Un fantasma si aggira per l’Europa, anzi per l’Italia perché quando si superano le Alpi gli scenari mutano, è il fantasma dell’autodeterminazione. Queste le parole che Stefano Rodotà, famoso giurista e politico, ha utilizzato, parafrasando Karl Marx, nella prefazione del libro “Nascere e morire, quando decido io?”, curato dall’avvocato Gianni Baldini e della giornalista Monica Sodano, che è stato presentato da Daniela Lastri, consigliera segretaria dell’Ufficio di presidenza dell’Assemblea regionale, nella sala Gigli di Palazzo Panciatichi, sede del Consiglio toscano. Il saggio, sintesi di un progetto editoriale condiviso fra l’università di Firenze e l’associazione Madre Provetta, ha fra gli obiettivi, come ha spiegato la Lastri, quello di individuare le linee di un diritto comune europeo per la Bioetica.
Nei vari capitoli i due curatori, utilizzando anche contributi di altri esperti negli ambiti del biodiritto e dei diritti umani, affrontano le questioni più dibattute, dall’aborto farmacologico alla rianimazione artificiale per i nati prematuri, ripercorrendo la storia del dibattito politico-legislativo sulla legge 40, sul codice etico dei medici e sul principio dell’autodeterminazione inteso come diritto inalienabile. Con la consigliera Lastri, ed oltre agli autori, hanno partecipato all’iniziativa Mina Schett Welby, vedova del giornalista e politico Pergiorgio Welby che condusse una lunga battaglia per l’interruzione delle cure che lo tenevano in vita, la medico Claudia Livi del centro Demetra, la sociologa Mariella Orsi e altri due noti medici, Antonio Panti ed Alfredo Zuppiroli, rispettivamente presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Firenze e presidente uscente della commissione regionale di Bioetica.
Presenti in sala, fra il pubblico, i consiglieri regionali Marco Spinelli e Vincenzo Ceccarelli. Dal confronto è uscito un coro contro l’espropriazione del diritto a governare liberamente la propria vita, contro la cancellazione del diritto all’autodeterminazione, nella convinzione che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge ed accertata l’infermità mentale, perché la legge, è stato detto, non può violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana e il potere legislativo, nel rispetto della Costituzione, non può impadronirsi della vita delle persone, negando loro la dignità e la libera scelta. Anche grazie ai contributi dei due autori, Baldini e la Sodano, si è evidenziato che altrove, in Europa, la situazione complessiva è migliore che in Italia per quanto riguarda il diritto all’autodeterminazione.
La vedova Welby ha affermato di essere d’accordo con l’introduzione, nel sistema legislativo italiano, di una legge sull’eutanasia. Sempre improntati al diritto di scegliere come vivere e come curarsi o non curarsi sono stati gli interventi della Livi e della Orsi. Panti e Zuppiroli, invece, hanno evidenziato un aspetto che riguarda la loro professione: il medico che accetta di lavorare nel servizio sanitario nazionale, hanno detto, non dovrebbe potersi dichiarare obiettore di coscienza, dovendo il servizio assicurare la libertà costituzionale concernente la scelta del cittadino di essere o meno sottoposto a trattamenti sanitari.
Ma la Costituzione italiana, hanno chiosato, non è rispettata neppure in questo senso.