Il Ristori quinquies dovrebbe finalmente recepire, almeno così ci assicurano dal Palazzo, ciò che CNA chiede da tempo: fondi perduti in base alla diminuzione di fatturato, indipendentemente dal settore in cui l’azienda si trova ad operare – informa Cioni – Adesso che il Governo è caduto e il quinquies è fermo, il sostegno economico della Regione Toscana è quanto più doveroso”.
Ristori che però servono solo a tamponare, mentre il futuro è strettamente connesso al PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che “non deve essere la somma di idee e progetti scollegati, ma la traduzione di una visione condivisa a medio e lungo termine pensando alle nuove generazioni e deve connettere gli investimenti al sistema delle piccole imprese. Per la trasformazione dell’Italia non dobbiamo rincorrere modelli che mal si conciliano con la nostra identità. La sfida della competitività si vince puntando su qualità e innovazione e non sul concetto delle dimensioni” conclude Cioni.
“Non si vive di solo turismo, ma senza turismo Firenze non può vivere. Questa pandemia ce lo ha dimostrato. L’economia turistica muove numeri importanti e alimenta un indotto enorme, che va ben al di là dei posti di lavoro diretti. Ma ora le aziende che sono fulcro del sistema dell’accoglienza, cioè le strutture ricettive alberghiere, devono fare i conti con una crisi mai vista, che ha determinato il crollo del fatturato fino a oltre l’80%. Si parla di circa 600 imprese solo nell’area metropolitana fiorentina, che sono ormai all’asfissia perché non hanno i mezzi per far fronte a questa situazione, mentre dal Governo non sono arrivati ristori adeguati rispetto ai mancati incassi e ai costi che come albergatori siamo chiamati a sostenere, anche a locali chiusi.
Per questo Federalberghi ha promosso una petizione volta a sollecitare il Governo a intervenire con urgenza a tutela delle imprese e dei lavoratori del turismo prima che sia troppo tardi. Si tratta di una situazione che tocca l’intera Italia, ma che le città d’arte pagano di più, proprio perché il Pil turistico è assai maggiore”. Così il presidente di Federalberghi Firenze, Francesco Bechi.
Tra le richieste avanzate con la petizione ci sono il riconoscimento di ristori efficaci, che ristabiliscano equità per l’anno 2020 e accompagnino le imprese anche nei mesi a venire; interventi sulla liquidità (proroga delle rate dei mutui e concessione di prestiti ventennali); esonero per il 2021 dal pagamento delle imposte (in primis, Imu, Tari e canone Rai); sostegno alle imprese in affitto per il pagamento del canone di locazione; riduzione dell’aliquota Iva al 5% in analogia con quanto avvenuto in altri Paesi europei; sgravi contributivi per le imprese che richiamano in servizio il personale e sostegno al reddito per i lavoratori che rimangono disoccupati o sospesi; incentivi per la riqualificazione delle strutture ricettive.
“Il Comune si è mosso - riprende Bechi - ma i risultati purtroppo sono scarsi. Perché servono risposte nazionali. Come per la Tari, ridotta in modo esiguo solo per la parte variabile, quella relativa ai consumi, che non è niente rispetto ai cosiddetti costi fissi, che noi continuiamo a pagare anche se siamo chiusi. Molte imprese non sono riuscite a far fronte alla scadenza del pagamento, non certo per loro volontà, e così adesso rischiano di incappare anche nella mora”.
Anche singoli imprenditori, lavoratori e cittadini possono aggiungere la propria firma, sottoscrivendo la petizione online.