FIRENZE– Lei si è definita una "militante della memoria", e davvero Vera Vigevani Jarach ha vissuto un vita che è di per sé un riassunto delle tragedie del '900. Rifugiatasi nel 1939, a 11 anni, in Argentina e sopravvissuta al genocidio grazie alla prudente lungimiranza della famiglia che nel 1939, appena emesse le leggi razziali, decise la fuga, ha perso ad Auschwitz il nonno che non volle partire. Nel 1976 la dittatura dei generali le rubò la figlia Francesca di appena 18 anni, che perì dopo la prigionia e la tortura nelle cantine della Scuola di Marina in uno dei voli della morte sull'Oceano.
E le, per sapere, scelse la lotta pacifica delle Madri di Plaza de Mayo. Oggi ha riunito intorno a sé molti che come lei non vogliono dimenticare, anzi vogliono fare della memoria uno strumento si salvaguardia della libertà e della memoria. "Dalla deportazione razziale ai desaparecidos" è il titolo dell'incontro/dibattito (con letture e sonorizzazioni dal vivo) che l'associazione culturale la Nottola di Minerva, in collaborazione con la Regione Toscana, ha organizza al SUC delle Murate.
Accanto a lei hanno voluto essere Carlos Cherniak, ministro plenipotenzario dell'Ambasciata della Repubblica Argentina con delega anche sui diritti umani, e l'assessore regionale alla cultura Cristina Scaletti. "La Regione Toscana da sempre, e lo ritiene un suo compito preciso, lavora ad attività capaci di attualizzare la memoria – ha affermato l'assessore Scaletti -. Solo così di possono esorcizzare i rischi per la nostra libertà che sono sempre in agguato, anche se sembrano marginali e di piccola entità.
Dobbiamo sapere in prima persona e diffondere la nostra conoscenza, soprattutto tra i giovani; far sapere che ci sono state persone che sono state capaci di dire no, di opporsi al terrore e alle stragi anche di fronte ai tanti che dicevano sì, costruendo in questo modo le potenzialità per cambiare le cose. Dobbiamo far crescere il senso di responsabilità comune, farne patrimonio personale e collettivo, per costruire le condizioni che evitino il ripetersi di fatti tragici come quelli su cui Vera porta qui oggi la sua testimonianza vivente". Debutterà venerdì 7 febbraio alle ore 21.15 al Teatro Verdi di Monte San Savino lo spettacolo 7 (erano i fratelli Cervi) nuova coproduzione di Officine della Cultura e Teatro di Anghiari e con il patrocinio dell’Istituto Alcide Cervi.
Protagonisti sono, Gianni Micheli, Massimiliano Dragoni, Luca Baldini per il testo e la regia di Andrea Merendelli. Lo spettacolo sarà protagonista di una piccola tournée per i teatri della Provincia, e toccherà il Teatro Comunale di Bucine sabato 8 febbraio ore 21.15, il Teatro di Anghiari domenica 9 febbraio ore 18, e replicherà per le scuole lunedì 10 febbraio a Sansepolcro ore 10.30 e mercoledì 12 febbraio ore 9.15 al Teatro Pietro Aretino all’interno della rassegna Mappamondi. A settant'anni dopo la fucilazione dei Fratelli Cervi e al settantesimo anno della Liberazione della Toscana dal nazifascismo.
C'è un'epica che dovrebbe appartenere a tutti i nati nell'Italia democratica. E invece quest'epica viene spesso profanata, derisa e, quando va bene, ignorata. Eppure le gesta di ogni eroe in lotta per la libertà, fanno il giro del mondo e spingono altri popoli ad imitarlo. La trasmissione orale o figurativa della vita di un eroe, sia essa forma d'arte o semplice passaggio di testimone, è l'argine contro l'ignoranza che muta d'abito e di linguaggio, che non può vincere contro la verità, ma che può farla soffrire.
“7 (Erano i fratelli Cervi)” nasce dalle memorie del capofamiglia Alcide, struggente cronistoria di un massacro fascista. Sette figli pieni di vita, di ideali, di voglia di libertà. Sette figli ancora vivi, settant'anni dopo la loro morte. “7” vuole integrare, ad ogni sua rappresentazione, la storia di uno dei tanti figli 'ideali' della grande famiglia antifascista e libertaria d'Italia. In ogni replica, l'ottavo figlio sarà quello che ha dato la sua vita nelle terre dove "7" farà la sua sosta, per creare così un'ideale solidarietà narrativa, una rete di affetti per noi e per tutti quelli che tengono viva la memoria.
Perché in ogni luogo d'Italia dove si è accanita la violenza nazifascista, c'è stato un figlio di casa Cervi. Giovedì sera al teatro Aurora di Scandicci andava in scena “Magazzino 18” di Cristicchi, incentrato sul tema dell'esodo istriano e delle foibe. Come noto, Firenze Antifascista e Rete Noi hanno contestare lo spettacolo. Cristicchi ha affermato “nessuno dei manifestanti ha ritenuto fosse importante assistere in prima persona a ciò che erano venuti a contestare per scoprire se stavano dicendo o no la verità”.
"Noi lo spettacolo di Cristicchi lo conosciamo benissimo -ribattono da Firenze Antifascista- Uno spettacolo che propaga l'idea dell'Istria come terra italiana legittimando la politica fascista dell'assimilazione forzata; che alimenta il mito degli "italiani brava gente" cancellando i crimini dell'occupazione italiana dei Balcani; che mistifica la realtà dello stato socialista jugoslavo, dove erano rispettati i diritti di tutte le nazionalità, inclusa quella italiana che è rimasta a vivere in Istria e Dalmazia".