Sei figlio di un narcisista?

Tanti ne riconoscono i sintomi nei genitori cercando sul web, è davvero utile scoprirlo?

Paola
Paola Marangio
14 luglio 2021 09:00
Sei figlio di un narcisista?

Un nostro lettore, che si firma con nome e cognome ma che lasceremo anonimo per le ragioni che capirete di seguito, ha mandato la sua storia alla nostra redazione proponendo di pubblicarla per “sensibilizzare al tema dei genitori narcisisti”, la trovate infondo all’articolo. Il web è disseminato di testimonianze come la sua, a dire il vero potreste trovare anche la sua perché è stata pubblicata anche altrove e ci sono anche siti web creati ad hoc che iniziano con “ho scoperto da google che mia madre è una narcisista”.

Trovare una etichetta diagnostica che dia un significato, seppur magramente consolatorio, alle angherie che si sente di aver subito dal proprio genitore è rasserenante. Ci si può finalmente dire “non sono io quello sbagliato, è lui/lei che ha un problema”. I figli che attraversano questa fase sono quelli che, come il nostro lettore, pervasi da una sensazione liberatoria vogliono aiutare altri potenziali figli-vittime a liberarsi dal pesante bagaglio che li affligge dall’infanzia e forse secondariamente, anche agire un riscatto verso quei genitori tanto fragili sul piano dell’apparenza che una lettera firmata con nome e cognome inviata ai giornali diventa facilmente una lettera scarlatta sul loro blasone familiare.

Il vero problema, però, resta: l’etichetta diagnostica sul genitore fa sentire meglio perché legittima la rabbia provata nei loro confronti ma non da alcun senso alla propria storia che resta quindi un puzzle irrisolto destinato a far male o peggio a ripetersi. Sarebbe interessante sapere come è cresciuta la mamma del nostro lettore, come erano i suoi nonni materni come genitori: spesso il disturbo è favorito dalla crescita in un contesto familiare invalidante dove le emozioni non sono adeguatamente riconosciute e nominate, i bisogni del bambino non hanno un riscontro in una corretta risposta da parte dell’adulto e spesso il clima è di iperesigenza con una costante minaccia all’autostima del figlio. Di fatto il narcisista adulto è stato un bambino che ha sofferto e resta una persona molto fragile.

Caro lettore, devi essere fiero del percorso che hai compiuto! Consideralo però un punto intermedio in cui riprendere fiato e poi continuare nella crescita, quando potrai dare una senso alle origini della tua storia probabilmente ne sarai realmente alleggerito.

Sono nato alla 26^ settimana all'inizio degli anni 80, con un peso di poco più di un kg. I medici mi diedero per spacciato perché i miei polmoni non si aprivano: il mio peso calò a 900 grammi; stetti 10 giorni in coma e 54 in rianimazione. In ospedale dissero che solo un miracolo poteva salvarmi la vita, ed è successo. Ho passato ancora 3 mesi nel reparto prematuri e sono infine tornato a casa. I miei genitori all'epoca gioirono per me perché ero il figlio nato dopo una serie di aborti.

Purtroppo non ero il 'figlio perfetto' che tanto avevano desiderato: la prematuranza ha infatti lasciato sul mio corpo una retrazione tendinea e una lieve spasticità, e in più soffro d'asma. Sono un disabile. Nulla che non mi abbia permesso di vivere, sorridere, studiare, laurearmi, lavorare, cercare di essere sereno. Ho sempre avuto un grande spirito di sopravvivenza e ho sempre cercato la serenità, perché in casa mia vedevo solo litigi, urla, botte, darsi colpe, minacciarsi. Credevo che mettere le mani addosso alle persone fosse assolutamente normale e consueto.

Da piccolo mi mettevo tra i miei genitori per evitare che si picchiassero quando i litigi diventavano troppo violenti. La storia dei miei probabilmente era conosciuta in paese, ma tutti si facevano i fatti loro perché 'i panni sporchi si lavano in famiglia'. Magari le persone parlavano alle loro spalle, ma erano cortesi in presenza. Arrivarono i carabinieri, altre volte mio padre fu picchiato da mariti gelosi (era solito avere delle amanti), un pomeriggio addirittura sono scappato dalla finestra terrorizzato perché temovo che si uccidessero e sono corso dalla vicina di casa.

