Giornali che chiudono, giornali con finanziamenti occulti, giornali usati per far transitare finanziamenti. Nove da Firenze riedita la lunga inchiesta pubblicata il 27 gennaio 2012 dal blog mentelocaledellapiana sul gruppo editoriale afferente a Denis Verdini. Assetti societari e legami "politici" Partiamo dall'assetto societario di Metropoli, edito e posseduto dalla Settemari scarl, di cui Nucci è il presidente del consiglio di amministrazione.
Tra i consiglieri della Settemari compaiono anche Riccardo Corsi e Paolo Tommasi, mentre l'elenco dei soci al 2010 comprende Fabrizio Nucci, Debora Pellegrinotti, Marco Nucci, Riccardo Corsi, Caterina Corsi, Paola Baroni, Adele Tasselli, Elena Crescioli, Jacopo Nesti, Matteo Pucci. Nucci e Corsi compaiono anche, con le medesime cariche della Settemari, in un'altra società costituita nel 1996, la Nuova Toscana Editrice srl che tra i consiglieri annovera anche Massimo Parisi, deputato, coordinatore regionale del PDL e braccio destro di Denis Verdini e che ha un capitale sociale di 62.000 euro equamente suddiviso al 20% tra 5 soci (Denis Verdini, Massimo Parisi, Fabrizio Nucci, Riccardo Corsi e il gruppo Margheri S.p.A.). Nella società ricopre la carica di consigliere Marco Margheri, che è anche consigliere delegato delle Costruzioni Margheri.
Il gruppo Margheri è una realtà imprenditoriale importante, che però ha una storia travagliata; fu coinvolto nello scandalo del RUC a Campi, che portò il 5 giugno 2006 i carabinieri a perquisire il Comune di Campi Bisenzio, vicenda dalla quale il gruppo uscì infine assolto; e successivamente, nell'ottobre 2009, nello scandalo Quadra, che portò in prigione tra gli altri l'excapogruppo del PD a Palazzo Vecchio Alberto Formigli e che riguardava parecchie pratiche edilizie intestate al gruppo.
Quindi alcuni soci di Nucci (e di Metropoli) avevano e hanno non solo forti interessi in campo economico, ma anche buone entrature nella politica nazionale e della Piana. Vi è poi un'altra società, nel cui organigramma Nucci non figura ma che, come vedremo, ha avuto rapporti non banali con la Settemari: la Nuova Editoriale scarl, che a sua volta possiede il 51% di una seconda società (assieme a Denis Verdini, che ne possiede un altro 20,27%, e alla società Edicity che ne possiede una quota dell'11,62%, e dalla Edi.B.
SpA, che ne possiede un altro 15%): la Società Toscana di Edizioni, la quale edita dal 1998 il Giornale della Toscana, supplemento regionale de Il Giornale. La Nuova Editoriale scarl ha tra i suoi soci Diletta Chiara Verdini, nonché Enrico Luca Biagiotti, a sua volta ex membro del consiglio di amministrazione del Credito Cooperativo Fiorentino a cui apparteneva anche Nucci e figura importante nell'organigramma di Lady Radio e di una seconda radio locale, RDF, oltre che consigliere della Società Toscana di Edizioni.
Insomma, un piccolo (forse non tanto piccolo, gruppo mediatico). Sia il Giornale della Toscana che Metropoli, tramite Metropoli Day, attraggono parecchi finanziamenti pubblici di quelli destinati al pluralismo della stampa: a Metropoli sono toccati, all'incirca, 2 milioni e 200.000 euro l'anno, mentre il Giornale della Toscana, in totale, in quanto giornale edito da una cooperativa di giornalisti, ha raccolto in totale 17 milioni di euro di finanziamenti pubblici nei vari anni. Resta il fatto che, se la Nuova Toscana Editrice è decisamente inserita nell'orbita del centro destra, tramite Metropoli i legami con il mondo politico del centrosinistra sono più stretti. Anzi sono così stretti che non di rado la Settemari collabora (a titolo oneroso) con il Comune di Campi Bisenzio; ad esempio in quanto coorganizzatrice della kermesse "La Meglio Genia" che dal 2009 si ripete per questi lidi. Né questi sono gli unici legami stretti con l'Amministrazione campigiana, sempre generosa nell'acquistare i prodotti editoriali della Nuova Toscana Editrice e della Settemari.
