Il ‘Giorno del Ricordo’ in Italia si celebra oggi, 10 febbraio, in memoria delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. E anche quest’anno, a Firenze, l’omaggio alle vittime degli eccidi perpetrati durante e alla fine della Seconda Guerra Mondiale ha per protagonisti i giovani delle scuole. Quaranta studenti degli istituti secondari di secondo grado hanno partecipato, questa mattina nel Salone dei Duecento, all’iniziativa dell’assessorato all’educazione e della Provincia per ricordare l’orrore degli inghiottitoi di natura carsica, dove furono gettati migliaia di italiani. Erano presenti l’assessora all’educazione Cristina Giachi, l’assessore provinciale alla pubblica istruzione Giovanni Di Fede, il vicepresidente del consiglio comunale Jacopo Cellai e la presidente della commissione pace e diritti umani Susanna Agostini. «Una memoria che abbiamo deciso di onorare con molto ritardo, nel 2004, e oggi si celebrano anche i 10 anni della legge istitutiva del girono del ricordo.
Il pesante e lungo silenzio – ha ricordato l’assessora all’educazione Cristina Giachi – su questa vicenda è dipeso probabilmente da tanti paraventi ideologici che era difficile affrontare e disvelare. Questa difficoltà, senz’altro dipesa dalla complessità delle vicende politiche e militari del fronte orientale, è stata anche frutto di codardia e di approssimazione ideologica. Il silenzio ha pesato sulle vite che sono state toccate da quelle vicende e che noi oggi abbiamo il compito e il dovere di ricordare.
Abbiamo la fortuna di avere con noi testimoni che possono raccontare e, quindi, insegnarci a ricordare, assolvendo così al compito civile di portare con loro la memoria di quei momenti». «L’orrore è dietro l’angolo e conoscere è il primo antidoto, la prima barriera – ha aggiunto l’assessora Giachi rivolgendosi agli studenti – l’unica ideologia alla quale dobbiamo aderire è quella che rifiuta ogni giustificazione alla scelta di uccidere altri esseri umani. «Il ‘Giorno del Ricordo’ è stato istituito con una legge nazionale solo nel 2004 – ha sottolineato il vicepresidente Cellai - e fino ad allora era molto difficile trovare qualche pagina di storia, o qualche docente, per affrontare questa vicenda.
Quanto ai libri di storia, tuttavia, la situazione non è migliorata e non abbiamo fatto passi in avanti. È una gravissima pecca: non si può pensare di rafforzare e approfondire la memoria limitandosi ad organizzare convegni e iniziative per il 10 febbraio. La politica deve sensibilizzare più di quanto ha fatto fino ad ora a cominciare, appunto, dai libri di storia». «Mi auguro che un’iniziativa come questa di stamani – ha aggiunto il vicepresidente Cellai - accenda una scintilla per appassionare i più giovani alla storia e alle vicende della nostra nazione.
Con l’auspicio di non avere mai di aver paura di fare uno studio costante e continuo: su questa vicenda, in Italia, per molti anni chi voleva parlare o fare ricerca è stato attaccato e definito revisionista. La storia di questa vicenda è difficile e complessa ma anche semplice visto che riguarda la morte di migliaia di persone uccise perché italiane e di molte altre che per lo stesso motivo sono dovute fuggire da case. Una dramma proseguito anche dopo l’esodo perché solo alcune città, e tra queste Firenze, accolsero i profughi giuliano-dalmati».
Dopo i saluti istituzionali sono intervenuti Simone Neri Serneri, direttore dell’Istituto Storico della Resistenza e docente storia contemporanea all’Università di Siena, Antonio Ballarin presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e l’esule e testimone Riccardo Simoni. È stato anche proiettato del video ‘Volti di un esodo’ prodotto dal museo storico in Trento e di filmati storici offerti dal Miur-direzione generale dipartimento per l’istruzione. ''Fra Giorno della Memoria e Giorno del Ricordo la linea non può essere che continua: manteniamo alto l'impegno della Toscana nel condannare le stragi e nel costruire una memoria condivisa per trasmettere ai giovani quei valori di convivenza civile che la Resistenza ci ha permesso di affermare, e che sono l'unico modo per costruire insieme società più libere e giuste".
Così Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, nel giorno del Ricordo: iniziativa istituita dal Parlamento 10 anni fa per "conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale". Sul significato di questa ricorrenza si è soffermata, questa mattina, la giunta regionale toscana, riunita a Palazzo Strozzi Sacrati.