I miei le avrebbero poi detto che ero un bambino troppo sensibile per via dei miei problemi. Mai nessuno è mai intervenuto. D'altro canto i miei genitori fingevano bene in pubblico, sembravano andare quasi d'accordo, mettevano in scena un perfetto teatrino. Io non capivo perché la realtà dentro casa fosse così diversa da quella fuori. Già da piccolo mi rendevo ben conto che qualcosa non andava. Non ho mai subito bullismo a scuola. Ritengo di averlo subito in casa. Mi veniva rinfacciato di essere nato sbagliato.

Mi veniva detto che senza di loro non sarei arrivato da nessuna parte, che ero un ingrato incapace di tutto. Quante volte mi hanno detto che ero lento, scoordinato, sfortunato, senza alcuna manualità. Io credevo avessero ragione, i genitori hanno sempre ragione e fanno tutto per il bene dei figli. Io vivevo per compiacerli ed essere accettato nonostante la mia condizione. Mi trovavo in mezzo alle loro liti, facevo io da genitore a loro, ma appena potevano loro si rivoltavano a me. Crescendo mi dissero che non dovevo neppure guardare le belle ragazze, perché nessuna di loro sarebbe stata con uno come me.

Ciò che mi stupiva è che fuori casa le persone mi accettavano molto più di loro, e non mi facevano sentire diverso. Quando provavo a spiegarlo a loro mi veniva detto che gli altri (i miei compagni di scuola / amici) mi prendevano in giro alle spalle. Ogni rapporto di amicizia più stretto che avevo veniva denigrato e distrutto da mia madre. Lo faceva per il mio bene, così diceva. Provarono ad avere un figlio dopo di me, quello che doveva esser 'perfetto', ma mia madre lo perse. A quel punto misero ogni energia per ostentare la loro vita perfetta, costruendo una villa ben oltre le loro possibilità.

Villa perfetta da fuori e disastrosa per il clima che c'era dentro. Ma abbastanza distante dai vicini per evitare che si sentissero i litigi e le urla. L'unica che aveva capito ciò che stava accadendo era la mia nonna paterna, da sempre etichettata da mia madre con i peggiori epiteti. Nonostante il comportamento dei miei andai sempre avanti. Ero anche io concentrato sull'apparire, perché 'non ero mai abbastanza' per essere amato da loro. Soffrii di anoressia a 17 anni. Ero depresso, sognavo molto spesso mia madre con il viso indemoniato che tentava di uccidermi.

Credevo di essere pazzo. Tentai il suicidio a 22. Pensai che meritavo solo di morire perché avevo rovinato la vita ai miei. Parlai con psicologi, presi farmaci, trovai conforto anni dopo nella boxe amatoriale (nonostante tutti i miei 'problemi' e nonostante non potessi far incontri). Avevo così tanta rabbia dentro. Ero sempre in allerta, pronto per l'ennesima aggressione da parte loro. Mi feci dei tatuaggi. Mia madre denigró la boxe, il mio maestro che ancora oggi ringrazio per la fiducia che mi diede, i tatuaggi che mi rendevano sporco e che la facevano vergognare di me.

Nonostante tutto io cercavo di cucire un rapporto con lei perché le volevo bene. Talvolta viaggiavo con loro, perché lei non voleva star sola con mio padre. Ricordo una vacanza durante la quale iniziarono a graffiarsi e picchiarsi di notte e mio padre mi diede un sonnifero per farmi dormire, perché non vedessi. Non hanno mai avuto ritegno. Tornavo da quelle vacanze a pezzi, ma mi sentivo in dovere di andare. A casa non mi fermavo, cercavo di star meno possibile con i miei genitori, lavoravo, facevo palestra, uscivo.

Fuggivo. Eppure mi sentivo legato a mia madre, solo a lei, perché come dicevo denigrava chiunque si avvicinasse a me, compreso mio padre e mia nonna paterna. Recentemente l'ha ammesso, di aver messo me e mio padre uno contro l'altro per tutta la vita. Io non potevo essere diviso perché sebbene fossi una proprietà imperfetta e da denigrare, 'nessuno poteva amarmi come lei'. Mi ha rinfacciato di tutto, da sempre: di avermi portato alle visite in ospedale quando ero bambino, di aver lasciato il lavoro per seguirmi, di esser stata in vacanza con me mentre la nonna moriva (io ero un bambino....

Decise lei). Ogni gesto verso di me mi era rinfacciato mille e mille volte.