Soltanto negli ultimi mesi, il Comune ha acquistato dapprima 300 copie del DVD... e nel mezzo scorre il Bisenzio edito dalla Settemari (determina 33/2010 del settore Staff del Sindaco, spesa 1.800 euro); poi 2.000 copie del libro Campi s'è desta, edito dalla Nuova Toscana Editrice (determina 4/2011 del Settore Staff del Sindaco, spesa 22.000 euro; chissà che non sia stato proprio questo volume a far insorgere nel Sindaco le scalmane garibaldine e la voglia di istituire un Museo Civico nei locali di un'associazione privata); poi altre 350 copie del libro Campi Bisenzio - profilo di un territorio fiorentino, edito anch'esso da Nuova Toscana Editrice (determina n.
66/2011 del Settore Gestione del Territorio, altri 5.000 euro). Insomma in dieci mesi fanno 28.800 euro, niente male per un bilancio disastrato come quello campigiano. Segui i soldi I legami di cui abbiamo parlato non sono però semplici legami societari. La relazione degli ispettori della Banca d'Italia, che nel 2010 portò al commissariamento del Credito Cooperativo Fiorentino, la banca di cui Denis Verdini era presidente e Fabrizio Nucci membro del consiglio di amministrazione, rivela che Verdini tendeva a usare la Società Toscana di Edizioni come un bancomat; ad esempio, nel 2004 facendosi anticipare l'intero prezzo di vendita d'interessenza nella Nuova Toscana Editrice (€ 1,3 milioni) sulla base di un preliminare mai perfezionato. E nel 2005 la Società Toscana di Edizioni ha versato in diverse tranches a Denis Verdini e a Massimo Parisi altri 2,6 milioni di euro. Né si tratta dell'unico passaggio di denaro; anzi i flussi tra le due società e la "banchina" sono frequenti e costanti.
Nel 2010, l'esposizione della Società Toscana di Edizioni verso il Credito Cooperativo ammonta a 7 milioni di euro, mentre a sua volta la Settemari, società editrice di Metropoli, ha un'esposizione di 5 milioni e 200.000 euro, in gran parte dovuta a uno scoperto di conto corrente di cui la banca non ha chiesto il rientro ritenendo tale scoperto un semplice anticipo sui futuri finanziamenti pubblici che Metropoli avrebbe ricevuto. Nulla di ciò sarebbe strano; poiché i finanziamenti pubblici all'editoria non sono mai versati nell'anno in corso e molte testate sono solite farsi anticipare dagli istituti di credito le somme dando in garanzia i futuri finanziamenti statali.
In realtà, però, se il finanziamento pubblico arrivava, lo scoperto di conto corrente di Metropoli non veniva mai ripianato, tanto che il "rosso" aveva toccato anche punte maggiori dei 5 milioni e duecentomila euro; e tuttavia veniva abbassato con iniziative invero curiose. Nel 2008, ad esempio la Settemari aveva incassato 850.000 euro dalla Ferestate srl, una società che aveva iniziato un preliminare per la compravendita dell'immobile di via Cittadella a Firenze dove Settemari (e la Società Toscana di Edizioni) hanno la propria sede.
In questo affare entra anche Edicity. Questa società vede come proprietari al 92% Nicoletta Fossombroni, moglie di Denis Verdini, e Massimo Parisi, che già conosciamo, e ha un contratto di leasing per 12 anni con diritto di riscatto con la Banca Agrileasing SpA per l'immobile di via Cittadella. Nel corso del 2008, la Edicity scinde il proprio contrato di leasing in due; cede il diritto di riscatto alla Società Toscana di Edizioni e alla Settemari, che si impegnano a esercitarlo e rientrare in possesso dell'edificio dalla Banca Agrileasing prima della scadenza dei 12 anni.
