Firenze– “Grazie a Wikileaks, dopo le immagini dell’Afghanistan, per esempio, è cresciuta un’opinione pubblica che con sempre più forza potrà dire "mai più" ”. Così Kristinn Hrafnsson, portavoce di Wikileaks all’innaugurazione del 54/o Festival dei Popoli con la prima italiana di We steal Secrets: The Story of Wikileaks di Alex Gibney. “Noi di Wikileaks – ha spiegato il portavoce - non abbiamo collaborato al film di Gibney e questo mi pare evidente. Il film è composto da diversi interviste con persone con cui abbiamo avuto dei problemi e con cui non eravamo d’accordo, in particolare il giornalista del The Guardian.
Né Julian Assange né Wikileaks hanno mai voluto collaborare alla realizzazione né alla condivisione di quello che è ritenuto un film importante. Nel film di Gibney ci sono diversi errori nei fatti e posso dirlo per due ragioni: primo, perché sono all’interno dell’organizzazione e conosco come sono andate le cose. E secondo perché per vent’anni ho fatto il giornalista e quindi so come si possono manipolare i fatti con un montaggio creativo”. “Alcune cose che trovo aberranti nel film – ha detto il regista davanti ad una sala colma - innanzitutto pone Brand Manning in una luce molto negativa, perché si sofferma solo sul disagio psicologico senza prestare attenzione alle motivazioni politiche del suo gesto”. “Poi, per quel che riguarda il “caso Svezia” non viene mai spiegato con chiarezza come sia stato trattato in modo falso.
Infine un’altra falsità: Julian Assange non ha mai chiesto un milione di dollari per l’intervista”. “Alla fine del film si dice che Wikileaks è finito ed è stato distrutto da Julian Assange. Ma anche questo non è vero. Da quando questo film è terminato sono stati resi noti molti documenti (sulla Siria, per non parlare dell’assistenza che Wikileaks ha dato a Snowden e molti altri ancora). Wikileaks è vivo e Julian Assange è vivo quindi questo film è falso”! “Come abbiamo visto nel film in USA è stato creato un Gran Giurì per portare all’accusa definitiva Wikileaks e Julian Assange.
Questa indagine è ancora in corso e la possiamo considerare una persecuzione in atto rivolta a Julian Assange e a tutti. Non è paranoia ma la consapevolezza che qualcosa di enorme sta andando avanti”. “Oggi – ha detto infine il numero due di Assange - siamo una piccola organizzazione che per tre anni è stata strangolata a causa della chiusura dei finanziamenti. Ma dopo il blocco delle carte di credito abbiamo fatto causa e l’abbiamo vinta. Ora possiamo nuovamente ricevere donazioni.
Vi invito a provare”. Sull’eventualità di un film prodotto proprio su Wikileaks ha detto “noi non abbiamo due o tre milioni di dollari e la Universal per fare un film. Stiamo comunque esplorando diverse possibilità. Abbiamo co-prodotto “MEDIASTAN” sulla rivelazione di cablotaggio in Unione Sovietica e abbiamo un altro progetto sul caso Snowden. Siamo più disponibili a collaborare con persone di cuore che con persone con un grande portafoglio”.