La giunta sarà presente domani all'appuntamento ufficiale stabilito dal consiglio regionale: "La giornata ha un significato profondo - sottolinea Enrico Rossi - rafforzato quest'anno in modo plateale dalla stupida contestazione, purtroppo avvenuta in terra toscana, contro uno spettacolo teatrale dedicato al dramma dell'ex confine orientale". "Nulla deve farci velo - conclude il presidente -, nulla può impedire alla verità di farsi strada o può ostacolare le ragioni di un ricordo che si trasforma in monito, affinchè nulla di tutto questo possa riproporsi nel presente e nel futuro per negare la fondamentale dignità di ogni essere umano" Il Presidente del Consiglio provinciale in apertura dell'Assemblea solenne dedicata alla ricorrenza.
Cosimo Ceccuti cita Magris: "Ci vuole memoria senza ossessione" Quella delle foibe è "una voragine carsica della memoria". Così il Presidente del Consiglio provinciale di Firenze Piero Giunti in apertura dell'Assemblea solenne per il Giorno del Ricordo. Tra gli ospiti il Prof. Cosimo Ceccuti, ordinario di Storia contemporanea,e Silva Rusich, esponente delle famiglie dei profughi. "Gli infoibati - ha spiegato Ceccuti - sono stati uccisi due volte: fisicamente e nella memoria. Come ha detto Claudio Magris, ci vuole memoria senza ossessione". Stamani, in occasione del Giorno del Ricordo, una delegazione di Forza Italia composta da Erica Franchi, capogruppo in Provincia di Firenze, e dai Giovani di Fi - Andrea Badò, responsabile Enti locali, i responsabili di quartiere Annalisa Acampora, Stefano Baldassari, Francesco Pardini, Davide Bisconti, Guido Castelnuovo Tedesco - ha affisso una targa presso il monastero di Sant’Orsola.
La terga reca la scritta: "Ai connazionali vittime dell'esodo e martiri delle foibe, la cui unica colpa fu essere italiani. Qui dove trovarono accoglienza 170 famiglie di esuli istriani e giuliano-dalmati". Successivamente la delegazione si è recata in Largo Martiri delle Foibe per deporre un omaggio floreale presso la targa stradale. "Come movimento politico abbiamo il dovere di ricordare con forza ciò che per 60 anni ci è stato tenuto nascosto”, hanno affermato Badò, Franchi e gli altri componenti della delegazione.
"Oggi 10 Febbraio ricordiamo le vittime del confine orientale Italiano troppo spesso ignorate e dimenticate. Nonostante da anni si celebri il giorno del ricordo delle vittime delle Foibe e le autorità si rechino a Basovizza per deporre corone, l'opinione pubblica non conosce ancora quel dramma, scientificamente rimosso dai libri di storia dalla sinistra italiana. Ed è proprio la scuola che dovrebbe spiegarle alle giovani generazioni per spiegare quanto avvenuto, solo così sarà più facile ricordare quegli eventi avvenuti alla fine della seconda guerra mondiale." Così Guglielmo Picchi, deputato di Forza Italia e capogruppo in commissione esteri ricorda il 10 Febbraio giorno del ricordo delle vittime delle Foibe. "Anche all'estero ci sono molte manifestazioni per commemorare quegli eventi, perchè proprio all'estero molti Italiani delle terre orientali furono costretti a rifugiarsi per sfuggire alla furia comunista e anche dall'Italia che non seppe accoglierli.
Oggi siamo vicini ai figli di quelle vittime." Il Consigliere Provinciale della Lega Nord Marco Cordone, stamane al cimitero di Trespiano ha rappresentato la Provincia di Firenze durante l'annuale cerimonia svoltasi per ricordare la tragedia delle foibe (Giorno del Ricordo), e ha rilanciato la sua proposta di apporre una targa nel complesso fiorentino di S. Orsola, ove tra il 1947 ed il 1958, soggiornarono circa 400 esuli giuliano-dalmati. Nel suo intervento, Marco Cordone, nel ringraziare il Presidente Barducci per avergli permesso di rappresentare Palazzo Medici Riccardi a questa importante cerimonia, ha rilanciato la sua proposta(che avrebbe piacere fosse condivisa da tutti), fatta il 10 febbraio dello scorso anno, di apporre una targa all'interno del complesso fiorentino di S.
