Nel 1993 Cosa Nostra mise a ferro e fuoco l’Italia. Fra maggio e luglio cinque autobombe esplosero a Roma, Firenze e Milano. Le vittime furono dieci, tra cui due bambine e uno studente di 22 anni. I feriti decine. Nei mesi successivi cercò di fare saltare in aria cento carabinieri allo stadio Olimpico di Roma e uno dei pentiti storici della mafia siciliana, Salvatore Contorno. Ma non ci riuscì. Le esplosioni devastarono la Galleria degli Uffizi a Firenze (27 maggio 1993), la basilica di San Giovanni in Laterano e la chiesa di San Giorgio al Velabro a Roma, il padiglione di arte contemporanea a Milano (27-28 luglio 1993).
Uno degli obiettivi che Cosa Nostra si proponeva era quello di costringere lo Stato a far marcia indietro sul cosiddetto ‘carcere duro’ per i boss mafiosi (previsto dall’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario e che impediva ai detenuti per mafia di mantenere i collegamenti con l’ambiente di provenienza) e sulla legge sui pentiti. Allora lo Stato non si arrese al ricatto. E pochi anni dopo, esattamente il 6 maggio 2002 oggi, furono condannati definitivamente quali mandanti ed esecutori di quella stagione di terrore boss e gregari di Cosa Nostra.
Tra questi Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella, i fratelli Graviano e Matteo Messina Denaro. Oggi il Comune di Firenze ha commemorato con due iniziative l’attentato del 27 maggio 1993 quando un ordigno composto da 250 chili di esplosivo devastò via dei Georgofili, uccidendo due bambine, Nadia e Caterina Nencioni, i loro genitori Angela Fiume e Fabrizio Nencioni, lo studente Dario Capolicchio, e ridusse in macerie il cuore di Firenze. La prima è la mostra fotografica dell’Agenzia Ansa ‘La notte dei Georgofili’ che documenta l’intera storia di quell’evento e di questi venti anni, attraverso le foto e il lavoro giornalistico svolto dall’ANSA.
La mostra (25 pannelli di 1,5 metri x 1 con oltre 50 foto di grandi dimensioni), allestita nel Cortile di Michelozzo di Palazzo Vecchio, offre i momenti più significativi seguiti all’attentato, dal dolore della città alle indagini, dalla ricostruzione della Torre del Pulci ai processi, dal recupero del patrimonio artistico danneggiato a come quell’episodio drammatico abbia rappresentato anche l’inizio di un percorso di educazione alla legalità. Non a caso la mostra è rivolta in particolare ai giovani e alle scuole, rappresentando per il periodo di apertura un punto di riferimento dei ragazzi mentre in seguito potrà essere itinerante negli stessi istituti.
Ad inaugurarla, questa mattina, il sindaco Matteo Renzi, il presidente del Senato Pietro Grasso, il direttore dell’ANSA Luigi Contu, l'assessora all'educazione e alla legalità Cristina Giachi, i sottosegretari Gabriele Toccafondi e Erasmo D’Angelis, il presidente della Regione Enrico Rossi, il procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi e la presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage Giovanna Maggiani Chelli. Dopo l’esposizione in Palazzo Vecchio la mostra rimarrà al Comune che, a sua volta, la proporrà alle scuole cittadine inserendola in una progetto sulla legalità all’interno de ‘Le Chiavi della Città’, il programma di iniziative e progetti formativi che l’assessorato all’educazione offre ai ragazzi delle scuole dell’infanzia, delle primarie e delle secondarie di primo grado. «C’é una partita da giocare – ha sottolineato il sindaco Renzi– sette studenti su dieci non conoscono la strage dei Georgofili.
Bisogna partire dai giovani. Bisogna far capire loro che il sacrificio di Firenze, scritto con il sangue, ci ha poi consegnato una città che reagisce e che è in prima fila nella lotta alla mafia». La mostra è stata realizzata con il contributo di Comune di Firenze, Banca CR Firenze, Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Camera di Commercio, Publiacqua, A. Menarini industrie farmaceutiche riunite, Unicoop Firenze. La seconda iniziativa subito dopo nel Salone dei Cinquecento, per la presentazione della scultura in bronzo e oro dedicata alla memoria delle vittime e offerta dai Friends of Florence.
L’opera, dal titolo ‘I Passi d’oro’, è stata realizzata dallo scultore Roberto Barni. Alla cerimonia hanno preso parte il sindaco Renzi, il presidente del Senato Grasso, Cristina Acidini, soprintendente per il patrimonio storico, artistico e etnoantropologico e per il polo museale di Firenze, il presidente del consiglio comunale Eugenio Giani, Antonio Natali, direttore della Galleria degli Uffizi, Simonetta Brandolini d’Adda, presidente Friends of Florence, Giovanna Maggiani Chelli e Roberto Barni.
Insieme al presidente del Senato Pietro Grasso, al presidente della Regione Enrico Rossi e alle altre autorità Renzi si è infine spostato in via dei Georgofili, dove alle 1.04 di venti anni fa esplose la bomba mafiosa. Al terzo piano di un palazzo che si affaccia in quella strada è stata scoperta la statua di Barni. “Dopo 20 anni la ferita è ancora aperta e, come ci hanno detto i magistrati nei giorni scorsi, queste indagini per scoprire quale fosse la strategia dell’attentato, le sue finalità, i suoi mandanti, i suoi responsabili non si chiudono mai.