Una volta fatto ciò, le due società rivendono immediatamente le proprie parti dell'immobile di via Cittadella alla Ferestate srl. La Ferestate srl è una società costituita il 10 maggio 2008 con un unico socio: Roberto Ferranti, che altri non è che il responsabile finanziario del gruppo Cementerie Barbetti, il quale gruppo è a sua volta socio di maggioranza della Edi.B SpA che, giova ricordarlo, è proprietaria del 15% della Società Toscana di Edizioni. È appunto la Ferestate a stipulare un preliminare di accordo con la Società Toscana di Edizioni e la Settemari, che rivendono le proprie parti di immobile per 5,7 milioni di euro; l'anticipo prevede il versamento di 750.000 euro alla Società Toscana di Edizioni e 850.000 alla Settemari.
A tale scopo, il 15 maggio 2008, cioè 5 giorni dopo la costituzione della società, la Ferestate si rivolge al Credito Cooperativo Fiorentino chiedendo un fido di 1,6 milioni per liquidare gli anticipi promessi, fido la cui concessione originò a sua volta due versamenti: uno di 750.000 euro alla Società Toscana Editrice, e uno di 850.000 alla Settemari, che quindi lo riversò alla "banchina" per diminuire la propria esposizione. Sostanzialmente, la Settemari restituiva al Credito Cooperativo i suoi stessi soldi: Nucci, come presidente del CdA della Settemari, firmava il preliminare di vendita con la Ferestate, a cui poi concedeva un mutuo come membro del CdA del Credito Cooperativo.
Poi, come Settemari restituiva alla banchina i soldi di cui era venuto in possesso. Quanto al preliminare tra Ferestate, Settemari e Società Toscana di Edizioni, non divenne mai definitivo e nel 2010 la Ferestate annunciò la rinuncia alla chiusura dell'affare. Una seconda operazione di riduzione dei debiti della Settemari si ebbe nel 2010, quando tra maggio e settembre i soci della Settemari restituirono al Credito Cooperativo 570.000 euro. Tale restituzione fu almeno parzialmente finanziata da un mutuo di 300.000 euro concesso dalla banca il 3 maggio 2010 a Fabrizio Nucci, a sua moglie e al fratello.
A quanto ci consta, Nucci (che, si ricorderà, era membro del Consiglio di amministrazione della banca) non si astenne dalle votazioni su un fido che riguardava lui stesso e i suoi diretti familiari. Tutto questi passaggi di denaro, oltre a molti altri, sono sembrati sospetti agli ispettori della Banca d'Italia, che non a caso hanno chiesto il commissariamento della banca di Verdini e che hanno multato i membri del Consiglio di amministrazione per un totale di 675.000 euro (a Nucci ne sono toccati 60 mila) È la stampa, bellezza...
e il mondo degli affari Né le relazioni intrecciate da Metropoli con il mondo dell'edilizia sono meno intricate. Si è già ricordata la presenza del gruppo Margheri tra i soci della cooperativa Nuova Toscana Editrice srl e di Marco Margheri quale consigliere nell'organigramma societario. Margheri era a sua volta in rapporto d'affari con Riccardo Bartoloni, il presidente dell'Ordine degli architetti di Firenze incaricato dal Comune di Campi Bisenzio di apportare le dovute correzioni al RUC che era stato varato dalla giunta Alunni e che era naufragato prima a causa dell'inchiesta della magistratura e delle successive perquisizioni (di cui abbiamo già parlato), poi a causa della famosa rivolta di un gruppo d'imprenditori, i quali il 19 maggio 2007 occuparono il consiglio comunale in dissenso contro la volontà manifestata dall'amministrazione Alunni di voler rivedere il RUC dopo il terremoto giudiziario.
Da notare che in quell'occasione consiglieri comunali e assessori, che sentendosi offesi non avevano alcuno scrupolo nel denunciare cittadini che protestavano contro il voltafaccia dell'Amministrazione sull'inceneritore di Case Passerini durante il famoso consiglio comunale "delle monetine", non fecero una piega verso un comportamento che invece era passibile di un reato ben maggiore: interruzione del Consiglio comunale... tanto più che in quel gruppo c'erano non pochi imprenditori che avevano ricevuto dal Credito Cooperativo Fiorentino cospicui finanziamenti, i quali finanziamenti, a causa del mancato decollo del RUC, si trasformarono in altrettante sofferenze per la banca, come gli ispettori della Banca d'Italia non hanno mancato di rilevare. Quale fu il ruolo di Metropoli in tutta questa vicenda? Fedele alla sua linea di palestra in cui si discute, più che scaturigine di inchieste, Metropoli ha pubblicato molte interviste e molti punti di vista, di solito più vicini alle forze con cui era intrecciato. Un esempio: l'intervista a Adriano Chini del 6 ottobre 2006, in cui veniva attaccato il RUC predisposto dalla giunta Alunni in quanto "prevedeva un numero di abitanti superiore ai 70.000".
