di Montecristo Fa quasi sorridere -a parte i diretti interessati- il modo in cui è stata raccontata l'assemblea degli azionisti MPS di ieri dalla stampa nazionale. I maggiori giornali italiani hanno parlano di diktat della Fondazione (principale azionista della banca con il 33,5%) ai danni del progetto di risanamento proposto dal Consiglio di amministrazione. Antonella Mansi, chiamata da non molto tempo al vertice della Fondazione, nell'appassionato intervento in assemblea ha motivato la difesa dei propri asset dal rischio di svendita e ha ottenuto il consenso quasi plebiscitario degli azionisti alla proposta di rinvio della ricapitalizzazione.
Forse i tristi trascorsi delle Casse di Risparmio toscane hanno insegnato qualcosa? Perché allora i giornali scrivono dell'interesse della banca sacrificato e danneggiato dai suoi stessi azionisti? Nonostante la crisi finanziaria il gruppo bancario senese continua a gestire una rete di oltre 2.300 sportelli in tutta Italia. Quanto vale anche solo la capillarità di questa struttura commerciale? Se gli azionisti della banca foste voi, accettereste di ricapitalizzarla perdendone contemporaneamente il controllo per sempre, mentre il titolo è arrivato a quotare in borsa la cifra irrisoria di € 0,152 per azione? E' davvero questo il valore dell'istituto di Rocca Salimbeni, la prima banca della storia europea? Il destino declinante della banca senese era nelle cose dal 2007, con l'acquisto salatissimo di Banca Antonveneta.
Era già scritto perché la finanza è fatta di numeri e la sorte debitoria di MPS era facilmente intuibile. Ma quanti dei soloni di oggi tuonarono allora contro la “scelta” di Giuseppe Mussari & C. -eccezion fatta per "il Sole 24 Ore"-? Invece i giornali nazionali oggi si sono esercitati nel tratteggiare la Fondazione, quella rivoluzionata dopo le inchieste giudiziarie, quella guidata da una giovane imprenditrice toscana, come espressione di rivalità provinciali, come se fosse ancora il terminale locale del vecchio PD, protagonista, quella sì di tante operazioni sbagliate, sempre politicamente targate.
Senza domandarsi, se la banca fosse davvero così dissestata, chi diavolo sarebbe disposto a metterci i soldi adesso e perché mai non dovrebbe metterceli più tra 5 mesi? Questi acquirenti-salvatori non saranno mica altre fondazioni bancarie, magari del nord Italia? E in cosa si differenziano dalla tanto bistrattata fondazione senese? Una cosa la possiamo scrivere sul conto di Alessandro Profumo, da oggi e inopinatamente partigiano dell'urgenza di restituire il debito di MPS contratto con il Ministero del Tesoro: prima di venire a Siena era l'AD di Unicredit e precedentemente lavorava per McKinsey. Un'ultima considerazione.
Si sarà pure trattato del colpo di coda del provincialismo finanziario italiano, ma è una delle poche volte che la strategia gestionale di un grande gruppo viene condivisa a maggioranza e in maniera trasparente. A noi pare solo un segnale di cambiamento.