Nei giorni scorsi Luca Zaia, il presidente della Regione Veneto ha ribadito che per lui e il suo partito il conseguimento della cittadinanza italiana è un fatto di sangue.
«Credo sia un grande segno di civiltà permettere di acquisire una cittadinanza in modi e tempi non impossibili» scrive invece il cardinale Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena e vescovo di Montepulciano, delegato della Conferenza episcopale toscana per le migrazioni, nel numero di Toscana Oggi in uscita in questi giorni. «Essere cittadini di uno stato dove sei nato e vivi - scrive il cardinale - ti permette di essere riconosciuto come cittadino, ma chiede e vincola a diritti e a doveri come tutti gli altri». Lojudice si sofferma sulle leggi che regolano attualmente il diritto di cittadinanza in Italia, e sulla possibilità di introdurre lo «ius scholae», per bambini e ragazzi che abbiano frequentato regolarmente almeno 5 anni di studio nel nostro Paese.
«Credo che lo ius scholae - scrive il cardinale Lojudice -, con tutte le precisazioni necessarie e opportune, rappresenti una grande occasione e possibilità di fare un salto in avanti di qualità e di, come dicevo, civiltà, per una società più giusta e più rispettosa di tante persone che sono e saranno una grande opportunità anzitutto lavorativa per un paese, l’Italia, che, purtroppo rischia un invecchiamento e uno spopolamento progressivo».