Il decreto Piantedosi si configura come una sorta di Codice di comportamento dei clienti dei locali pubblici che trasferisce responsabilità ai gestori non di loro competenza. La misura appare a molti un tentativo fuori-luogo di affrontare un problema di ordine pubblico: la sfida per il Governo dovrebbe essere invece quella di bilanciare esigenze di sicurezza e rispetto dei diritti individuali.
"Attribuire ai pubblici esercizi responsabilità proprie delle forze dell’ordine significa non solo scaricare il problema della sicurezza urbana su chi già opera con difficoltà, ma anche generalizzare senza considerare le specificità delle diverse attività". Lo dichiara Aldo Cursano, vicepresidente vicario nazionale di FIPE-Confcommercio e presidente di Confcommercio Toscana, in merito al decreto recentemente approvato che impone ulteriori obblighi ai titolari di bar, ristoranti e altri locali."Il decreto equipara senza alcuna distinzione attività con funzioni completamente diverse: ristoranti, pizzerie, pasticcerie, gelaterie, bar e gli altri locali che offrono un servizio diurno come colazioni e pranzi, vengono trattati allo stesso modo di locali notturni con una maggiore esposizione al tema sicurezza.
È una generalizzazione che non tiene conto della realtà dei fatti e che rischia di penalizzare ingiustamente l’intero settore".“I pubblici esercizi – luoghi di socialità, legalità e presidio della città – sono sempre stati disponibili a collaborare con le istituzioni, come dimostrano i protocolli già attivi per i locali da ballo e intrattenimento. Tuttavia,” sottolinea Cursano, "non possiamo accettare che venga chiuso un locale solo perché all’esterno accadono episodi criminosi, a cui il titolare è estraneo.
Sarebbe come chiudere una scuola perché c’è spaccio vicino o una stazione ferroviaria perché avvengono reati in zona. Il problema va affrontato con strumenti adeguati e non scaricando funzioni proprie dello Stato sui titolari di attività che operano legalmente e con grande sacrificio".Cursano evidenzia inoltre il limite di un modello che sembra non essere all’altezza della domanda di sicurezza dei cittadini: "nonostante gli investimenti importanti che molti di noi hanno fatto – telecamere, allarmi, cancelli antisfondamento – ci troviamo ancora ad essere vittime di furti e vandalismi.
Questo dimostra che il problema è sistemico e va affrontato a monte, con leggi più efficaci e una maggiore presenza delle forze dell’ordine".Confcommercio chiede che il decreto venga rivisto per tenere conto delle diverse realtà e ambiti di attività: "Occorre distinguere tra locali diurni, con funzione di servizio, e quelli serali, dove già esistono percorsi consolidati di collaborazione per garantire sicurezza. Noi rappresentiamo tutti: dai ristoranti alle gelaterie, dalle pizzerie ai bar di quartiere, realtà che non possono essere messe sullo stesso piano di chi opera in contesti di intrattenimento notturno"."Confidiamo che i Prefetti e le istituzioni lavorino con noi per definire protocolli territoriali che rispettino il ruolo e la funzione dei pubblici esercizi.
Siamo sempre pronti a collaborare, ma non possiamo accettare di fare un mestiere che non è nostro: quello della sicurezza urbana. Le nostre priorità sono la qualità del servizio, la sicurezza dei nostri clienti e dei nostri dipendenti, e il rispetto delle regole. La sicurezza delle città è una responsabilità dello Stato e tale deve rimanere".
Approfondimenti
“È necessario chiarire i dettagli delle nuove norme previste per i gestori dei pubblici esercizi” afferma il presidente regionale di Fiepet Confesercenti Toscana Franco Brogi, ribadendo quanto sostenuto dalla federazione nazionale dei pubblici esercizi di Confesercenti riguardo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministero dell’Interno sulle ‘Linee guida per la prevenzione degli atti illegali e di situazioni di pericolo per l'ordine la sicurezza pubblica all'interno e nelle immediate vicinanze degli esercizi pubblici’.
Le linee guida rischiano di costituire ulteriori oneri per gli esercenti. I gestori di bar, ristoranti e discoteche sono impegnati quotidianamente a evitare situazioni di pericolo e denunciarle alle forze dell’ordine.
“Nella circolare - spiega Brogi - si fa riferimento al comportamento dell'avventore modello, ma bisognerebbe capire quali sono le caratteristiche dell’avventore modello. Poi si parla di non introdurre armi nei locali. Bisognerà affiggere dei cartelli ed eventualmente che tipo di cartelli? I gestori dei pubblici esercizi si domandano che cosa dovranno fare materialmente, ma negli uffici di Confesercenti non si sa ancora nulla a riguardo. La circolare è già stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale, ma non è chiaro come debba essere messa in pratica”.
Imporre di installare sistemi di videosorveglianza, illuminare le aree circostanti e definire codici di condotta rischia di scaricare sui pubblici esercenti responsabilità che spetterebbero allo Stato.
“L'aspetto più grave - afferma Brogi - è la responsabilità all'esterno dei locali. Che cosa si intende per ‘in prossimità dei locali’? Non si possono demandare al barista l'ordine pubblico e la prevenzione dei crimini. Se una persona ha un locale in un centro urbano, vicino a una piazza frequentata da persone che spacciano, deve essere il barista andare di persona a farli smettere di spacciare o a mandarli via? Questo per noi è inaccettabile. Non possiamo sostituirci alle forze dell’ordine e non possiamo vigilare all’esterno dei locali. Siamo convinti che collaborare sia un dovere ma è assurdo imporre obblighi difficilmente gestibili. Da parte nostra garantiamo la massima collaborazione, ma chiediamo un maggiore impegno delle forze dell'ordine sul territorio e misure concrete per prevenire e contrastare la criminalità, invece di scaricare oneri, obblighi e responsabilità sui privati”.