In amore ho avuto diverse storie. Mia madre guardava di cattivo occhio quasi tutte le ragazze che frequentavo. Una non andava bene perché aveva dei figli, un'altra perché non era italiana, quell'altra perché abitava in affitto e via dicendo. D'altro canto io non meritavo di trovare nessuno. Due anni fa ho incontrato mia moglie. Ci siamo innamorati, siamo andati a vivere quasi subito a casa sua, abbiamo deciso di sposarci. Appena ho spostato lo stipendio dal conto cointestato con i miei genitori a quello mio e di mia moglie sono cominciate recriminazioni di ogni tipo.

Si erano resi conto che stavolta sarei andato per la mia strada. Nulla andava bene. Casa di mia moglie non era 'consona' al loro status perché era un appartamento e non una villa. La famiglia di mia moglie neppure, perché mio suocero non mette vestiti firmati e guida una panda. Riuscirono a parlar male di mia suocera, morta nel 2001, senza averla mai conosciuta. L'età di mia moglie non andava bene perché ci siamo conosciuti quando io avevo 36 anni e lei 38. Esser arrivata a 38 anni non sposandosi voleva dire che 'non era normale'.

Aver studiato in 2 città diverse all'università voleva dire esser una poco di buono. E così via. In quanto ai nostri due lavori (a tempo indeterminato, non poco di questi tempi), per loro erano da pezzenti. Hanno fatto di tutto per farci demordere dal matrimonio. Hanno raccontato a mia moglie che ero un violento, che frequentavo donne da poco, che mi interessavano solo i soldi, che detestavo suo padre (l'unico uomo degno di esser chiamato padre per me). Mi hanno detto che mi avrebbero diseredato.

Che quando avrei litigato con mia moglie sarei finito per strada come un pezzente. Questo lo dicevano prima solo a me, poi a me e a mia moglie. Al resto del mondo dicevano di essere entusiasti per il matrimonio. Volevano far passare noi per pazzi. Non conto le telefonate urlate di mia madre, il tentativo di mio padre di fingere una loro separazione 2 mesi prima del matrimonio, fino a arrivare, stremati, alla cerimonia. Denigrati dall'inizio: mia madre e mio zio hanno parlato a alta voce durante tutta la messa.

Il resto è stato sempre peggio. Hanno tardato al ristorante, hanno fatto credere a tutti di aver pagato tutto loro; al momento del dolce mia madre, davanti a tutti, ci ha urlato addosso. Insulti su insulti. Fino alla fine della serata. Dovevamo vergognarci perché loro erano in una saletta (il ristorante aveva 2 salette) e noi nell'altra. E siamo stati costretti a metterli lì perché mia madre non si sarebbe abbassata a sedersi con mio suocero. Perché lei è 'più evoluta'. Abbiam passato la prima notte di nozze a piangere per tanta cattiveria.

In seguito mi hanno prosciugato il conto cointestato (sul quale c'erano ancora dei miei stipendi). Mi hanno cambiato le serrature della loro villa, dove avevo ancora molte cose mie. Mi hanno scritto una lettera dicendo che il nostro matrimonio era un funerale e che loro erano la parte lesa. Mi hanno minacciato di farmi perdere il lavoro. So che credere a tanta crudeltà da parte di due genitori è strano, ma è la stessa crudeltà che mia madre ha infierito a mia nonna paterna per anni, solo che io non me ne rendevo conto.

Non basta far un figlio per essere madre e padre. Non basta esser genitori per aver ragione. Ho sognato per anni di incontrare e sposare la donna che ho vicino ma non riesco quasi a guardare le foto del matrimonio per il dolore che mi provocano. Mia moglie dice che abbiamo avuto una festa di matrimonio infelice ma avremo una vita insieme felice, e infine questa è l'unica cosa che conta davvero. Io per la prima volta in vita mia ho scoperto cosa sia la serenità.

La psicologa risponde — rubrica a cura di Paola Marangio

Paola
Paola Marangio

Psicologa, psicoterapeuta e mediatrice familiare. Referente del sito PsicologiaFirenze.it. Membro dello staff clinico e didattico dell’Istituto di Terapia Familiare di Siena, ha lavorato nell’equipe del Centro di Terapia Familiare della ASL 10 di Firenze e si è occupata delle valutazioni psico-ambientali delle commissioni medico legali INPS. Collabora con la cooperativa sociale Matrix onlus in ambito della disabilità e psichiatria. Per inviare quesiti scrivere a: marangio@psicologiafirenze.it

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