I numeri parlano chiaro, i ragazzi toscani abbandonano la scuola piú dei loro colleghi di altre regioni. E questo é un neo decisamente più preoccupante di tante macchie lamentate in campo culturale, gravi in una terra di storica civiltá oggi forse troppo riposata sulle glorie del passato, ma tutto sommato superabili con cure d'urto studiate e mirate, anche dell'ultima ora. Si abbandona la scuola perchè la scuola oggi sta abbandonando sempre di piú tanti ragazzi che pure sono accolti e vanno a rafforzare i numeri delle classi, che le rendono democraticamente esemplari ma che di fatto rimangono progressivamente esterni ai percorsi educativi, fino a autoescludersi. La scuola ha sempre minori supporti educativi, non riesce a fronteggiare l'inserimento vero degli alunni stranieri, non ce la fa a sostenere i ragazzi che alle loro spalle hanno famiglie fragili, situazioni economiche disperate, solitudini totali magari dissimulate dietro facciate iperprotettive.
E scarseggiano gli insegnanti di sostegno che la legge, non lo dimentichiamo, pone a supporto dell'intero gruppo classe, manca il finanziamento alle azioni di recupero, manca la formazione dei docenti che oltretutto nella loro cronica precarietá non possono garantire nessuna continuità formativa. Altro fattore di abbandono, la confusione tra tipologie di corsi di studio, moltiplicati selvaggiamente nel tempo, in una colpevole mancanza di idee chiare che autorizza continue ipotesi alternative poste come toccasana, in realtá spesso difettose di organicità. Scuola troppo umanistica, poco operativa: puó essere una lettura interessante, che rischia comunque di stimolare risposte molto unilaterali e di facciata.
Da qualche tempo si procede ad una condanna sommaria di tutto quanto sia legato alle lettere, ormai colpevoli primarie della disaffezione dei giovani alla scuola. La questione é certamente piú complessa e riguarda l'orientamento dei ragazzi e la formazione dei docenti. Si puó anzi si deve lavorare sulla lingua italiana in un istituto professionale, ma lo puó fare un professionista dell'istruzione, che non significa solo un cultore della lingua, ma anche un esperto di percorsi formativi differenziati.
Investiamo sulla formazione, anziché demonizzare certi corsi di studio, quelli classici, oggi colpevoli di avere monopolizzato in passato l'orizzonte scolastico e per questo a rischio di estinzione, con grave danno per tanti giovani. Più spazio alle attività complementari nella scuola, quelle che consentono di rafforzare il senso di appartenenza e la solidarietá; piú strumenti per gli insegnanti per valorizzare lo specifico dei corsi di studio prescelti, tutti buoni se a misura di interessi e inclinazioni diversi. Facciamo teatro a scuola, facciamo musica, diamo valore al gruppo, supportiamolo con insegnanti dalla professionalitá riconosciuta.
Perché la scuola toscana non sia abbandonata. Lucia Matergi Consigliera Regionale PD in Toscana