Orsola, dalla parte di via Guelfa, dove un tempo era l'ingresso principale, per ricordare la permanenza di circa 400 esuli giuliano-dalmati dal 1947 al 1958. Pisa. “La necessità di non dimenticare le tragedie umane, causate dalla guerra, viene garantita anche con le celebrazioni delle solennità nazionali. Soltanto 15 giorni fa, il 27 gennaio, abbiamo celebrato la Giornata della Memoria, mentre esattamente 8 giorni fa, il 2 febbraio, abbiamo commemorato, a Pisa, il ‘Giusto tra le Nazioni’ Angelo de Fiore.
Oggi, Giorno del Ricordo, commemoriamo le vittime dei massacri delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata”. Cosi ha esordito il Prefetto Francesco Tagliente, intervenuto questa mattina alle celebrazioni, organizzate a Pisa, per “Il Giorno della Memoria”. “La scelta del 10 febbraio non è casuale – ha proseguito Tagliente – Infatti questa solennità nazionale si celebra ogni anno nello stesso giorno in cui, nel 1947, furono firmati a Parigi i trattati di pace in base ai quali l’Italia cedeva Istria, Fiume e Zara alla Iugoslavia, provocando l’esodo delle popolazioni istriane, fiumane e dalmate dalle loro terre.
Due date simbolo per l’intera collettività, dunque, scelte per ricordare la ferocia dell’uomo sull’uomo e per onorare le vittime di quei tragici avvenimenti. Il nostro pensiero e la nostra vicinanza vanno, oggi, a tutti i familiari delle vittime degli efferati massacri delle foibe ed ai rappresentanti delle associazioni che mantengono viva la memoria di quella tragedia e dell’esodo di intere popolazioni, portatrici di identità culturali e tradizioni che non devono essere cancellate” – ha aggiunto il Prefetto.
Coltivare la memoria di quanto è accaduto è indispensabile per ristabilire la verità storica. “Giornate come questa devono rappresentare momenti di riflessione – ha detto ancora – perché situazioni così dolorose siano per sempre consegnate al passato. Non possiamo e non dobbiamo dimenticare chi fu ucciso o costretto ad abbandonare la propria terra per restare fedele alla propria identità culturale di lingua e tradizioni. È importante – ha proseguito – che tragedie come quelle delle Foibe e della Shoah rimangano stampate nella memoria collettiva affinché si consolidi, soprattutto nelle giovani generazioni, un profondo spirito di solidarietà, tolleranza e comprensione verso i propri simili, qualunque sia la loro estrazione geografica, storica, politica, religiosa e sociale.
Non dobbiamo mai dimenticare che gli esseri umani sono tutti uguali. Per questo la condanna e lo sdegno di fronte a ogni forma di ingiustizia, il ripudio di ogni tipo di violenza ed oppressione devono diventare il punto di partenza per meditare su quanto avviene intorno a noi, condannando qualsiasi crimine commesso in nome di un ideale. Auspichiamo che il significato di questa giornata si consolidi ancora di più nella percezione comune degli italiani, soprattutto dei giovani – ha concluso il Prefetto – e che si costruisca così una coscienza condivisa, per poter guardare al futuro con serenità e gettare le basi per un avvenire fondato sul rispetto della dignità di ogni essere umano.” Fucecchio.
Per il decimo anno consecutivo Fucecchio ha celebrato il Giorno del Ricordo, in memoria dei cittadini italiani che morirono nelle foibe e degli esuli dell’Istria e della Dalmazia. Nonostante le avverse condizioni meteorologiche questa mattina in Piazza XX Settembre, di fronte al monumento ai caduti, il sindaco di Fucecchio Claudio Toni, accompagnato dal Gonfalone della Città, ha deposto una corona di alloro alla base del monumento ricordando la tragedia degli italiani che persero la vita dentro le voragini naturali disseminate sull’altopiano del Carso, vittime delle persecuzioni, dei massacri e delle deportazioni occorse in Istria, in Dalmazia e nelle province dell’attuale confine orientale italiano durante l’ultima fase della seconda guerra mondiale e negli anni immediatamente successivi.
Alla cerimonia ha preso parte anche l’Associazione Nazionale Carabinieri di Fucecchio col presidente Carmelo Spitaleri. Livorno - Tra le numerose iniziative cittadine organizzate in occasione della Giornata della Memoria in ricordo della Shoah, il Comune di Livorno ha voluto quest’anno riservare un evento dedicato al mondo dello sport, ai tanti giovani sportivi livornesi perché riflettano sulle terribili vicende legate all’Olocausto. Il 12 febbraio, alle ore 17, all’interno della Fortezza Vecchia (nella splendida cornice della Sala Ferretti) sarà presentato il libro di Matteo Marani “Dallo scudetto ad Auschwitz.