e veniva definito "insostenibile e squilibrato". Non era vero, e quando la magistratura lo appurò (di lì le assoluzioni di cui abbiamo già detto) Metropoli titolò che lo scandalo Campi "non era mai esistito", salvo glissare sul fatto che Chini, con l'appoggio del giornale, aveva fortemente cavalcato lo scandalo per subentrare alla gestione Alunni e ora, per rimettere le cose a posto rispetto a "un'autocritica" e un "riconoscimento degli errori" (compiuti ovviamente non da lui ma dalla giunta Alunni - dunque più che un'autocritica era un'eterocritica) si preparava a collaborare con Bartoloni, chiamato a risistemare il RUC, ma a sua volta in affari con il gruppo Margheri, a sua volta socio di Nucci tramite Nuova Toscana Editrice.
Soci di soci di soci, insomma. Poi intervenne la magistratura, e il resto è storia. Anzi no, si trattò, come titolò Nucci il 30 ottobre 2009, della "maledizione dell'urbanistica a Campi". In realtà non c'era nessuna maledizione: solo il fatto che alcuni di quegli intrecci che a Campi si riproponevano, nelle passate incarnazioni alla magistratura erano parsi sospetti. Di lì, la fine della fiera; la successiva crisi economica, che investiva particolarmente il settore dell'edilizia, s'incaricava di fare tabula rasa di tutto il resto. Eppure al di là dei servizi su Metropoli, i legami di Nucci con il PD restavano forti.
Ecco un breve esempio delle attività svolte nella sua veste di direttore di Metropoli da Nucci quale cerimoniere delle iniziative di partito o istituzionali (per modo di dire, visto che coinvolgono sempre esponenti del PD): 29 agosto: festa democratica del PD: intervista a Carlo Rognoni e Fabrizio Morri del PD sulle proposte di riforma del PD sul sistema televisivo; 13 ottobre Signa: modera l'incontro tra Paolo Bambagioni e Vannino Chiti (questi lo sapete chi sono) con gli imprenditori della Piana; 11 settembre Montespertoli: modera un dibattito tra Alberto Fluvi del PD e...
Massimo Parisi e questo sì che è giocare in casa; 14 novembre: presentazione a Campi del libro I misteri della Piana (prima che ce lo domandiate: no, non è un testo che spiega come diavolo fanno a stare insieme un inceneritore, un aeroporto e un parco), interviene l'assessore di Campi Emiliano Fossi del PD... Guardate che abbiamo scelto solo la roba più recente, altrimenti potevamo continuare per un bel pezzo... In conclusione di ciò; nessun giudizio traiamo sui fatti che vi abbiamo raccontato, che restano semplici fatti, tra l'altro al vaglio delle autorità bancarie e della magistratura.
Resta l'assunto di Millgram: una catena fatta di un solo anello sembra davvero poco per una stampa che voglia dirsi libera, soprattutto quando per esserlo è costata alle casse dei contribuenti 4 miliardi all'anno delle vecchie lire. Sui finanziamenti pubblici all'editoria ha scritto Salvatore Cannavò sull'ultimo numero di Micromega, 7/2011 (p. 225): "Lo Stato spende circa 150 milioni di euro l'anno e spesso li spende per giornali come Metropoli Day che riceve oltre due milioni di euro in quanto ‘organo di partito trasformatosi in cooperativa' e che è un giornale tutto dedicato alla Fiorentina...
È chiaro che di fronte a questa situazione è più che legittimo chiedere la soppressione integrale di ogni finanziamento". Lasciamo ai lettori ogni giudizio.