La nostra memoria deve rimanere sempre attiva e vigile perché ciò che è avvenuto non debba succedere di nuovo”. Lo ha detto il presidente della Regione Enrico Rossi, prendendo la parola a Palazzo Sacrati Strozzi nel corso della cerimonia di consegna delle targhe a quanti si sono prodigati nei soccorsi, nelle indagini e nell’informazione nei momenti immediatamente successivi all’attentato di via dei Georgofili, il 27 maggio 1993. All’iniziativa, voluta in occasione del ventennale della strage dall’Associazione tra i familiari delle vittime, erano presenti il presidente del Senato Pietro Grasso e la presidente dell’Associazione Giovanna Maggiani Chelli.
Parlando del riconoscimento a quanti si prodigarono immediatamente dopo lo scoppio della bomba il presidente Rossi ha affermato la necessità di alimentare la memoria di quel tragico atto criminale, per evitare il rischio che “il tumore dell’illegalità penetri nella società perché non siamo riusciti a prevenirlo e a curarlo in tempo”. “Nei 26 soggetti premiati – ha proseguito – riconosciamo un pezzo pulito, coraggioso e forte d’Italia e di Firenze che, mettendosi immediatamente all’opera per compiere il proprio dovere al servizio della città, ha contrapposto al messaggio di estrema violenza che gli autori dell’attentato davano al Paese, un messaggio di segno opposto, di solidarietà, di speranza, di legalità, di giustizia, di trasparenza.
Sono convinto del fatto che se il nostro Paese ha saputo ogni volta resistere alle derive della disperazione e della paura, che potevano annichilire la nostra democrazia ogni volta che le strategie del terrore, mafiose o eversive, hanno ferito il nostro tessuto sociale, questo è stato soprattutto per queste persone che immediatamente hanno gettato la loro vita e il loro impegno quotidiano per rimettere in piedi il Paese”. Il presidente ha quindi sottolineato due concetti, quello della solidarietà e quello del lavoro, “come senso del dovere e della relazione con gli altri” e ha ricordato tutti coloro, vigili del fuoco, vigili urbani, volontari addetti della sanità, uomini dello Stato, magistrati che si sono impegnati per “consentire al Paese di alzarsi, attivando quella rete di solidarietà sociale e di cooperazione istituzionale che costituiscono la spina dorsale della nostra democrazia”.
“Il mio pensiero e la mia gratitudine – ha detto ancora – vanno oggi, a 20 anni dalla strage, a questi coraggiosi e fra tutti vorrei ricordarne due, che purtroppo non sono più fra noi: Gabriele Chelazzi, il grande magistrato che – venendo da una esperienza profonda nelle indagini sul terrorismo – si buttò anima e corpo nelle indagini sulla strage di via dei Georgofili; e Pierluigi Vigna, capo della Procura di Firenze e poi Procuratore antimafia che con intelligenza, passione, spirito di sacrificio e competenza di cui era capace ha condotto una strenua lotta all’organizzazione mafiosa”. Domani lunedì 27 maggio alle ore 17,30, presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze in Piazza dei Cavalleggeri 1, anche il Centro Studi Percorsi & Futuro celebra il ricordo delle vittime della strage di via de' Georgofili, ed invita ad un incontro di riflessione sul tema della “parola” attraverso la presentazione del libro "Le parole per stare insieme".
Interverranno: Alessandro Agostini, presidente del Centro Studi Percorsi & Futuro, Mariangela Giusti, docente all'Università di Milano Bicocca, M. Rosaria Bortolone, Coordinamento antimafia di Firenze. L'incontro è dedicato in particolare alla memoria delle due sorelline Nadia e Caterina Nencioni, le più piccole tra le vittime della strage ed è per questo che è stato deciso di presentare un libro per l'infanzia, destinato ai bambini e a coloro che, genitori, nonni, docenti, educatori, li accompagnano nella crescita.
In modo semplice, attraverso la poesia e il gioco, il libro permette di intervenire su concetti complessi, di abituarsi a fare domande, di scoprire la forza e il valore delle parole che fondano la convivenza, che creano legami, che rendono possibile la pace. In forma di filastrocche i bambini sono invitati ad osservare episodi della vita quotidiana su cui fermarsi a pensare, a riflettere, a fare delle scelte. Ogni scheda può essere usata come avvio di un percorso di crescita, di conoscenza, di maturazione personale, di sviluppo della socialità: l'avvio di un percorso possibile per educare al futuro.
“Siamo sempre più consapevoli - dicono i rappresentanti del Centro Studi - del valore della scuola e della cultura anche nella lotta alla mafia che non si risolve solo con gli apparati giudiziari, ma valorizzando i processi di formazione del cittadino. In un momento in cui, come dice Roberto Saviano, la parola è sempre più svilita, svuotata, sfruttata, piegata alla menzogna e agli interessi di parte ed in cui sembra non esserci speranza di futuro per i nostri ragazzi, scegliamo di aiutare i bambini a riflettere sulle parole e a cercarne gli autentici significati”.
“In modo semplice, sommesso, familiare - aggiungono - vogliamo far memoria del 27 maggio di venti anni fa, della notte in cui Firenze, culla della lingua italiana e dell'arte universale, fu ferita al cuore nella vita dei suoi abitanti e nel suo patrimonio storico-artistico”.