Vita e morte di Arpad Weisz, allenatore ebreo”. La scelta di presentare il libro alla Livorno sportiva non è stata casuale. Arpad Weiz, che ha scritto la storia del calcio italiano negli anni ’30, disputò la sua terz’ultima partita italiana proprio nella città labronica (Bologna contro Livorno finita con un pareggio), prima della sua deportazione ad Auschwitz dove morì nel 1944 insieme ai familiari. A presentare il libro sarà lo stesso autore, Matteo Marani, direttore tra l’altro del Guerin Sportivo, insieme a Renzo Ulivieri, Presidente AIAC ( Associazione Italiana Allenatori Calcio ) , all’assessore all’Associazionismo e Volontariato del Comune di Livorno , Massimo Gulì e all’ex allenatore dell’A.S.Livorno Calcio Davide Nicola.
Coordinerà il giornalista Luca Salvetti. Alla presentazione sono state invitate tutte le associazioni sportive cittadine; atleti del calcio ma anche di altre discipline sportive, oltre a studenti e rappresentanti di ANPPIA, ANEI e ANPI di Livorno. Invitati anche rappresentanti delle società di calcio Inter, Bologna, Novara e Bari dove Arpad Weisz allenò. “In questo 'giorno del ricordo' sarà bene prima di tutto ricordare che l'esodo dei giuliano-dalmati costituisce una diretta eredità del ventennio fascista e dell'occupazione italiana dei Balcani durante la Seconda guerra mondiale.
Così come sarà bene smascherare l'appropriazione di un pezzo di Storia, isolato dal contesto e modificato nei numeri e nelle caratteristiche, usato in contrapposizione alla lotta di Resistenza (finora unico momento unificante e fondativo per l'Italia liberata e repubblicana), per creare un analogo momento "condiviso" in chiave anticomunista e sostanzialmente di fiancheggiamento del fascismo di frontiera. E questo tentativo, strumentalizzandole, offende i drammi di chi ha vissuto quelle vicende" questo l’intervento di Ornella De Zordo, capogruppo di perUnaltracittà. Il fenomeno delle foibe può essere compreso solo se lo si colloca nella sua reale dimensione storica, a partire da quando l'Italia, vincitrice nella Prima guerra mondiale, ingloba nel proprio territorio 327 mila sloveni e 152 mila croati, ed anziché scegliere la strada del rispetto per le minoranze, sceglie quella dell'assimilazione forzata e brutale basata sull’annientamento del popolo slavo.
L'avvento di Mussolini inaugurò il cosiddetto “fascismo di frontiera” (in piena continuità con la politica dei liberali): vale a dire una serie di provvedimenti di italianizzazione forzata del confine orientale, che portarono alla chiusura di scuole croate e slovene, all'imposizione dell'italiano nei giornali e nei tribunali, fino all'italianizzazione dei cognomi e della toponomastica). Come se non bastasse, nell'aprile del '41 l'Italia partecipò all'occupazione nazista della Jugoslavia, rendendosi protagonista di omicidi, stupri e rastrellamenti, di incendi di interi villaggi e dell'internamento di migliaia di civili in campi di concentramento (come ordinava la “famosa” circolare 3c del gen.
Mario Roatta). E' in questo quadro esasperato che ebbe luogo l'episodio delle foibe. Questo va inoltre diviso in due episodi distinti. Quello del settembre '43, dopo la rotta dell’esercito italiano, con il fronte che mutava in continuazione, e riguardò per lo più le persone più compromesse con il regime fascista, e con numeri che non si avvicinano neanche lontanamente a quanto si cerca di raccontare nel tentativo revisionista. L'altro episodio fu quello del maggio '45, dove gli scomparsi furono circa 500, regolarmente arrestati e giudicati da un Tribunale Militare (della maggior parte di essi, che furono fucilati, è accertata la loro passata appartenenza a forze militari o collaborazioniste del nazifascismo).
Delle vendette personali (e ce ne furono in tutta Europa, nei mesi successivi alla fine della guerra) non possono essere certo resi responsabili un movimento di liberazione intero né, tanto meno, un popolo. E’ così che nella retorica neofascista membri di milizie fasciste, civili collaborazionisti e delatori diventano “innocenti la cui unica colpa era quella di essere italiani e non vergognarsene”, così come i Repubblichini diventano “bravi ragazzi animati da un non comune amore per l'Italia”, da equiparare ai partigiani liberatori.
La Giornata del Ricordo diventa così la giornata dell'orgoglio fascista. Noi, a riscrivere così la Storia, non ci stiamo. Se vogliamo ricordare, ricordiamo tutto”.